Invisibile agli occhiLe due notizie cruciali su Scuola e Pnrr ignorate dai media italiani

La riforma della selezione dei docenti delle scuole primarie e secondarie e il grido d’allarme sulle condizioni di funzionamento della nostra democrazia sono passati sotto silenzio. Tutto è avvenuto in pubblico, nelle commissioni e nell’aula del Senato. Ma quasi nessuno se n’è accorto

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Era tanto che non si vedevano i cronisti e le telecamere in Senato. Lunedì scorso erano assai. Non al mattino, quando, nel corso della travagliata conversione del decreto Pnrr 2, si discuteva di Scuola, ma al pomeriggio, quando si discuteva di Ucraina. L’attenzione era massima. Nessuno si aspettava che sulla guerra Mario Draghi dicesse nulla di diverso da quello che aveva sempre detto e nessuno si aspettava che i grillini di Conte avrebbero mancato di votare la risoluzione parlamentare favorevole alla linea del presidente del Consiglio. Eppure l’attenzione era massima. Così focalizzata da non cogliere una notizia concomitante. Anzi due.

La prima notizia era la riforma della selezione, della formazione e dell’incentivazione dei docenti delle scuole primarie e secondarie (oltre ad alcune importanti novità a vantaggio dei ricercatori universitari).  Una riforma di sistema. Riforma da cui dipende la formazione delle classi dirigenti di domani e la definizione del presente di centinaia di migliaia di docenti e aspiranti tali. Il tutto in una Scuola che diciamo essere al centro dei nostri pensieri perché, ça va sans dire, viatico dei giovani e della nazione. 

Bene, la discussione in Senato e poi la conversione con significative modifiche della riforma del reclutamento scolastico erano una notizia. Ma è stata ignorata da quasi tutti i media nazionali.

Meno concreti, ma non meno notizia, sono stati il vigoroso confronto tra Senato e Governo durante la fase emendativa del Pnrr e la corale denuncia dello strapotere delle burocrazie tecnico-contabili ministeriali al momento del voto di fiducia mercoledì notte. In Aula sono state pronunciate parole dure, durissime. 

Parole poi messe nero su bianco in una lettera inviata dai relatori, dai presidenti di prima e settima commissione e da tutti i capigruppo della maggioranza al presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, e da questi indirizzate con lettera al presidente del Consiglio. Un accorato ma fermo appello in difesa del Parlamento e della Politica. Non si ricordano precedenti. 

Tutto è avvenuto in pubblico, nelle commissioni e nell’aula del Senato. Ma quasi nessuno se n’è accorto. 

Forse è accaduto perché i cronisti non seguono più i lavori delle commissioni parlamentari e le sedute d’aula. Forse perché nelle redazioni sono venute meno le specializzazioni. Forse perché erano tutti, troppo concentrati sulla saga grillina. Fatto sta che il futuro della Scuola e il grido d’allarme sulle condizioni di funzionamento della nostra democrazia sono passati sotto silenzio. 

Da giornalista, credo ci sia materia su cui la categoria dovrebbe riflettere. 

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