La figlia unicaAlcune pagine dell’ultimo romanzo di Yehoshua, ambientato in Italia

Rachele è una bambina ebrea che si sta preparando per il Bat Mitzvah e al tempo stesso dovrebbe interpretare il ruolo di Maria nella recita di Natale, ma il padre non vuole. Nelle atmosfere invernali della provincia del nord raccontate nel libro (Einaudi) sorgono interrogativi universali

di Eberhard Grossgasteiger, da Unsplash

Mentre cammina lungo la cinta muraria romana, con il fiume alla sua destra, Rachele ripensa a un muro simile, più basso, poco lontano dalla casa dell’altro suo nonno, Ernesto, sul quale talvolta vengono appesi dei manifesti. Migliaia di anni fa – le aveva raccontato una volta il nonno – l’intera città era circondata da mura costruite dai romani per difendersi.
– I romani? – si era stupita lei. – Quelli che hanno distrutto il Tempio di Gerusalemme?
– Sí, – aveva risposto il nonno. – A Gerusalemme hanno distrutto, ma in Italia hanno costruito.
– E dove sono spariti?
– Non sono spariti –. Il nonno, un ex ferroviere e devoto cattolico, aveva sorriso. – Sono solo cambiati. Oggi in ogni italiano – e cosí dicendo si era posato una mano sul petto – c’è un pizzico di antico romano.
– Anche dentro di me? – si era spaventata Rachele. – Anche dentro di me c’è un pizzico di un antico romano che ha distrutto Gerusalemme?
– Sí, anche dentro di te. Te lo ha trasmesso tua madre quando ti ha messo al mondo. Ma non ti preoccupare, tesoro, il tuo romano è carino almeno quanto te, e non ha distrutto niente, ha solo costruito un muro per proteggerti.

Mentre ci passa accanto, Rachele nota che alle mura sono appese ghirlande di luci colorate, però ancora non vede le tre guglie che dovrebbero indicarle la strada. Adesso è pentita. Valeva la pena di rinunciare a un percorso gradevole e sicuro e vagare da sola lungo un antico muro solo per evitare l’incontro con un’anziana insegnante? Ma ecco che non è più sola. Dalla scuola del Sacro Cuore escono allegre studentesse in uniforme grigia, accompagnate da suore in abiti neri. Portano rami a cui sono appese campanelline colorate, e qua e là brillano elmi di latta, a rappresentare i romani che governavano Betlemme al tempo della nascita del Messia. Un frate alto, con un saio marrone, tiene sopra la testa una culla e, da sotto il cappotto di una studentessa, spunta un vestito bianco. Rachele si emoziona: è lei la madre di Gesù? Ma dove si svolgerà la recita, e dove sarà la mangiatoia?

Con suo enorme stupore nota fra le ragazze in abito grigio Marta, una sua compagna delle lezioni di ebraico tenute da un rabbino mandato da Israele. «Allora, – pensa Rachele con amarezza, – al padre di Marta non importa se sua figlia canta e recita in chiesa. Lui capisce quello che mio padre invece si rifiuta di capire: che è solo una recita, non una funzione religiosa».

Le suore conducono le ragazze verso un grande e semplice edificio in pietra, senza cupola né campanile, in cui si fondono le mura romane. Rachele ripensa alle parole del panettiere e solleva gli occhi al cielo. Ed eccole lí, infatti, le tre guglie del Duomo, fra le quali si è insinuata una nuvoletta. Ora che le ha ritrovate la aspetteranno. Perché infatti non unirsi al gruppo delle studentesse e dare un’occhiata a una recita simile a quella a cui le è stato vietato di partecipare?

Rachele attraversa titubante il cancello del convento ed entra in un ampio cortile al centro del quale svetta un grande abete. Ai suoi piedi è china una giovane suora che cerca di liberare un cane peloso legato a una corda aggrovigliatasi fra il tronco e i rami. Lo strattona, rischiando di strangolarlo. Rachele le si avvicina e vede che la bestiola non è un cane, ma un agnello. Parteciperà anche lui alla recita?

– Sí, farà la parte dell’asinello nella grotta dov’è nato Gesù, – spiega la suora.
Lo ha portato suo fratello dal paese, lo ha legato all’albero e la corda si è ingarbugliata.
– Se continuerai a strattonarlo così, – l’avverte Rachele, – lo soffocherai e non avrai nessun asinello per la recita. Lascia che ti aiuti, e prendilo in braccio invece di strattonarlo.

Ma la suora teme che l’agnello la morda.
– Hai paura che ti morda? E perché dovrebbe? Ecco, guarda, non ha nessuna intenzione di mordermi.

Con dita leste Rachele districa la corda, prende in braccio l’agnellino e gli stampa un bacio fra le grandi orecchie, per rassicurarlo. Ma siccome l’animale pesa, chiede alla suora di sostenerlo per le zampe posteriori e le due scendono insieme, con cautela, i gradini di pietra grezza del seminterrato del convento in cui si fondono le pietre del muro romano. Nella sala non ci sono sculture né quadri, solo ceri giganteschi accanto a un grande altare, a fianco del quale la ragazza che si è tolta il cappotto, rivelando l’abito bianco, si appresta a dare alla luce un bambino che libererà il mondo dalle sofferenze. Qualcuno grida di spargere della paglia e la madre superiora, un’anziana suora dai capelli bianchi e dal corpo appesantito, tende le braccia per prendere l’agnello: lo stringe al petto e lo avvicina all’altare.

Da “La figlia unica”, di Abraham Yehoshua, Einaudi, 2021, pagine 168, euro 18

© 2021 Abraham B. Yehoshua
© 2021 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino

 

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