22 luglio 2022. La mediazione di Onu e Turchia hanno portato russi e ucraini a firmare un accordo per sbloccare l’export di oltre 20 milioni di tonnellate di grano ferme nei porti dal 24 febbraio scorso. La diffidenza tra le parti è stato il tratto distintivo di questo momento storico.
Per la firma c’erano il ministro della Difesa russo Shoigu e il ministro delle infrastrutture ucraino Oleksandr Kubrakov. Per non incontrarsi, si sono alternati al tavolo delle trattative. L’intesa prevede che le navi partano dai porti ucraini di Odessa, Yuzhne e Chornomorsk, guidate dagli ucraini che conoscono i percorsi non minati.
La Russia ha ottenuto in cambio garanzie dall’Europa e dagli Stati Uniti che grano e fertilizzanti non saranno oggetto di sanzioni. L’accordo è arrivato l’indomani del giovedì nero italiano, in cui Draghi ha rassegnato le sue dimissioni (e per qualcuno questo non è un caso).
L’accordo renderà possibile l’arrivo in Italia di quasi 1,2 miliardi di chili di mais per alimentazione animale, grano tenero per la panificazione e olio di girasole.
Secondo Coldiretti, nonostante il calo dei raccolti, l’Ucraina resta uno dei principali produttori e rappresenta il 10% del commercio mondiale di frumento tenero destinato alla panificazione, ma anche il 15% del mais per gli allevamenti. Dati i numeri in calo dai campi italiani, questa notizia suona bene per molti, ristoratori compresi.
Ma non è detto che sia tutto risolto. Gli analisti si chiedono se funzionerà e se, arrivate a destinazione, queste tonnellate di grano riusciranno a fermare una crisi alimentare globale, frenando l’impennata dei prezzi del cibo. Intanto, la notizia dell’accordo ha riportato i prezzi del grano ai livelli pre-guerra e ha fatto scendere anche quelli dell’olio extra vergine d’oliva all’ingrosso. Non bisogna dimenticare però che il prodotto è fermo nei container da febbraio: il rischio di consegnare merce andata a male è molto alto. Senza contare il grano che arriverà nei prossimi mesi, frutto del raccolto 2022: infatti, la mietitura sta per iniziare, nonostante l’attacco ai campi e le strade interrotte dalle attività belliche. Dove si stoccherà questa merce se non ci si libererà di quella dell’anno precedente?
Ci sono diversi problemi di natura logistica da tenere presente affinché l’operazione abbia esito positivo e soddisfacente. In primo luogo, funzionari e politici ucraini e occidentali non sono sicuri che il governo russo manterrà la parola, permettendo al grano bloccato nei porti ucraini di essere esportato. Infatti, sabato mattina, a poche ore dalla firma dell’accordo, alcuni razzi lanciati dall’esercito russo sono caduti su Odessa, uno dei tre porti che in teoria non avrebbe dovuto essere attaccati. Stando alle agenzie russe nel raid «sono stati distrutti una nave da guerra ucraina e un deposito di missili Harpoon forniti dagli Stati Uniti a Kiev». Lo ha precisato il ministero della Difesa di Mosca che ammette l’attacco.
Ma il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha assicurato che la Russia manterrà i suoi impegni sull’export dei prodotti agricoli. «Non abbiamo pregiudizi riguardo ad una ripresa di colloqui con Kiev su un ampio spettro di temi che vadano oltre il grano, dipende dagli ucraini», ha dichiarato l’esponente del governo.
Poi c’è la questione dello sminamento. Per far partire le navi, bisognerà rendere il percorso sicuro. Le acque intorno ai principali porti ucraini sono state in buona parte minate dall’esercito del Paese, per ostacolare l’avanzata delle mani russe. Ad oggi, non si sa quanto tempo ci vorrà per sminare i vari percorsi, permettendo un transito del grano in sicurezza.
Da non sottovalutare anche la disponibilità di mezzi. Per trasportare i 20 milioni di tonnellate di grano, mais e olio di semi servono circa 400 navi. Al momento, ce ne sono solo un centinaio a disposizione. Come fare per convincere altre 300 navi, sicuramente impegnate in altri piani, a convergere verso i porti dell’Ucraina? Le navi, poi, non si guidano da sole e la manodopera di settore scarseggia. Molte unità della forza lavoro dei porti ucraini oggi sono impegnati al fronte.
Infine, rivolgendo lo sguardo al futuro, questo non sembra affatto roseo. Il margine di guadagno degli agricoltori ucraini è già molto basso per via delle mancate entrate di questi mesi, e la situazione non sembra destinata a migliorare. Infatti, la guerra ha reso molto pericoloso occuparsi dei campi già coltivati. Risultato? L’Ucraina potrebbe perdere un intero comparto alimentare, rigettando il mondo nello sconforto di una crisi globale irreversibile.
C’è solo un barlume di speranza. La Russia ha detto sì all’accordo sotto la pressione di diversi Paesi africani e del Medio Oriente, che reclamano il grano. Completamente isolati in Occidente, i russi stanno cercando di rafforzare i legami con questa parte di mondo. Ma dall’inizio di questo conflitto, abbiamo imparato che nulla è scritto nella pietra, nemmeno le più vitali questioni economiche. Quindi, anche se sull’accordo c’è stata fumata bianca, non è detto che questa non mostri il suo lato oscuro.