Sembra che Mario Draghi sia rimasto colpito dagli appelli a rimanere che gli sono piovuti addosso da sindaci, governatori, imprenditori, associazioni di categoria, rettori, Cancellerie di mezzo mondo. Una cosa che non era capitato nemmeno quando il presidente Giorgio Napolitano e, pochi mesi fa, Sergio Mattarella si resero disponibile a ritornare al Quirinale di fronte a un Parlamento incapace di tirarsi fuori dalle sabbie mobili.
Che si vada nella direzione di una resurrezione draghiana lo suggeriscono molti indizi. Compreso il fatto che il presidente del Consiglio, dopo le sue dichiarazioni, non andrà dritto dal capo dello Stato per confermare le sue dimissioni. Mercoledì al Senato rimarrà seduto sulla sua poltrona ad ascoltare il dibattito fiduciario.
Cosa farà Giuseppe Conte a questo punto è irrilevante. La maggioranza c’era e c’è anche senza i Cinquestelle; e a maggior ragione ci sarebbe se un altro pezzo del gruppo parlamentare si staccasse. È determinante invece cosa faranno Matteo Salvini e il suo prigioniero Silvio Berlusconi.
L’altro ieri il capo leghista è andato a Villa Certosa in Sardegna per dettare la linea farlocca: sì a Draghi ma se non ci sono i grillini scansafatiche. Secondo l’ex ministro dell’Interno alla fine sarà il presidente del Consiglio a non stare al gioco perché è stato lui stesso a dire che il patto di fiducia è venuta meno.
Berlusconi sembrava dovesse seguire come l’intendenza e dietro di lui a spingere ci fosse la corte di Arcore e quella maggioranza di Forza Italia filo-leghista. Fuori gioco i ministri Mariastella Gelmini e Renatto Brunetta, che si sono spesi pubblicamente per salvare il soldato Mario, e Mara Carfagna più prudente in attesa di capire fino a che punto il Cavaliere abbia la testa dentro il sacco del Carroccio?
Le cose sono cambiate in queste ore e il lavoro di Gianni Letta per rimettere in sella Draghi ha trovato nuovi strumenti di convinzione presso il prigioniero di Villa Certosa. Il quale ha lasciato il mare e il villone sardo per seguire da vicino nell’infuocata Roma canicolare gli accadimenti politici.
Ha sentito che i primi a gridare arridatece Mario sono i governatori leghisti, Massimiliano Fedriga in prima fila. Ha sentito il presidente della Confindustria Bonomi che gli dice: «Cavaliere che state combinando? Ma vi rendete conto del danno che stanno combinando i Cinquestelle? Vi ci mettete pure voi?». Anche Salvini ha incontrato le associazioni di categoria che gli hanno fatto lo stesso discorso. Ma i due leader del centrodestra di governo temono che restare al governo significhi dare a Giorgia Meloni altra forza propulsiva. E perdere l’occasione di una vittoria elettorale a portata di mano.
Cosa succederebbe se alla fine fossero Lega e Forza Italia a far venire meno la maggioranza? Sarebbero loro a lasciare le impronte digitali sulla crisi, ripulendo le dita di Conte. Berlusconi confermerebbe il suo stato di prigioniero politico degli istinti più leghisti. Imboccherebbe già adesso la strada di una campagna elettorale che porterà Meloni a Palazzo Chigi, come del resto auspica Fedele Confalonieri in un’intervista al Corriere della Sera. Per inciso: non è la stessa cosa che vuole Berlusconi.
Antonio Tajani, in un’altra intervista di questi giorni, ha spiegato che di tutto si parlerà quando il centrodestra si metterà attorno a un tavolo per discutere di programma e accordi elettorali, tranne della premiership. Insomma, non vale più la regola secondo cui il partito che prende più voti esprime il presidente del Consiglio. Vabbè, questa è un’altra storia, che potrebbe però minare una coalizione data vittoriosa sulla carta e nei sondaggi.
Il punto adesso è cosa faranno Salvini e Berlusconi domani: voteranno la fiducia anche se ci fosse Conte? No e poi no, continuano a ripetere. Qualcosa però si muove in gran fretta. I Cinquestelle di fede contiana potrebbero arroccarsi all’opposizione per rifarsi una verginità, perderebbero altri parlamentari che andrebbero a consolidare la maggioranza. Togliendo il disturbo, Conte toglierebbe a Salvini e Berlusconi l’ultimo alibi per precipitare alle urne. Ed proprio quello che vuole.
«È impossibile che Berlusconi in maniera irresponsabile si metta di traverso», scommette Gelmini. «E che ci mettiamo a fare i reponsabili che tanto successo ci ha portato in questo governo?», osserva sarcastico il leghista No euro Claudio Borghi.
Una cosa è certa: mai come in questo caso sapremo se Berlusconi e Forza Italia sono nella manica di Salvini.