La Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito con 6 voti a favore e 3 contrari che gli allenatori delle scuole pubbliche americane hanno il diritto di pregare a bordo campo con i propri giocatori. La decisione, arrivata pochi giorni dopo la sentenza che elimina il diritto all’aborto a livello nazionale, riguarda il caso Joseph Kennedy v. Bremerton School District ed è un altro punto a favore della linea ultraconservatrice della Corte.
Nel 2016 coach Kennedy è stato licenziato dalla Bremerton High School per essersi rifiutato di smettere di pregare alla fine dei match. Una pratica iniziata nel 2008 quando Kennedy, ancora assistant coach della squadra di football della scuola, aveva iniziato a pregare da solo all’altezza della linea delle 50 yard. «Mi inginocchio e ringrazio Dio per aver permesso ai ragazzi di giocare e a me di allenare», spiegava. Dopo qualche mese, alcuni dei suoi giocatori avevano chiesto a Kennedy di partecipare alla preghiera e avevano iniziato a unirsi al raccoglimento post-partita. Un’abitudine a cui nessuno ha dato importanza fino al 2015, quando un allenatore rivale si è lamentato con il preside della Bremerton perché Kennedy aveva invitato i giocatori avversari a unirsi alla preghiera. Dopo avergli chiesto senza successo di interrompere le preghiere, la Bremerton ha sospeso Kennedy non affidandogli la panchina per la stagione successiva. La scuola ha commentato la decisione dicendo di temere che le scelte di campo del coach potessero essere influenzate dalla volontà dei giocatori di partecipare o meno alle preghiere.
Kennedy ha fatto causa alla Bremerton accusando la scuola di aver violato il Primo Emendamento che – secondo l’interpretazione dei suoi avvocati – protegge gli individui che osservano il proprio credo religioso dalla ritorsione dello Stato. Dopo che per tre volte i tribunali federali avevano respinto le istanze di Kennedy, lo scorso gennaio la Corte Suprema ha iniziato a seguire il caso, dando immediatamente la sensazione di voler proteggere la libertà religiosa (una sola, secondo i più maliziosi) a discapito della separazione tra Stato e Chiesa.
La decisione della Corte Suprema non avrebbe fatto discutere se la Bremerton fosse stata una scuola privata. Essendo invece un’istituzione pubblica, le azioni e i comportamenti dei suoi dipendenti devono essere in linea con quelli dello Stato. Questa è l’opinione di Sonya Sotomayor, giudice progressista della Corte, secondo cui «la Costituzione americana non autorizza le scuole pubbliche ad accettare comportamenti come quelli di Kennedy». Ancora più significativo è il fatto che «in passato la Corte Suprema avesse già stabilito come i membri di un istituto scolastico pubblico non potessero pregare di fronte o insieme agli studenti. Ora la maggioranza della Corte è di un altro avviso e questa nuova decisione mette in difficoltà le scuole e i giovani cittadini che le frequentano».
Come accade sempre più spesso, il parere di Sotomayor coincide con quello della minoranza dei giudici. A vincere, infatti, sono le interpretazioni dei sei membri conservatori della Corte. Uno di loro, Neil Gorsuch, ha commentato la sentenza sostenendo che «il Primo Emendamento protegge la libertà d’espressione e la Costituzione promuove il rispetto e la tolleranza reciproca in ogni ambito, anche in quello religioso». Le sentenze dei tribunali federali sono state ribaltate e l’allontanamento di Kennedy giudicato illegittimo.
Commentando la decisione della Corte Suprema, in molti hanno pensato a Colin Kaepernick e alle polemiche seguite al suo inginocchiarsi a bordo campo. Nonostante le evidenti differenze tra i due casi (l’ex quarterback dei 49ers non si inginocchiava per motivi religiosi ma per protestare contro le discriminazioni razziali), Kaepernick non è mai stato difeso dalle istituzioni ed è ancora senza squadra, vittima di un vero e proprio boicottaggio da parte dell’NFL. Joseph Kennedy ha avuto più fortuna. Le sue preghiere evidentemente sono servite a qualcosa.