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Non solo taxiDalle spiagge ai bacini idroelettrici, tutto quello che c’è nella legge sulla concorrenza

l ddl Concorrenza contiene molte misure in diversi settori dei servizi. Il valore delle liberalizzazioni si spiega proprio con la continua caduta nella produttività in questo comparto, che ha a che fare anche con la insufficiente pressione della concorrenza

(La Presse)

Tratto da Morning Future

Prima le tensioni politiche sulle concessioni balneari, poi i tassisti in sciopero. Uno degli argomenti più dibattuti nella politica italiana è la legge per il mercato e la concorrenza. Una questione che da anni si cerca di affrontare in Italia, allargando le maglie delle liberalizzazioni in settori economici differenti, senza tuttavia riuscirci.

Si tratta di una legge annuale, introdotta nell’ordinamento nel 2009 ma approvata tuttavia in un solo anno, il 2017.

Tutti i settori interessati appartengono al grande comparto dei servizi, attività economiche poco esposte alla concorrenza internazionale e spesso svolte attraverso un forte ruolo di intermediazione dell’operatore pubblico. Tra questi, quello su cui si è discusso di più è stata la messa a gara delle concessioni balneari, ma il testo si occupa anche delle concessioni dei bacini da cui si ottiene energia idroelettrica, delle aree portuali e anche dei farmaci generici. Ci sono poi la revisione dell’affidamento dei servizi pubblici locali e i criteri per selezionare le società per l’installazione delle colonnine di ricarica elettrica.

L’obiettivo del disegno di legge è quello di «portare avanti misure pro concorrenziali», spiega Mario Sebastiani, professore all’Università Tor Vergata di Roma, dove insegna Economia della regolamentazione e della concorrenza. «La finalità della concorrenza non è in sé, ma perché si ritiene che un mercato concorrenziale sia più efficiente per le imprese e per i consumatori». Si tratta, inoltre, di una norma che il Parlamento dovrebbe approvare annualmente, ma che per diversi anni non è stato in grado di produrre.

Il percorso verso una maggiore concorrenza
Se è stata rinviata per anni, come mai se ne parla molto proprio ora? Tutto ruota intorno all’applicazione della direttiva europea Bolkestein del 2006 che, tra le varie cose, riguarda anche l’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione dei servizi. La direttiva negli anni ha portato nelle piazze italiane tassisti, ambulanti e gestori di strutture balneari. Dopo l’ennesima proroga delle concessioni balneari, l’Europa ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia. E sulla questione è intervenuta anche una sentenza del Consiglio di Stato, sancendo che l’estensione delle stesse concessioni al 2033 è illegittima e che lo Stato avrebbe dovuto riassegnarle entro due anni.

Non solo. «La Commissione europea aveva posto l‘approvazione della legge sulla concorrenza come condizione fondamentale per l’elargizione dei fondi del Next Generation Eu», spiega Sebastiani. «Il Governo italiano aveva accettato questo e dunque non resta che cercare di completare la legge, anche se le posizioni dei vari partiti che compongono la maggioranza del Governo Draghi sono abbastanza distanti e il tempo scarseggia. Bisogna chiudere in fretta perché la prossima primavera ci saranno le elezioni».

Sebastiani racconta che un modo per aumentare la competitività è togliere una serie di paletti che limitano l’apertura dei mercati. Un detto frequente tra gli esperti di concorrenza è che «uno dei maggiori ostacoli alla libertà di entrata nei mercati è la mancanza di libertà di uscita». Ed è proprio questo problema di uscita che blocca l’approvazione del ddl, soprattutto rispetto alle concessioni balneari.

«Qui si tocca un punto sociale, che è il vero problema», dice Sebastiani. Chi è a favore della riforma ritiene che lo Stato non possa più accettare che i gestori degli stabilimenti balneari ottengano senza gare la possibilità di sfruttare un bene pubblico, che oltretutto ricevono pagando un prezzo molto basso rispetto alle tariffe che poi applicano alla clientela. Assegnare queste concessioni tramite gara causerà almeno nel breve periodo una disoccupazione immediata, perché molti vecchi proprietari potrebbero perdere le gare. Per loro la concessione rappresenta spesso l’unica fonte di reddito, che oltretutto può coinvolgere l’intero nucleo familiare. E riassorbire questa disoccupazione attraverso nuove imprese richiederà certamente del tempo perché è un processo lento che non avviene in pochi giorni. La vera complessità è gestire e ridurre al minimo questa rottura. Questo è il classico esempio del problema di uscita», spiega Sebastiani.

L’accordo generale sulle concessioni balneari è di fatto stato trovato, manca soltanto da decidere – anche se non si tratta di un aspetto secondario – come indennizzare chi perderà la gara. Per Sebastiani, «resta da fissare se far pagare a chi subentra non soltanto gli investimenti non totalmente ammortizzati, ma anche il valore di rimpiazzo: anche se un bene è stato ammortizzato ha comunque un valore di mercato, che chi subentra vincendo la gara avrebbe a disposizione senza aver fatto nulla. L’idea è che lo Stato definisca dei criteri per la valorizzazione degli asset, validi per tutta Italia, per definirne il prezzo di uscita che pagherà chi subentra».

Rispetto alle concessioni dei bacini idroelettrici, invece, è stato deciso che le concessioni dovranno essere messe a gara dalle regioni entro il 31 dicembre 2023, un anno più tardi rispetto a quanto era stato definito precedentemente. Per i porti, invece, chi li gestisce avrà la possibilità di definire accordi integrativi con i privati per la loro gestione.

Un ulteriore punto estremamente importante riguarda l’affidamento dei servizi pubblici locali. «Il nostro sistema è caratterizzato da tante imprese con un unico affidamento, spesso molto piccolo», dice Sebastiani. «Queste aziende sono quindi estremamente dipendenti da questo affidamento. Lo difendono con forza perché se lo perdessero avrebbero grosse difficoltà. Un altro problema di uscita. All’estero queste imprese sono attive in più settori in modo da creare economie di scala e da differenziare fortemente l’offerta».

C’è anche il problema legato al tempo. «Restano sei mesi di tempo per realizzare un Testo unico sui servizi pubblici locali, dopo che qualche anno fa un tentativo simile era stato affossato». Resta poco tempo anche per le concessioni balneari. «Il termine ultimo per mettere a bando le concessioni balneari è il 31 dicembre 2023, come stabilito dal Consiglio di Stato, ma il gran numero di gare che la Pubblica Amministrazione dovrà gestire in così poco tempo e la possibilità di rimandare di un anno in caso di ricorsi o difficoltà, fa immaginare che ci vorrà anche del tempo per avere risultati pratici».

Il valore della concorrenza
Quelle che vengono definite posizioni di rendita sono stipendi e redditi di un grande numero di famiglie, spiega Lavoce.info. E chi oggi viene indicato come un pigro rentier sulle spalle dei cittadini ha investito, nella licenza del taxi, rinnovando le cabine dello stabilimento balneare o garantendo l’efficienza del bacino idroelettrico.

Senza dubbio questi argomenti hanno una parte di verità e la transizione a condizioni concorrenziali deve tenere conto degli investimenti compiuti.

Quindi ne vale la pena? Basta guardare l’andamento della produttività totale dei fattori, una misura della efficienza e innovatività del sistema economico, distinta per il settore manifatturiero e per quello dei servizi. Se il problema dell’Italia è la stagnazione degli ultimi vent’anni, questa ha una componente settoriale importante. E la continua caduta nella produttività dei servizi ha a che fare anche con la insufficiente pressione della concorrenza.

 

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