Dire che gli immigrati portano le malattie o invece spiegare che c’è «una correlazione evidente tra Covid e immigrazione» è pressappoco lo stesso: salvo che la seconda teoria, di fonte progressista, rispetto alla prima sfoggia una pretesa di esattezza statistica che la fa anche più detestabile e pericolosa.
Opporsi al referendum sulla limitazione della custodia cautelare spiegando che altrimenti i criminali restano a piede libero o invece indugiando sul pericolo dell’impunitismo è più o meno la stessa cosa: salvo che quest’ultima giustificazione, di stampo democratico, presenta il supplemento odioso dell’equanimità farlocca che invece di vellicare il pelaccio della plebe forcaiola alliscia quello soffice e perbene degli ermellini.
Il comizio borgataro contro le multinazionali straniere non è sostanzialmente diverso rispetto alla divagazione de sinistra sulla globalizzazione della povertà per il venir meno delle tradizioni operaiste: ma l’uno poggia sulla disinvoltura quasi patetica, per quanto non meno temibile, di un potere avventizio; l’altra su un entrismo incistato nel sistema che produce il 45% dell’impresa in mano pubblica e fiorisce nella requisitoria del parlamentare che nel 2022, in perfetta serietà, reclama redistribuzioni «a ognuno secondo i suoi bisogni».
La coltivazione del collegio elettorale tramite la promessa protezionista in favore dei taxisti e dei balneari non è meno corrotta rispetto a quella più risalente e vasta a garanzia di insegnanti e pensionati d’adolescenza: e il campo complessivo che ne risulta si rinnova eternamente nei lotti di un’identica realtà anti-concorrenziale, sussidiata, inefficiente, conchiusa nell’arretratezza che infatti tiene a rigorosa distanza il perfido investitore straniero.
L’occhieggiare di destra alle ragioni della pace e alla ragion di Stato che rende comprensibile l’aggressione russa, con i voti a favore delle armi dati per il nobilissimo fine di non passare dall’ombrello del Draghi I agli ombrelloni del Papeete II, è agli effetti equiparabile al contegno del pacifista comunista sindacalista che reitera i pregressi slogan anti-Nato di Capitan Ruspa: con la differenza che questa volta essi finiscono ripetuti in bella copia sulla stampa coi fiocchi che discute della vanità degli ucraini posta a difesa d’un paio di province ammuffite.
Si potrebbe continuare. Ma è sufficiente per capire che abbastanza spesso la competizione tra destra e sinistra, l’una e l’altra in scambievole stronzaggine, è questa: nel peggio, e per il peggio.