La sceneggiata foggianaLa ritirata strategica di Conte per non perdere quel poco che resta del M5S

Il leader grillino non può far cadere il Governo perché perderebbe il controllo del partito a favore di Virginia Raggi e Alessandro Di Battista che impersonerebbero molto meglio la linea estremista e barricadera

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Rocco Casalino sparge spin a piene mani per tenere in piedi la prospettiva che oggi il suo dante causa, Conte avvocato Giuseppe, rompa con Draghi. L’allestimento di una sfida all’OK Corral è ovviamente di cartapesta e certo Giuseppi non è Burt Lancaster e pertanto il finto duello di oggi a palazzo Chigi con Mario Draghi è un po’ da tutti considerato poco più di una sceneggiata buona per le telecamere di Rete4 e La7. 

La verità è che la situazione è senza uscita, Conte come fa sbaglia. E deve scegliere il male minore, che in questo caso consiste nell’applicare il vecchio, cinico adagio di Giulio Andreotti, «meglio tirare a campare che tirare le cuoia», vale a dire meglio lasciare le cose come stanno piuttosto che perdere il partito. 

Già, perché un eventuale passaggio all’opposizione comporterebbe automaticamente regalare il Movimento ad Alessandro Di Battista e Virginia Raggi, i Bonnie and Clyde della politica italiana, i due scavezzacollo del Movimento 5 stelle che impersonerebbero molto meglio dell’azzimato legale una linea estremista e barricadera: sarebbe la coppia romanaccia a guidare il M5s in una campagna elettorale alla ricerca del grillismo perduto. 

L’ex sindaca di Roma dopo essere arrivata quarta su quattro al primo turno delle comunali non proferisce verbo, mentre Dibba è molto attivo. È andato a Mosca per scoprire le nefandezze – dell’Occidente, s’intende, mica di Putin – ma è attentissimo a ogni italianissimo stormir di fronde, felice dell’uscita dell’ex fratello Luigi Di Maio, ancor più contento del boccheggiamento di un Conte che non ha mai stimato e certo non dispiaciuto dell’eclissarsi di Beppe Grillo: quel che resta del Movimento aspetta lui. 

All’avvocato foggiano dunque non conviene strappare, pena la sua sostanziale uscita di scena. Da una sua rottura con Draghi egli al massimo potrebbe sperare in una soluzione pasticciata della crisi che ne scaturirebbe, cioè un Draghi bis (che però questi ha seccamente smentito.nell’ultima conferenza stampa), un governo più ristretto e fragile che sarebbe quotidianamente bombardato dallo stesso Conte, da Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Maurizio Landini, un’ipotesi che tra l’altro non affascina affatto il Partito democratico, che si sta convincendo di essere in buona salute e pronto alla grande disfida con Giorgia.

Ormai al Nazareno hanno capito una cosa che avrebbe dovuto essere chiara da anni, e cioè che il crollo del M5s non può che aprire al Pd nuovi spazi: lo ha spiegato chiaramente Romano Prodi, che pure è uno storico alfiere delle coalizioni.

In conclusione, Giuseppi non ha altra possibilità che far proseguire Draghi, tentare di portare a casa qualche piccolo trofeo da esibire sulle bancarelle della propaganda casalinesca e sperare in tempi migliori. Su chiama ritirata strategica.

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