«Conte non sta andando fino in fondo, Conte sta più banalmente andando a fondo. E trascina nell’abisso i pochi che gli sono rimasti vicini. La cosa drammatica è che questa scelta masochista fa male anche all’Italia, alle imprese, alle famiglie e non solo ai Cinque Stelle». Lo dice al Corriere il leader di Italia Viva Matteo Renzi, secondo cui la crisi innescata dal capo dei Cinque Stelle è frutto di molteplici ragioni, tra cui «invidia, frustrazione, miopia politica, cinismo, paura». Ma, aggiunge, «la principale di tutte è che la politica è un’arte nella quale non ci si improvvisa. Se non sei capace, non sei capace. Punto. Puoi vincere un biglietto alla lotteria e fare il premier come accaduto a Conte. Ma poi la realtà ti presenta il conto e se non hai visione politica prima o poi la gente se ne accorge».
Con la sua petizione, Renzi ha raccolto oltre 80mila per un Draghi bis. Ma avendo già detto il premier che questo sarebbe stato l’ultimo governo che avrebbe presieduto, perché dovrebbe fare marcia indietro? «Dico Draghi bis perché secondo me questa sarebbe la soluzione più efficace per i prossimi dieci mesi», risponde Renzi. «Ma quello che è importante è che Draghi stia a Palazzo Chigi. E che venga in Aula senza fare trattative stile Prima Repubblica o vertici di pentapartito: deve fare un elenco prendere o lasciare. Voglio vedere chi si assume la responsabilità di sfasciare tutto».
Renzi immagina un Draghi bis senza i grillini, ma il Pd senza di loro non ci sta. In ogni caso, a breve potrebbero esserci nuovi scissionisti del Movimento Cinque Stelle. Se così fosse, Renzi potrebbe fare un bis con loro? «Ho perso ogni interesse verso le dinamiche interne dei Cinque Stelle», dice. «Spero che sia chiaro a tutti come la loro presenza abbia inquinato il dibattito civile della politica italiana. Hanno mentito, hanno insultato, hanno aggredito gli avversari. E adesso, preoccupati di tornare a casa, si scindono una volta alla settimana: ma a chi può interessare tutta questa mediocrità? Parliamoci chiaro: il bis si fa se Draghi vuole farlo, alle condizioni che dice Draghi. La scissione di D’Incà, ammesso che ci sia, è poco meno che folklore».
Renzi rincara la dose contro Conte: «Politica e Conte sono due concetti totalmente diversi», dice.
E sul fatto che alcuni osservatori alludano alla possibilità di qualche interferenza straniera in merito alle mosse del leader grillino, dice: «Beh, che Conte abbia molto da chiarire a cominciare dalle vicende di gestione sul Covid è un dato di fatto. E altrettanto palese è il fatto che in queste ore a Mosca stiano festeggiando. Ma al di là di questo c’è un elemento oggettivo: la democrazia è in crisi in tutto il mondo. In Giappone dove ancora piangiamo la morte del mio amico Shinzo Abe. In America dove la Corte Suprema ha lanciato la sfida al Congresso e alla Casa Bianca con almeno tre sentenze diverse. Nel Regno Unito con le dimissioni di Boris Johnson ma anche nel piccolo Sri Lanka con le proteste di piazza…».
Quindi? «Allora diciamoci le cose come stanno: questa ennesima crisi di guerra — al netto delle interferenze russe — dimostra che serve prendersi cura della nostra democrazia con la riforma delle regole del gioco. E per fare questa riforma serve un patto costituzionale e istituzionale. Ora è chiaro che quando proponevo il referendum nel 2016 non lo facevo per me ma per evitare scene come quelle di questi giorni. Quello ormai è il passato. Mi auguro che tutti capiscano, adesso, come sia importante scegliere la strada delle riforme. Un passo alla volta, però: prima salviamo Draghi dall’aggressione grillina e poi ragioniamo tutti insieme di regole».
E se Draghi ribadisse il suo no? «Deciderà Mattarella. Ma mi domando chi può votare un governo del genere. Io sono per il Draghi bis con un sussulto di decisionismo e responsabilità da parte del premier. Ma se lui non se la sente — e mi dispiacerebbe molto — si vada subito al voto. Immediatamente. Il 25 settembre, il 2 ottobre, subito. Basta con questa sceneggiata, indecorosa. O Draghi bis o voto».
Intanto oggi Renzi consegnerà il quesito referendario sul reddito di cittadinanza. «È una misura diseducativa che fa male alle nuove generazioni», dice. «Parliamo di come pagare meglio il lavoro, di come cambiare gli orari, di come far partecipare i lavoratori agli utili, di come portare i lavoratori nei cda. Ma basta con la barzelletta di chi voleva abolire la povertà e ha creato i navigator».