Non segno molto, ma sono decisivoRenzi punta al 5% e chiede il voto utile per difendere il Paese dai populisti

Il leader di Italia Viva dice: «Non basta che Salvini e Di Maio, quelli che volevano uscire dall’euro, si esibiscano in dichiarazioni di elogio per Draghi». I Cinque Stelle? «Sono morti». Calenda? È «incomprensibile»

Roberto Monaldo / LaPresse

«Diciamo che in questa fase mi piace sentirmi Iniesta: non segno molto, ma sono decisivo». Parole di Matteo Renzi, senatore e leader di Italia Viva, in una lunga intervista sul Foglio, in cui racconta i retroscena della legislatura e le prospettive per il 2023. Perché «non basta che Salvini e Di Maio, quelli che volevano uscire dall’euro, si esibiscano in dichiarazioni di elogio per Draghi». Con Italia Viva punta al 5%, chiede il voto utile agli elettori e giura che sarà in prima fila per far nascere un governo non «sbrindellato».

«Io vi starò antipatico quanto volete: ma se abbiamo salvato il Paese due volte in due anni è perché noi facciamo politica mentre altri twittano e fantasticano. Quelli che mi vogliono fuori dalla politica non si scandalizzano perché parlo all’estero: si arrabbiano perché parlo in Italia. Anche perché quando parlo in Italia succede che i Conte e i Salvini vanno a casa», dice.

A Calenda, che gli dice di scegliere tra politica e business, risponde: «Chi mi dice questo dimostra non solo di capire poco di politica, e nel caso di Calenda non è una novità, ma di capire quasi nulla anche di business. Io non vendo armi ai colombiani e non prendo commissioni sui ventilatori cinesi. Non faccio affari, meno che mai con la Pubblica amministrazione. Istituzioni, aziende, fondazioni di tutto il mondo mi chiedono di aiutare i loro dirigenti a immaginare il futuro: lo chiedono a me come a decine di altre personalità politiche che hanno lasciato un buon ricordo quando governavano e continuano a impegnarsi nella cosa pubblica ma che si ritagliano del tempo per una attività internazionale retribuita. È compatibile con il mio ruolo di senatore? No. È lecito? Sì. E allora che volete da me?».

Poi Renzi ammette che forse sì «l’errore più grande sul piano piano personale sta proprio lì: nel non essermi ritirato per davvero, dopo il referendum per godermi una vita molto più tranquilla». Quella sconfitta fu decisiva. E l’errore, spiega, fu «aver pensato che ampliare l’affluenza del referendum ci avrebbe portato a vincerlo. Non la personalizzazione fu lo sbaglio».

Ora fa l’antipatico di professione della politica. «Io so che in un mondo di incompetenti che si affannano ad apparire umili, preferisco essere un arrogante che sa quello che dice e che fa. Ma io rivendico che sulle grandi questioni che hanno interrogato questo Paese negli ultimi anni avevamo ragione noi». Cita Industria 4.0, l’Europa, gli 80 euro, i diritti civili. E anche sulle vicende giudiziarie. «Io non ho paura ad affermare che chi sbaglia, chi commette illeciti, sono i magistrati che indagano sul cosiddetto caso Open. E lo fanno in modo spudorato».

E poi continua: «Siamo le Cassandre stravaganti, sì. E il consenso è un cruccio che esiste, certo. Ma sapendo, ovviamente che la nostra dimensione non è più quella del 30 o del 40 percento. Noi puntiamo al 5, semmai. Sarà quello il voto utile» per cambiare l’Italia e mettere al riparo il Paese dai populisti.

Quella per le elezioni del 2023, «sarà una campagna elettorale divertente», dice. Intanto «i Cinque Stelle sono morti». Per il resto, Renzi parla di un panorama politico «indecifrabile». Italia Viva punta al 5% per essere decisiva. Lo ribadirà nell’assemblea del 16 luglio a Roma dal titolo «Dammi il 5». Ovvero: «Ognuno dei nostri iscritti dovrà trovare cinque persone che vengano a darci una mano».

Sulle coalizioni, «vediamo cosa faranno gli altri protagonisti». Di Calenda dice che è «incomprensibile. E decifrarne la volontà è un azzardo che dipende dal momento: al mattino ti manda sms affettuosi, al pomeriggio ti insulta su Twitter. È leggermente faticoso inseguire le montagne russe dei suoi stati d’animo. A colazione propone Draghi premier a vita, a ora di pranzo lancia Cottarelli al Pirellone, a merenda vuole Cartabia al Quirinale, a cena dice ai finanziatori che farà il premier lui e su Twitter fa la rosa dei ministri. Poi aggiunge: «Io l’ho fatto ministro e ambasciatore, l’ho supportato ovunque dal Parlamento europeo al comune di Roma. E lui risponde mettendo il veto su di me. Che a pensarci è una cosa simpaticissima: dovremmo cercare i voti più che mettere i veti».

Beppe Sala invece «sta facendo il sindaco e lo sta facendo bene. Non credo che si muova dal campo del centrosinistra., Potrebbe candidarsi, certo. Ma potrebbe anche guidare qualcosa restando al governo della sua città, come feci io. Ma insomma è lì: è potenzialmente in campo, ma è ancora presto per decidere in che ruolo».

E conclude: «Chiederemo un voto utile per il Paese, per chi darà garanzie di serietà, per chi sa come si governa, per chi può vantare di aver messo per due volte al riparo l’Italia dalle scorribande dei populisti». E giura che si impegnerà a far nascere il nuovo governo «e a impedire che ne venga fuori uno sbrindellato». Ne vedremo delle belle.

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