Correva l’anno 2003. Un grosso sole artificiale, costruito e montato davanti a una moltitudine di specchi, ipnotizzava i visitatori della Turbine Hall della Tate Modern di Londra. Il pavimento era costellato da persone sdraiate con il naso all’insù mentre osservavano la loro immagine riflessa in un mosaico di luci: si trattava dell’esperienza fondante di un’installazione immersiva che permise all’arte contemporanea di fare un passo avanti in termini di credibilità e di capacità di analizzare i fenomeni naturali da una prospettiva insolita. Stiamo parlando di “The weather project” di Ólafur Elíasson, artista danese classe 1967 – vincitore del premio Wolf per le arti nel 2014 – che acquisì una fama di livello internazionale proprio grazie all’installazione inaugurata in Gran Bretagna quasi vent’anni fa.
Facciamo ora un lungo passo avanti: in uno dei suoi periodi più prolifici, quello del post-lockdown del 2020, Elíasson è tornato in grande stile con un’opera d’arte pubblica regalata a un contesto totalmente diverso rispetto al complesso londinese: il piccolo borgo di Grinzane Cavour, in provincia di Cuneo e a pochi chilometri da Alba. Terra di barolo, di tartufo, di dolci colline e paesaggi da ammirare dall’alto.
Sulla terrazza del cortile del Castello di Grinzane Cavour – vecchia residenza di Camillo Benso e patrimonio Unesco – il 25 giugno è stato tolto il velo a “The presence of absence”, un’opera in grado di confermare la sensibilità di Ólafur Elíasson nei confronti dell’ambiente e dei suoi stravolgimenti (purtroppo negativi) nell’epoca della crisi climatica. La scultura si affaccia sul panorama sottostante la collina che ospita il castello, per mettere subito in chiaro l’indissolubile legame tra le creazioni di Elíasson e la natura.
“The presence of absence” consiste in un parallelepipedo in bronzo scavato al suo interno, con l’intento di rappresentare l’erosione dovuta allo scioglimento di un ghiacciaio: una conseguenza dell’emergenza climatica che – tra le altre cose – sta sconvolgendo diverse Regioni del nostro Paese con una siccità con pochi eguali nella storia recente. Senza acqua proveniente dai ghiacciai, i fiumi ansimano.
“The presence of absence” parte da lontano, più precisamente dalla Groenlandia, dove Ólafur Elíasson ha estratto un blocco di ghiaccio composto da diversi strati di neve compressa: «Ho tirato il blocco fino al porto con delle reti, e poi l’ho portato nel porto di Nuuk grazie a una gru. Lì l’ho scansionato. Questa scansione 3D è un file con cui posso fare qualsiasi cosa, è incredibilmente preciso vista la tecnologia attuale», ha spiegato l’artista, che ha usato la tecnologia 3D per creare uno stampo e, successivamente, una sorta di calco in bronzo.
A primo impatto, l’opera è difficile da interpretare. Per comprenderla bisogna, letteralmente, entrare al suo interno. Come? Tramite il foro principale della scultura, che permette di osservare da vicino ciò che l’aumento delle temperature sta causando ai nostri ghiacciai. Le forme dovute all’erosione sono comunque morbide e richiamano le linee delle colline (perché è questa la forma che stanno acquisendo le grandi masse di ghiaccio ad alta quota), e il parallelepipedo di Elíasson dialoga con un altro (grosso) parallelepiedo: il castello, che oggi è anche un museo d’arte contemporanea gestito dalla Regione Piemonte.
«La crisi climatica è un concetto astratto e difficile da toccare. Stanno scomparendo le calotte glaciali e i ghiacciai di tutto il mondo, quindi è anche difficile immaginare che forma avranno in futuro. Come possiamo mostrare qualcosa che è già accaduto, visto che non siamo addestrati a vedere le ferite dei ghiacciai?», si è chiesto l’artista, che con questo blocco di bronzo forato al suo interno (come un ghiacciolo che inizia a sciogliersi da dentro, mantenendo momentaneamente intatta la sua struttura esterna) ha voluto mandare un messaggio alle generazioni future. Generazioni future che, forse, non sapranno nemmeno come è fatto un ghiacciaio nel suo momento di massima vitalità. E non avranno la minima idea del suo percorso verso il decadimento. Navigheranno su internet, leggeranno libri, guarderanno documentari, ma non basta. C’è bisogno dell’arte pubblica per lasciare una testimonianza ancora più incisiva, fruibile e sincera.
«Penso che la cultura sia solo una delle voci in gioco, e che valga la pena entrare nella comunità come voce, come essere partecipante. Questo significa assumere l’idea di presenza nell’assenza. Sto offrendo un vuoto in cui entrare. C’era un blocco di ghiaccio, ma esso non può parlare. Il ghiaccio è sparito», spiega Elíasson.
“The presence of absence” fa parte delle quattro opere di arte pubblica realizzate da quattro artisti internazionali in quattro piccoli comuni del territorio cuneense: Alba (nel caso di Elíasson), Bra, Cuneo e Mondovì. Il progetto di committenza si chiama A cielo aperto 2022: è stato organizzato per i 30 anni della Fondazione CRC e realizzato in collaborazione con il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. Le altre tre opere – che verranno presentate nei prossimi mesi – sono “Terzo Paradiso” di Michelangelo Pistoletto, “Of Sundials, Lines and Weights” di Otobong Nkanga e “The Lost Partbook” di Susan Philipsz