Giallo neroLa misteriosa scomparsa di un gerarca nazista nella omertosa Germania del 1949

In “L’uno dall’altro”, il detective della saga di Philip Kerr è sulle tracce di un ex funzionario della Gestapo che dirigeva uno dei lager più feroci della Polonia. Il lavoro sembra semplice, ma si rivela un viaggio nella coscienza collettiva di una nazione che vuole dimenticare il sui passato

Non lo dubitai neppure per un attimo. Era fin troppo facile immaginarla con una corta sottoveste bianca e una corona di alloro sui capelli a fare cose interessanti con un cerchio in un bel film di propaganda per il dottor Goebbels. Il vigore femminile non è mai apparso così biondo e pieno di salute come a quei tempi.

«Sarò onesta con lei, Herr Gunther». Si toccò un occhio con l’angolo del fazzoletto. «Friedrich Warzok non era un brav’uomo. Durante la guerra ha fatto delle cose terribili».

«Dopo Hitler, non c’è nessuno di noi che possa dire di avere la coscienza pulita».

«È molto gentile da parte sua dire questo. Ma ci sono cose che uno deve fare per sopravvivere. E poi ce ne sono altre che non riguardano affatto la sopravvivenza. Questa amnistia della quale si discute in Parlamento… non includerebbe mio marito, Herr Gunther».

«Non ne sarei troppo sicuro», dissi. «Se uno malvagio come Erich Koch è pronto a rischiare di uscire allo scoperto per rivendicare la protezione della nuova Legge fondamentale, allora chiunque potrebbe fare lo stesso. Non importa cosa abbia fatto».

Erich Koch era stato governatore della Prussia orientale e commissario del Reich in Ucraina, dove erano state compiute azioni terribili. Lo sapevo perché ne avevo viste un bel po’ con i miei occhi. Koch contava sul fatto di ricevere protezione dalla nuova Legge fondamentale della Repubblica Federale, che proibiva sia la pena di morte che l’estradizione per tutti i nuovi casi di crimini di guerra. Koch era tenuto prigioniero nella zona britannica. Il tempo dirà se abbia preso una decisione accorta o no.

Cominciavo a vedere dove si sarebbero avviati questo nuovo caso e la mia professione. Il marito di Frau Warzok era il mio terzo nazista nella fila. E grazie alle simpatie di Erich Kaufmann e del barone von Starnberg, dal quale avevo ricevuto una lettera personale di ringraziamento, sembrava che fossi diventato l’uomo da cercare, se il problema riguardava una giacca rossa o un criminale di guerra latitante.Non mi piaceva molto. Non era per quello che ero tornato a fare il detective privato. E avrei buttato fuori Frau Warzok se fosse rimasta lì a dirmi che suo marito non aveva niente di personale contro gli ebrei, o che era semplicemente una vittima di “giudizi storici”. Ma fino a quel momento, non mi aveva detto cose del genere. Piuttosto il contrario, visto ciò che continuò a raccontare.

«No, no, Friedrich è un uomo diabolico», disse. «Non dovrebbero mai concedere un’amnistia a un uomo così. Non dopo quello che ha fatto. E si merita tutto ciò che gli accadrà. Niente mi farebbe più piacere di sapere che è morto. Mi creda».

«Oh, le credo, le credo. Perché non mi dice che cosa ha fatto?».

«Prima della guerra era nei Freikorps, poi nel partito. Poi si arruolò nelle SS e raggiunse il grado di Hauptsturmführer. Fu dislocato nel campo di Janowska, in Polonia. E lì fu la fine dell’uomo che avevo sposato».

Scossi la testa. «Non ho mai sentito parlare di Janowska».

«Se ne rallegri, Herr Gunther», disse. «Janowska non era come gli altri campi. Nacque come un complesso di fabbriche che facevano parte delle Officine belliche tedesche, a Leopoli. Utilizzava condannati ai lavori forzati, ebrei e polacchi.

Nel 1941, circa seimila. Friedrich andò là all’inizio del 1942 e, almeno per un po’ di giorni, io andai con lui. Il comandante era un uomo di nome Wilhaus, e Friedrich divenne il suo assistente. C’erano circa dodici o quindici ufficiali tedeschi come mio marito. Ma la maggior parte delle SS, le guardie, erano russi che si erano arruolati volontari nelle SS per sfuggire ai campi dei prigionieri di guerra». Scosse la testa e aumentò la stretta sul fazzoletto, come per strizzare dal cotone delle memorie lacrimevoli. «Dopo che Friedrich raggiunse Janowska, arrivarono altri ebrei. Molti ebrei. E la filosofia – se posso usare una parola simile per Janowska – la filosofia del campo cambiò.

Fare in modo che gli ebrei producessero munizioni divenne molto meno importante che, semplicemente, ucciderli. Non era lo sterminio sistematico in uso ad Auschwitz-Birkenau. No, si trattava di ammazzarli individualmente in qualsiasi modo una SS desiderasse. Ogni SS aveva il suo metodo preferito per uccidere un ebreo. E tutti i giorni c’erano fucilazioni, impiccagioni, annegamenti, impalature, sbudellamenti, crocifissioni… sì, crocifissioni, Herr Gunther. Non lo può immaginare, giusto? Eppure è vero. Alcune donne furono accoltellate a morte, o fatte a pezzi con le accette. I bambini venivano utilizzati come bersagli da allenamento. Ho sentito la storia di una scommessa su come un bambino potesse essere diviso in due con un solo colpo d’ascia. Ogni SS era obbligato a tenere il conto di quanti ne aveva ammazzati, così che si potesse compilare una lista. Sono state uccise in quel modo trecentomila persone, Herr Gunther. Trecentomila persone uccise brutalmente, a sangue freddo, da sadici che ridevano. E mio marito era uno di loro».

Mentre parlava non guardava me, ma il pavimento, e non ci volle molto tempo perché una lacrima scendesse giù per la lunghezza del suo bel naso e cadesse sul tappeto. Poi un’altra.

«A un certo punto non sono sicura di quando sia successo, perché Friedrich dopo un po’ smise di scrivermi – ha preso il comando del campo. E sono certa di ciò che dico, quando dico che sotto di lui le cose continuarono ad andare come erano sempre andate. Mi scrisse una volta per farmi sapere che Himmler aveva visitato il campo e che era rimasto molto soddisfatto di come fossero migliorate le cose a Janowska. Il campo fu liberato dai russi nel luglio del 1944. Wilhaus adesso è morto. Penso che lo abbiano ucciso i russi. Fritz Gebauer, che aveva comandato il campo prima di Wilhaus, è stato processato a Dachau e condannato all’ergastolo. È nella prigione di Landsberg.

 

 

 

 

 

 

 

 

“L’uno dall’altro”, di Philip Kerr, Darkside (Fazi Editore), 442 pagine, 15 euro

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