La Commissione europea si appresta a presentare mercoledì prossimo un piano per affrontare l’eventuale riduzione o taglio delle forniture di gas all’Ue da parte della Russia. Proprio mentre Budapest annuncia che vieterà da agosto l’export di energia per garantire all’Ungheria la quantità necessaria per l’inverno, dichiarando lo stato di «emergenza». Due mosse che vanno in due direzioni opposte.
Per Bruxelles non bisogna aspettare l’arrivo della stagione fredda per intervenire, né la chiusura definitiva dei rubinetti: bisogna agire da subito. Il piano europeo si basa principalmente sulla «solidarietà» tra gli Stati membri per una reazione «coordinata», che presuppone anche una «cooperazione transfrontaliera». Ma Budapest ha già rotto lo schema, con una mossa che ricorda il divieto di export delle mascherine deciso all’inizio della pandemia da alcuni Stati membri, spiega il Corriere.
I ministri Ue dell’Energia discuteranno il piano nel consiglio straordinario del 26 luglio. Nella bozza della Comunicazione «Risparmiare gas per un inverno senza rischi» e nell’Annesso, la Commissione spiega che «nello spirito della solidarietà e della cooperazione europea, dobbiamo garantire che il gas fluisca dove è più necessario, proteggendo sia i nostri utenti domestici che i nostri posti di lavoro e l’economia nel suo complesso». Bruxelles invita a un «risparmio coordinato della domanda», che «potrebbe limitare l’impatto negativo sul Pil» (questa mattina la Commissione presenta le nuove stime di crescita e inflazione).
Sono poi indicate le linee da seguire, con tre stadi nella crisi del gas. Dodici Paesi Ue stanno già vivendo un taglio parziale o totale delle forniture di gas russo. Da maggio siamo già in una «fase di allerta». Gli Stati membri hanno portato avanti misure per una riduzione volontaria della domanda, attraverso campagne informative rivolte a famiglie e aziende, incoraggiando a ridurre l’uso di riscaldamento e condizionatori. Alle autorità è stato chiesto di modificare la temperatura negli edifici pubblici, ad eccezione delle case di cura e degli ospedali. Le industrie sono state invitate a cambiare combustibile, quando possibile.
La seconda fase comincerà dal 20 luglio, giorno in cui la Comunicazione sarà presentata, e si basa su una riduzione della domanda Ue di gas coordinata di fronte all’alto rischio di «un deterioramento significativo della situazione dell’approvvigionamento». Gazprom ha già fatto sapere che non è in grado di garantire «il funzionamento sicuro» del Nord Stream 1 dopo il 22 luglio, quando dovrebbero terminare i lavori di manutenzione. La Commissione propone l’obbligo per gli edifici pubblici di limitare il riscaldamento a 19 gradi e il raffreddamento a 25 gradi; l’introduzione di aste o gare per incentivare la riduzione dei consumi da parte dei grandi consumatori (le industrie). Le aziende che possono ridurre la domanda e lo decidessero volontariamente otterrebbero una compensazione.
Il risparmio potenziale, secondo il piano, è stimato tra i 25 e i 60 miliardi di metri cubi di gas: 11 grazie ai limiti a caloriferi e condizionatori, tra i 4 e i 40 per un cambio di fonte nella produzione di energia elettrica e 10-11 considerando un taglio del 10% della domanda industriale.
Viene suggerita la possibilità per i clienti industriali di concordare in anticipo scambi contrattuali della loro produzione da una regione esposta a interruzioni a una regione meno esposta che si attivano in caso di allerta o di emergenza comunitari.
Si invita a prolungare, quando possibile, la vita delle centrali nucleari e a carbone e di allentare temporaneamente i limiti ambientali. Vengono indicate le linee guida per stabilire le priorità tra i clienti non protetti in caso di gravi interruzioni, che tengono conto di criteri sociali ed economici (catene di approvvigionamento transfrontaliere, danni agli impianti, industrie strategiche, valore aggiunto, addetti). Nella terza fase dell’«emergenza», sarà applicato il nuovo regolamento sullo stoccaggio del gas.
Il piano fornisce agli Stati anche le linee-guida con i criteri per identificare i settori critici dell’economia «che dovrebbero essere mantenuti in funzione il più a lungo possibile durante un’emergenza». La Commissione consiglia di «dare priorità alle industrie considerate critiche o strategiche dal punto di vista sociale, laddove un’interruzione avrebbe effetti devastanti sulle catene di approvvigionamento con un impatto su salute, sicurezza, ambiente, difesa e altri settori critici, come quello alimentare e le raffinerie».