Primo appuntamento al Bar Pasticceria Massimo 1970 con il bartender Luca Crinò che ripercorre con Linkiesta Eccetera la storia di alcuni drink antologici per gli appassionati di mixology.
A prima vista potrebbe sembrare una di quelle pasticcerie tipiche milanesi che attraggono prima con l’olfatto e poi a seguire con vista e gusto. Ma c’è di più. Quello che si scopre, una volta entrati, è che Massimo 1970 (in via G. Ripamonti, 5) è anche un cocktail bar molto speciale, con tanto di vermut e bitter della casa marchiati Crinò, come il cognome della famiglia che lo gestisce, creati dal bartender Luca e prodotti dall’azienda astigiana La Canellese
La prima ricetta non poteva non essere quella dell’Americano preparato con Crinò n.3 e Crinò n.7 in parti uguali, ghiaccio e 2 gocce di angostura.
«Ma partiamo dalle basi. L’Americano rimane il drink più popolare in Pasticceria Massimo 1970, con la formula Crinò (in bottiglia, prodotta in house) e che rispetto al classico Americano non prevede l’aggiunta di soda al bitter e al vermut, questo perché il bitter artigianale Crinò è totalmente naturale, con 3° in meno del leggendario Campari, e non ha bisogno di ulteriori diluizioni. Ha un carattere più dolce, con un finale amaro.
Il bitter che realizziamo artigianalmente ha una selezione di botaniche particolari: genziana in contrapposizione a tutte le famiglie di agrumi. Naturale perché i tre ingredienti che danno il nome alla formula Crinò n.3 sono ribes nero, carota e mela. Questi estratti danno il colore rosso rubino senza l’aggiunta di chimica. Il vermut Crinò n.7 è la mia prima formula con 7 ingredienti appunto. Base di Marsala – una nota fuori dagli schemi se pensiamo che i vermut sono prodotti generalmente con vitigni piemontesi come il Moscato e il Trebbiano – in omaggio alla storia siciliana della mia famiglia. Su questa base ho poi costruito il tutto con zenzero, bacche di goji, cacao, carrube, cardamomo e scorze di arance amare. Nasce un vermut più morbido, perfetto per questo americano rivisitato».
Seconda ricetta: il Boulevardier
Il cocktail Boulevardier è spesso liquidato come una semplice variante del Negroni. Nasce negli Anni 20 a Parigi da un barman americano che dedica il cocktail a uno scrittore che aveva fondato una rivista dal nome Boulevardier. Base Bitter, Vermut e, a differenza del Negroni, con il Bourbon whisky al posto del Gin. Sempre con l’aggiunta di due gocce di angostura.
«Questo è un drink armonico, dove i 3 ingredienti stanno insieme senza spigoli. Lo mixiamo e lo versiamo in una coppetta ghiacciata. Diamo un twist di scorza di arancia che lega il tutto. Il bello di questa ricetta è chiuderlo con una decorazione particolarissima: una foglia di coppa essiccata a bassa temperatura a 60° per 4 ore. Alla coppa diamo una glassatura con del Bourbon che dona un accento di grassezza a contrasto».
Chiudiamo con il re dei cocktail: Martini Cocktail.
«Martini cocktail: essere non apparire. Il Martini fissa il momento, il bartender deve cogliere l’attimo. Ci sono dei passaggi essenziale che io ho imparato da grandi maestri, ovvero i clienti. Il primo passaggio è raffreddare il mixing glass. Secondo passaggio dare la bagna del ghiaccio con vermut Crinò n.5. la terza produzione di casa, dove ho mantenuto un’aggiunta di Marsala che conferisce alla formula una nota sapida perfetta per la mia idea di miscelazione. Dopo che abbiamo fatto il passaggio di vermut per dare profumo al ghiaccio, noi lo teniamo con le olive che verranno messe in coppa a parte. Il Martini ha cento per cento base Gin.
Il nostro Gin Crinò n.10 ha alcol bio di cereali italiano, ginepro selezionato dall’Appennino umbro-toscano. Diamo la giusta diluizione con 20 girate di bar spoon. Sul top del drink diamo una spruzzata di oli essenziali come rifinitura. Io che sono un purista del Martini cocktail non amo sporcarlo con nulla, per chi vuole l’aggiunta di olive c’è la coppetta a parte e il gioco è fatto».
Non resta che ordinare il secondo giro.