Il polo elegante La gioiosa macchina da guerra della destra irresponsabile

Dopo una giornata da teatro dell’assurdo, Silvio Berlusconi è stato trascinato da Salvini e Meloni nei meandri del sovranismo con la speranza di una facile vittoria a ottobre. Ma bisognerà vedere se ci sarà l’emorragia di voti moderati, rimasti in questi anni dentro i confini di Forza Italia

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Matteo Salvini trascina Silvio Berlusconi al Papeete. Il Cavaliere è, meglio, era abituato alle cosiddette cene eleganti nei pressi del lettone che gli aveva regalato l’amico Vladimir Putin. Andare in giro in mutandoni con il cocktail in mano, tra deejay e glutei leopardati, a provocare crisi di governo non era nel suo stile. Ma quando si è prigionieri, la sindrome di Stoccolma trascina nel labirinto politico e magari al miraggio di una vittoria elettorale facile.

Ora questo centrodestra irresponsabile mette le sue impronte digitali sulla crisi di governo non votando la fiducia a Mario Draghi, levando a Giuseppe Conte il privilegio di iniziare la campagna elettorale dall’opposizione.

Nella convinzione di Salvini e del suo vassallo di guidare verso la vittoria una formidabile macchina da guerra, dimenticando che un’altra macchina da guerra nel passato occhettiano andò a sfracellarsi proprio sul muro di Forza Italia. Per la verità, in questo caso la macchina è più robusta e dall’altra parte ci sono solo pezzi di vetro, cocci che nessuna colla sembra poter riattaccare, ma in politica e in Italia mai dire mai. Salvini e Berlusconi non sono stati in grado di dire né si né no, hanno fatto uscire dall’aula i loro senatori. La reazione degli elettori, che avranno il tempo di capire il danno che stanno provocando, potrebbe essere micidiale, misteriosa, imprevedibile.

Forse nulla di tutto questo accadrà o forse a Natale mangeremo il panettone con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Molto dipende da cosa si inventeranno Enrico Letta e chi lavora al Terzo Polo, che a questo punto non ha più motivo di essere terzo.

Lo psicodramma si è consumato a Villa Grande, nella residenza romana di Berlusconi sulla via Appia. Da lì è venuto fuori il comunicato congiunto del cosiddetto centrodestra di governo, che chiedeva un Draghi bis con una compagine ministeriale rinnovata. Non bastava più che nella maggioranza non ci fossero i Cinquestelle.

Sembrava che potessero prevalere i moderati. Nulla però hanno potuto nei colloqui privati i ragionamenti di Gianni Letta. Nulla i timori di Giancarlo Giorgetti, le contorsioni democristiane di Maurizio Lupi e Lorenzo Cesa. Emarginati i governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga. La Lega di governo ha dimostrato di non avere voce in capitolo. Berlusconi conclude la sua parabola politica mettendo la coalizione in mano ai capi della destra.

Gli sfiniti partiti moderati del centrodestra vengono trascinati dal sovranismo dopo una giornata da teatro dell’assurdo. Il ministro Mariastella Gelmini lascia Forza Italia («voglio morire in piedi», ci diceva l’altro giorno) e si aspetta che lo facciano anche Renato Brunetta e Mara Carfagna, ma ci vuole una buona dose di coraggio per saltare giù dal carro dato per vincente da tutti i sondaggi.

Bisognerà vedere se ci sarà l’emorragia di voti moderati, rimasti in questi anni dentro i confini di Forza Italia, o se si chiude veramente «il sipario della storia trentennale» di questo partito, come sostiene l’onorevole Osvaldo Napoli, che in tempi non sospetti aveva lasciato i lidi berlusconiani per aderire ad Azione di Carlo Calenda.

Sono stati i Cinquestelle ad aprire un’autostrada elettorale al centrodestra. E nella Lega in molti hanno visto l’opportunità di tornare nei ministeri a gestire in prima persona da soli la politica immigratoria, a rottamare le cartelle, a mollare gli ucraini. Salvini sogna di recuperare i consensi persi a favore di Meloni, di riportarsi attorno al 20% per strappare alla leader di Fratelli d’Italia lo scettro della premiership.

Berlusconi farà il cespuglione e magari fare felice il suo amico del cuore, Felice Confalonieri, che fa il tifo per Giorgia. Farà felici anche i leghisti di casa sua, che avranno la rielezione assicurata.

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