La morsa delle sanzioni Putin dovrà scegliere tra il pane e i cannoni, dice Josep Borrell

L’Alto rappresentante dell‘Ue per gli affari esteri spiega che i sei pacchetti adottati contro Mosca mostrano la loro efficacia: la Russia non riesce a produrre missili di precisione, le auto saranno vendute senza airbag e cambio automatico, l’industria petrolifera soffre per la difficoltà di accedere a tecnologie avanzate

LaPresse

Sei pacchetti di sanzioni, 1.200 persone e 98 entità russe prese di mira. Josep Borrell, Alto rappresentante dell‘Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, in un intervento sulla Stampa sottolinea l’efficacia delle misure adottate contro Mosca dopo che Vladimir Putin ha deliberatamente violato il diritto internazionale invadendo l’Ucraina. «Costringendolo a scegliere tra pane e cannoni, le sanzioni lo chiudono in una morsa che si sta progressivamente stringendo», scrive.

«Se da un lato la Russia esporta molte materie prime, dall’altro è costretta a importare molti prodotti ad alto valore aggiunto che non produce. Per tutte le tecnologie avanzate, dipende per il 45% dall’Europa e per il 21% dagli Stati Uniti e solo per l’11% dalla Cina», ricorda Borrell. «Nel settore militare, che è cruciale nel contesto della guerra in Ucraina, le sanzioni limitano la capacità della Russia di produrre missili di precisione come l’Iskander o il KH 101. Quasi tutte le case automobilistiche straniere hanno deciso di ritirarsi dalla Russia e le poche auto prodotte da aziende russe saranno vendute senza airbag o cambio automatico».

Non solo. «L’industria petrolifera sta soffrendo non solo per l’abbandono degli operatori stranieri, ma anche per la difficoltà di accedere a tecnologie avanzate come la trivellazione orizzontale. La capacità dell’industria russa di mettere in funzione nuovi pozzi è probabilmente limitata. Infine, per mantenere il traffico aereo, la Russia dovrà ritirare dalla circolazione la maggior parte dei suoi aerei per recuperare i pezzi di ricambio necessari a far volare gli altri. A ciò si aggiunge la perdita di accesso ai mercati finanziari, la disconnessione dalle principali reti di ricerca globali e una massiccia fuga di cervelli».

E l’alternativa che la Cina potrebbe offrire all’economia russa, «rimane in realtà limitata, soprattutto per i prodotti ad alta tecnologia. Finora il governo di Pechino, che dipende in larga misura dalle esportazioni verso i Paesi sviluppati, non ha permesso alla Russia di aggirare le sanzioni occidentali. Le esportazioni cinesi verso la Russia sono diminuite in proporzioni paragonabili a quelle dei Paesi occidentali».

Questi impatti significativi e crescenti porteranno Vladimir Putin a modificare i suoi calcoli strategici? «Probabilmente non nell’immediato futuro», risponde Borrell. «Le sue azioni non sono guidate in prima battuta da una logica economica».

In più «entro la fine del 2022, avremo ridotto le importazioni di petrolio russo del 90% e stiamo diminuendo rapidamente le importazioni di gas», sottolinea Borrell. «Naturalmente, questa rapida uscita dalla dipendenza dall’energia russa crea anche serie difficoltà a molti Paesi dell’Ue e a diversi settori di attività. Ma questo è il prezzo che dobbiamo pagare per difendere le nostre democrazie e il diritto internazionale, e stiamo prendendo le misure necessarie per fare fronte a questi problemi in modo solidale».

Si discute poi di un possibile impatto di queste sanzioni sui Paesi terzi, in particolare quelli africani, che dipendono dal grano e dai fertilizzanti russi e ucraini. «Le responsabilità nella crisi alimentare sono chiare: le nostre sanzioni non colpiscono le esportazioni russe di grano o di fertilizzanti, mentre all’Ucraina viene impedito di esportare il proprio grano a causa del blocco del Mar Nero e della distruzione causata dall’aggressione russa».

Ma «la vera risposta alle difficoltà dei mercati energetici e alimentari mondiali è la fine della guerra», dice Borrell. «Questo non può essere ottenuto accettando il diktat russo, ma con il ritiro della Russia dall’Ucraina. Il rispetto dell’integrità territoriale degli Stati e il non uso della forza non sono principi occidentali o europei. Sono il fondamento di tutto il diritto internazionale. La Russia li calpesta allegramente. Accettare una simile violazione aprirebbe la porta alla legge della giungla su scala globale».

Di fronte all’invasione dell’Ucraina, «abbiamo iniziato a passare dalle parole ai fatti dimostrando che l’Europa, se provocata, può rispondere», conclude Borrell. «Poiché non vogliamo entrare in guerra con la Russia, le sanzioni economiche sono ora il fulcro di questa risposta. Stanno già iniziando ad avere effetto e ne avranno ancora di più nei prossimi mesi».

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