È atteso per oggi l’incontro tra il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, e quello di Azione, Carlo Calenda per un accordo sulla lista e le candidature, in modo da correre insieme verso le elezioni del 25 settembre. «Se c’è un progetto politico, sono pronto a fare un passo indietro», dice Renzi in un’intervista alla Stampa. «Carlo può fare il front runner in campagna elettorale e noi gli daremo una mano».
L’ex premier si dice convinto che «il terzo polo può prendere voti sia a Forza Italia che al Pd» e che, «con un buon risultato al proporzionale, poi possiamo essere decisivi in Parlamento per far tornare Mario Draghi».
Renzi spiega che nella costruzione di questo terzo polo «la leadership è la scelta finale, per me prima viene il progetto politico. Poi uno di noi farà un passo indietro. O entrambi. Io non ho problemi». Ma l’ultimo scoglio, prima dell’accordo finale, è proprio quello della leadership e delle candidature, con Calenda che reclamerebbe maggiore spazio in tv.
Poi ci sono i sondaggi, che non sono proprio positivi per Italia Viva. Renzi ha detto che con Calenda farà «il botto». E spiega che «molti sondaggisti vedono uno spazio per il terzo polo». Anzi, «la doppia cifra è sicura, il problema è se in mezzo ci sarà la virgola, io sono sempre contro le virgole. Comunque, basta guardare Berlusconi, che con i dati è sempre avanti e, infatti, ha iniziato ad attaccare me e Calenda. Se ci teme, vuol dire che si rende conto che possiamo portargli via i voti moderati».
Dall’altra parte, il segretario del Partito democratico Enrico Letta sostiene che così l’accoppiata Renzi-Calenda farà vincere la destra. Renzi risponde che «in un mondo normale, Letta avrebbe avuto tutto l’interesse a fare l’alleanza con il Movimento Cinque stelle e a favorire la nascita di un polo di centro, capace di portare via voti a Forza Italia, per avere collegi più contendibili. Invece, ha fatto una frittata. E ammetto che mi sono venuti i brividi quando ho visto Luigi Di Maio entrare al Nazareno». «Uno che, quando ero segretario, ha detto che avevamo le mani sporche di petrolio e di sangue e, in seguito, che rubavamo i bambini a Bibbiano. Qui non c’è un problema di coerenza, ma di dignità», dice Renzi.
Secondo l’ex premier, Letta «aveva tre strade. La prima era un grande accordo repubblicano e lì, lo dico prendendo un Maalox, avrebbe dovuto fare un accordo con Conte, perché i Cinque stelle al Sud hanno ancora una sacca di consenso importante. Seconda possibilità, presentarsi agli elettori nel nome di Draghi, unendo tutti quelli che lo rivorrebbero a Palazzo Chigi, ma lui ha messo il veto su di noi. Terza ipotesi, andare da solo come Pd e puntare a diventare il primo partito. Lui ha fatto un casino. Sapevo che è amico della Meloni, ma non fino a questo punto».
Ma la vittoria della destra non è scontata, secondo Renzi. «Credo che la partita sia aperta, nonostante Letta abbia fatto di tutto per chiuderla. Ha pure cominciato la campagna elettorale prospettando un aumento delle tasse. Un grande regalo a Berlusconi, che ora credo lo consideri il suo Letta preferito, al posto di Gianni». Invece, prosegue, «io penso che, se riusciamo a fare un bel risultato sul proporzionale, poi si apre la strada in Parlamento per tornare su Mario Draghi come presidente del Consiglio. Del resto, chi preferireste al tavolo europeo a discutere della riforma del patto di stabilità: Meloni o Draghi? Risposta facile».
L’obiettivo «di breve periodo è riavere Draghi, quello di medio periodo è mettere in sicurezza il Paese a livello economico. Nel lungo periodo, vorrei formare una grande casa liberaldemocratica, che possa giocare bene la partita delle prossime europee».
Al centro del progetto c’è la fantomatica «agenda Draghi» che – secondo Renzi – vuol dire «Europa e non sovranismo», «creazione di posti di lavoro eliminando la cultura del sussidio», «ambiente, quando sento dire che non si può fare il termovalorizzatore a Roma e poi vedo uno zoo con il festival dei cinghiali».
E con Calenda, «se saremo bravi, prenderemo voti sia a Forza Italia che al Pd: i moderati che non vogliono votare Meloni e i riformisti che non vogliono votare Di Maio. Potremmo spostare gli equilibri e ritrovarci a essere decisivi in Parlamento, anche se magari non subito numericamente. E noi in Parlamento ci sappiamo stare».
Ma «se vince la destra in pericolo non sarà la nostra Costituzione, ma le casse dello Stato. La flat tax sarebbe una follia, anche se buona per il mio portafoglio. Ma, a mio giudizio, la riforma della Costituzione va fatta». La necessità dell’elezione diretta c’è, secondo Renzi, «ma non del presidente della Repubblica, bensì di quello del Consiglio. Nell’epoca dei social, l’elezione diretta del capo del governo è necessaria. Una sola cosa chiedo a tutti, da Meloni a Letta: prendiamo un impegno perché la riforma costituzionale si faccia insieme».