Caos a sinistraLe condizioni di Emma Bonino: senza Nato e agenda Draghi, non si sta nell’alleanza

L’incontro chiarificatore che si sarebbe dovuto tenere ieri tra il segretario del Pd Enrico Letta e i leader di Sinistra Italia e Verdi, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, è stato rinviato. Su Renzi la senatrice dice: «Non vivo di rancori, evidentemente al contrario loro»

Foto Mauro Scrobogna/LaPresse

L’incontro chiarificatore che si sarebbe dovuto tenere ieri tra il segretario del Pd Enrico Letta e i leader di Sinistra Italia e Verdi, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, è stato rinviato a data da destinarsi. Bonelli ha chiesto che Letta rinegozi il patto con Azione e Più Europa. «Nessuna disponibilità a farlo», ha risposto Carlo Calenda. Mentre pure Luigi Di Maio con il suo Impegno Civico reclama «parità di trattamento».

Intanto, Emma Bonino, che si è spesa fino all’ultimo per trovare un accodo politico ed elettorale tra Azione-PiùEuropa e il Partito democratico, si limita a ripetere che «il tema riguarda il Pd». Ma i termini non negoziabili sono tre: «Europa, Nato e agenda Draghi». Poi, spiega alla Stampa, ci sono «i diritti, i rigassificatori necessari per sganciarci dal gas russo e il termovalorizzatore per risolvere la questione dei rifiuti di Roma». E ancora «politiche di bilancio improntante alla responsabilità, soprattutto verso le nuove generazioni».

C‘è chi dà il merito dell’accordo alla senatrice, ma lei racconta di essersi «limitata a dire che andando divisi c’era il rischio non solo che la destra potesse vincere ma stravincere, ottenere i due terzi del Parlamento e cambiare la Costituzione. Nulla di male, se fosse un normale centrodestra europeo, ma la prospettiva di una vittoria schiacciante della destra sovranista italiana che inneggia ai regimi illiberali faceva tremare i polsi. Certamente, PiùEuropa con il segretario Benedetto Della Vedova ha lavorato per smussare gli angoli. E ora la partita elettorale è riaperta e c’è la possibilità di vincere, perché da qui al 25 settembre le cose cambieranno».

Da un certo punto di vista, sarebbe stato anche più conveniente correre da soli (un sondaggio li accredita al 7%). «Avremmo ricevuto tanti applausi», ammette. «Ma c’è una questione di responsabilità: vogliamo contribuire a provare di ottenere una maggioranza alle Camere che dia al Paese un governo che prosegua l’agenda Draghi, che mantenga l’ancoraggio all’Europa e alla Nato, che allarghi i diritti civili conquistandone di nuovi, e che dia speranza ai nostri giovani, a partire dall’istruzione. Tutto questo con Meloni, Berlusconi e Salvini non è possibile».

Certo, ammette Bonino, «il Pd in questi tre anni ha preso una sbandata populista. Una mattina si è svegliato e ha scoperto che il M5S di Conte non era un riferimento per i progressisti, anzi. Conte è stato il più strenuo sostenitore dello stop alle armi all’Ucraina. E ho particolarmente apprezzato che Letta, nonostante il M5S, abbia tenuto la barra dritta sul governo Draghi, sulla Nato, sulla Russia e sull’Ucraina. Conte, invece, ha fatto cadere Draghi insieme al suo amico di vecchia data Salvini, mettendo in serio pericolo l’accesso ai fondi del Pnrr. Ora si sgola per dire che Draghi è caduto da solo, ma è evidente che non ci crede nemmeno lui a questa balla che si auto racconta. Ed è ben strano un Paese dove non si riesce più a dire dei sì o dei no chiari, usando degli arzigogoli parlamentari come presenti ma non votanti. Chissà se arriveremo a votanti ma non presenti».

Il no di Emma Bonino a Renzi in coalizione ha fatto molto discutere. E a Maria Elena Boschi che dice che il perché va cercato nella sua mancata conferma a ministro degli Esteri, risponde: «Non vivo di rancori, evidentemente al contrario loro. E in questo Paese è sempre più normale attribuire agli altri le proprie pulsioni».

E Di Maio? «So che stanno negoziando tal diritto di tribuna che non so bene cosa sia e non so se vale anche per Tabacci, ma veramente questo tema è compito di Letta, noi non c’entriamo niente. Certo sarà un po’ in difficoltà perché l’idea geniale votata dai suoi, tagliare per la quarta volta il numero dei parlamentari, non aiuta. Una cosa demenziale. Abbiamo provato a spiegarglielo in ogni modo. Ceccanti e i suoi ci dicevano: “Noi presenteremo una riforma complessiva delle istituzioni”, che ovviamente non si è più vista né sentita, e ora tutti debbono fare i conti con questa balla della riduzione dei costi della politica. Questo hanno fatto e ora si beccano le conseguenze».

X