Problemi in vistaFratoianni precisa che non farà campagna elettorale parlando bene del governo Draghi

Oggi con Letta «verificheremo se ci sono le condizioni per fare campagna elettorale sul nostro programma. Se qualcuno mi dice che per fare questa intesa devo accettare di non battermi più contro il rigassificatore di Piombino o devo votare per l’invio di armi all’Ucraina o per l’aumento della spesa militare allora arrivederci e grazie», dice il segretario di Sinistra italiana. E «il dialogo con i Cinque stelle va riaperto»

Foto Cecilia Fabiano /LaPresse

Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana e Angelo Bonelli dei Verdi incontreranno oggi il segretario del Pd Enrico Letta. Il giorno dopo il patto elettorale a tre con Azione e PiùEuropa, emergono i primi problemi nella futura coalizione. «Non farò mai campagna elettorale parlando bene del governo di cui sono stato opposizione», dice il segretario di Sinistra Italiana Fratoianni alla Stampa. «Altro che agenda Draghi: se nella coalizione c’è quello, allora non ci sono io».

L’accordo tra Pd e Azione «vincola quelle due forze, ma in nessun modo vincola l’alleanza con Sinistra e Verdi ai temi contenuti di quell’accordo», spiega. E se c’è l’agenda Draghi, «non ci sono io. Se qualcuno pensa che l’agenda programmatica della coalizione sia questa, non ci sarà l’alleanza con Sinistra e Verdi. Calenda parli di quel che vuole e vada in pace».

Oggi con Letta «verificheremo se ci sono le condizioni per fare campagna elettorale sul nostro programma. Se qualcuno mi dice che per fare questa intesa devo accettare di non battermi più contro il rigassificatore di Piombino o devo votare per l’invio di armi all’Ucraina o per l’aumento della spesa militare allora arrivederci e grazie. Senza rancori, ma arrivederci».

Il rigassificatore «noi pensiamo che non si debba fare e continueremo a batterci, saremo in piazza. Calenda se ne faccia una ragione».

Fratoianni intanto ieri ha votato contro l’adesione di Finlandia e Svezia alla Nato «perché quell’accordo si è consumato sulla pelle del popolo curdo: non avremmo dovuto accettare lo scambio che Erdogan ha preteso per togliere il veto. E penso che oggi più che di Nato e atlantismo dovremmo discutere di una difesa europea».

Come si coniugano queste posizioni con Calenda? «Chiediamolo a lui, invertiamo il punto di vista», risponde Fratoianni. «Il nostro programma non può essere vincolato alle idee, legittime, degli altri. Idee che però divergono in tanti punti dalle nostre. Intanto mi sono tolto una soddisfazione: dopo che per giorni Calenda si è occupato di collegi e candidature distribuendo veti, patenti, promozioni e voti, è passata la mia proposta di non candidare i segretari di partito nell’uninominale. Io non sono garantito da nessuno e non cerco garanzie, mi candido nel proporzionale e vengo eletto se prendo voti sul mio programma».

Cosa può unire allora? «La posta in gioco è duplice», risponde. «Di fronte a una destra estrema che col presidenzialismo e l’autonomia differenziata mette in discussione la Costituzione è responsabilità di tutti di ricercare fino all’ultimo momento il massimo della convergenza in quella parte della legge elettorale regolata dall’uninominale. Poi serve un programma coraggioso di cambiamento, un programma pacifista che metta al centro l’escalation diplomatica contro quella delle armi, l’istruzione gratuita, l’investimento nella sanità, la redistribuzione della ricchezza a partire dai grandi patrimoni, le energie rinnovabili e non improbabili ritorni al nucleare o l’orizzonte del fossile».

E ribadisce: «Noi non bussiamo a nessuno, il punto è se consideriamo utile o no questa alleanza. Abbiamo un problema che si chiama “destra” e dobbiamo fare come loro che litigano a morte ma un minuto dopo si siedono e trovano la massima convergenza. Pensiamo sia importante cercarla nei collegi uninominali, dove ogni voto conta».

E, secondo Fratoianni, «sarebbe stato giusto lavorare a una coalizione larga, partendo dal Conte II. Il dialogo con i Cinque stelle va riaperto. La politica non è mai una fotografia, è un processo in movimento».

Letta, invece, apre a Renzi. «Adesso non esageriamo», risponde.

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