L’intesa mancanteConfuso e infelice, il Pd non riesce a capire quali sono gli alleati giusti

Imbarcare Fratoianni permette di coprire l’area a sinistra, ma mette a rischio l’accordo con Azione. Un’impasse che alimenta nervosismo e illazioni, tanto che si sospetta che la strategia del caos sia voluta per addossare a Calenda (tentato dal Terzo polo) le colpe di una sconfitta

da Unsplash

Possibile che salti tutto per colpa di Nicola Fratoianni? Detta così sembra incredibile, ma dietro alla questione del “cocomero” rossoverde si nasconde evidentemente un problema di contenuti grosso come una casa: e al dunque è la virata a sinistra del Pd a rendere difficilissimo un accordo con Carlo Calenda.

Stamattina si vedranno i leader e si decide. Almeno si spera, dato che la telenovela sta logorando un po’ tutti. La giornata di ieri è trascorsa senza costrutto. A torto o a ragione, il vertice del Pd non ha fatto molto, al di là degli appelli di rito, per venire incontro alle richieste del leader di Azione, persino Letta nel pomeriggio ha perso la pazienza ma non ha avanzato nessuna reale proposta per sbloccare l’impasse: eppure chiedere alla premiata coppia Fratoianni&Bonelli di correre solo nelle loro liste nel proporzionale e non anche nei collegi uninominali non pareva impresa impossibile per un tessitore come il segretario del Pd; e anche un riferimento più forte alle politiche draghiane sarebbe stato semplice. Eppure, niente.

Il Nazareno dà una versione sua dei fatti: giovedì Letta e Calenda avrebbero raggiunto un accordo, suggellato da una stretta di mano, che prevedeva Di Maio, Fratoianni, Bonelli, Gelmini e Carfagna nei collegi uninominali. Ma il Pd non si si spiega cosa sua successo nel weekend al capo di Azione, che invece avrebbe posto il veto esattamente su tutto questo.

Come che sia, ieri Letta non ha voluto dare l’impressione di essere messo sotto scacco dal mai amato leader di Azione – non accettiamo veti – e soprattutto sembra che i due uomini forti del Pd, soprattutto Dario Franceschini ma anche Andrea Orlando, siano apparsi intransigenti. Il dubbio che circola è che specie il ministro della Cultura, considerando in ogni caso persa la partita del 25 settembre, stia costruendo la narrazione con la quale scaricare tutto il peso della disfatta su Calenda, senza peraltro che questo salvi il segretario da una finale resa dei conti da film di Sergio Leone nella quale sarebbero protagonisti “Dario” e Orlando (che però in questi anni non stavano su Marte) per quello che potrebbe essere il congresso più drammatico della storia del Pd. Senza Azione tra i piedi, inoltre, potrebbero esserci più posti per i seguaci dei due capicorrente, compresa la moglie di Franceschini, Michela Di Biase, possibile candidata a Roma 1, dove vorrebbe correre proprio Calenda, ma queste sono cattiverie che circolano in un ambiente, quello dem, dove in queste ore pessimismo e nervosismo si alimentano reciprocamente come la fame e la sete.

Dal canto suo il martellamento di Calenda su Twitter è stato incessante, a riprova che l’uomo, pur nel suo amletismo, è fortemente tentato di andare a costruire il Terzo polo con l’amico-nemico Matteo Renzi e pronto a scommettere in solitaria sulla prossima implosione dei due poli: uno facilmente prevedibile, un sinistra-centro sull’orlo del baratro.

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