Qualcuno deve pur cominciare a scusarsi, quindi comincio io. Io che dodici anni fa andai a un convegno organizzato dal Pd e, sentendomi Gramsci, dissi loro che dovevano smetterla di snobbare il paese reale, cioè Carolina Invernizio, cioè Maria De Filippi. Col risultato che l’inseguimento del nazionalpopolare da parte della classe dirigente di sinistra è diventato così smanioso che mi chiedo chi sarà il primo aspirante qualcosa di sinistra a farsi un turno da tronista.
(Renzi no, lui il turno defilippico se l’è già giocato ad “Amici”. Calenda no, è troppo impegnato a dire che lui è una persona seria, come le soubrette che rimarcano d’aver dato quattro esami a Lettere. Letta figuriamoci, troppa l’esattezza del soprannome datogli da Luca Bizzarri nel suo nuovo podcast “Non hanno un amico”, «Letta, professione: scacciafiga». Forse il nuovo Costantino Vitagliano potrebbe essere Fratoianni).
Comincio a scusarmi io, che sono la Cassandra che vi potete permettere. Io che scrivo, illudendomi sia un’iperbole, che si polemizza su quanto inquinino gli aerei privati su social i cui server inquinano come intere flotte di Mig, e non passa neanche una settimana e veramente l’istanza di sinistra diventa vietare gli aerei privati.
Ora, il punto non è se un volo privato inquini più d’un Easyjet, o se il concetto stesso di Easyjet (più in generale: di voli a basso costo) sia la rovina del pianeta (se non le facessi viaggiare a 29 euro, otto miliardi di persone non prenderebbero aerei con una certa qual disinvoltura).
Potrebbe semmai essere, il punto, che vietare gli aerei privati è un’istanza la cui demenza è pari a quella di chi ritiene che i bambini nati dalla gestazione per altri siano rapiti alle legittime madri, e però non arresta chi torna dall’estero con un figlio avuto così, né gli toglie i figli restituendoli a chi li ha partoriti (sarebbe un bellissimo reality, il tentativo di consegnare bambini a donne che dicono ma chi lo vuole, io mica l’ho partorito per me, tenetevelo, non erano questi i termini del contratto).
Nell’impossibilità di fare una legge che mi vieti di viaggiare comoda, tutto quel che puoi ottenere è di farmi intraprendere, oltre che il turismo della gestazione, quello dei voli privati; cioè, di farmeli prendere a noleggio da società estere invece che italiane. Cioè: l’istanza di sinistra è delocalizzare e togliere posti di lavoro agli italiani.
In America, dove gli aerei privati e la gestazione per altri sono considerati normali, questa comunicazione per cui è tutta colpa dei ricchi in questo momento s’incentra sull’acqua: è contingentata, e Kim Kardashian ne usa fantastiliardi di metri cubi, datele l’ergastolo (invece di: fategliela pagare, con quei soldi magari aiutate qualche povero). È tutto sballato, pure i flussi comunicativi: la polemica sulla Kardashian qua potrebbe fare da promozione a “Siccità” (il film di Paolo Virzì che sarà a Venezia), e lì non serve a niente.
Ma, dicevo prima di eccezionalmente divagare, il punto dell’abolizione dei voli privati non è la sensatezza o la demenza dell’istanza: è che è impossibile capire se sia una proposta seria. Le migliori menti di generazioni che non brillano per migliori menti sono dedite alla comunicazione social dei politici, con risultati catastrofici.
Quando Letta ritwitta il dualismo tra guanciale e pancetta (comprensibile ai non romani quanto il doppiaggio di Zerocalcare, ma di nuovo: non è neanche il problema principale di quel tweet), e nei giorni successivi twitta le versioni che dovrebbero essere serie di quel dualismo, si è ammazzato da solo l’efficacia del cancelletto «Scegli». Mi stai dicendo seriamente che le elezioni si giocano sulla scelta tra modelli energetici, salariali, di diritti civili, o è tutta una puttanata come pareva da guanciale e pancetta? Qual è il registro di questa comunicazione? Non lo sai neanche tu?
(Non lo sa neanche Calenda, che prima stigmatizza Letta che fa i meme e poi twitta meme derivativi dei meme di Letta: questa fuga dalla scuola media è appassionantissima).
Continuo a scusarmi io – in attesa che si scusi un po’ chiunque si occupi di comunicazione in questo derelitto paese – dell’aver detto alla sinistra italiana che era inspiegabile non stessero su TikTok. Proprio Carlo Calenda si è aperto un TikTok, e ha deciso che si distinguerà per spessore contenutistico.
Non avendo evidentemente mai scorso TikTok in vita sua, ha esordito dicendo che lui non farà i tutorial di trucco e parrucco (non ne ho mai incrociato uno, e passo le mie giornate su TikTok) ma che parlerà di cultura.
Con le credenziali di uno che non riesce a fare un tweet senza errori d’ortografia, Calenda ha deciso che su TikTok consiglierà libri. Ieri ha svelato l’esistenza del “Gattopardo” e dei “Viceré”, casomai aveste saltato le medie e non vi avessero dato le letture obbligatorie per le vacanze. Due giorni prima ha consigliato una biografia di Lincoln di cui non sapremo mai titolo né autore giacché lui non li dice nella sua breve orazione, e chiunque gli monti i video ha messo il fumetto con la domanda del follower proprio di fronte al punto dell’immagine in cui il divulgatore culturale che ci meritiamo mostra la copertina del tomo.
Già lo sento, Calenda, dire che bisogna occuparsi di programmi, mica di queste stronzate – per esempio: benissimo investire soldi in sanità perché mancano medici, ma i soldi a chi li diamo visto che non ci sono abbastanza medici formati e tocca farsi curare dagli specializzandi o importare dottori dal terzo mondo?
E io sarei anche d’accordo a parlare di cose serie: calerebbe tantissimo l’attenzione del pubblico, ma è un sacrificio che sono disposta a fare; il punto è: sono disposti a farlo anche i candidati? Perché, considerato lo zelo con cui si dedicano ai meme, mi pare che il loro dire di voler disintossicare l’elettorato dalle stronzate sia attendibile come una clinica di disintossicazione dalle droghe diretta da Keith Richards.
(Mi scuso: non ho parlato di Matteo Salvini che in diretta su TikTok saluta la fidanzata, né di Giorgia Meloni su Instagram che va al paese di Rocco Casalino a fare i panzerotti. Se per tre quarti d’ora la sinistra smettesse di coprirsi di ridicolo, io magari avrei tempo per occuparmi del ridicolo di destra).