«È un’iniziativa unica nella storia: il calcio contro la guerra in mezzo a una guerra, il calcio per la pace». Le parole dette da Andriy Pavelko, presidente della Federcalcio di Kyjiv, a fine luglio al Guardian anticipavano già quello che sarebbe stato un mese dopo: un campionato di calcio che riprende in un Paese in guerra, nella guerra più mediatizzata degli ultimi anni. Ad alcuni sembra una follia, a dispetto delle misure di sicurezza messe a disposizione dal governo – stadi con sirene e rifugi antiaerei, armi difensive piazzate intorno agli impianti, arbitri addestrati su cosa fare in caso di attacco russo, pubblico totalmente assente – ma nulla racconta l’Ucraina contemporanea, e non solo degli ultimi mesi, come questa storia.
Che non sia più solo calcio è abbastanza evidente agli occhi di chiunque. Tutto, nella nuova Prem”jer–lіha, è stato organizzato per essere un messaggio di propaganda a mezzo sportivo, per la popolazione ma anche per l’invasore russo: ricominciare a giocare come manifestazione di resistenza e patriottismo. A partire dalla scelta dell’insolita data, quella di martedì 23 agosto, cioè il Giorno della Bandiera, la festa nazionale che celebra il primo innalzamento del vessillo giallo e blu avvenuto nel 1990 (anche se in realtà è successo il 24 luglio, che è stato giorno di celebrazione fino al 2004, ma solo a Kyjiv).
I primi match del campionato 2022/2023 sono stati accompagnati dal minuto di silenzio e dal video-messaggio del presidente Zelensky; il calcio d’inizio della partita inaugurale tra Shakhtar Donetsk e Metalist Kharkiv, svoltasi nel campo neutro di Kyjiv, è stato addirittura affidato a Yaroslav Golyk, uno dei soldati sopravvissuti all’assedio di Mariupol.
E altrettanto simbolica è la presenza, tra le sedici contendenti al titolo, del FK Kryvbas, neopromossa d’ufficio dopo l’impossibilità a partecipare al torneo del Desna e del Mariupol. La squadra proviene da Kryvyi Rih, la città dov’è nato Volodymyr Zelensky, che si trova nell’Ucraina centrale a soli 40 km dal fronte: il club ha deciso di non abbandonare il suo stadio, il più orientale dei quattro in cui si svolgerà il campionato, trasformandosi immediatamente in un perfetto simbolo nazionale. Anche perché in panchina siede Jurij Vernydub, l’allenatore che un anno fa guidò il sorprendente Sheriff Tiraspol in Champions League, salvo poi lasciare il club in primavera per tornare in Ucraina a combattere.
Nulla di tutto ciò, però, deve sorprendere fino in fondo: in Ucraina, il calcio è sempre stato un elemento identitario fortissimo fin dai tempi dell’Unione Sovietica, si è ovviamente rafforzato dopo l’indipendenza e, ancor più, in seguito allo scoppio della guerra nel Donbass nel 2014. Da circa vent’anni, i tifosi di calcio di tutta Europa hanno imparato a conoscere lo Shakhtar Donetsk come una delle squadre più interessanti del continente, capace di vincere la Coppa UEFA nel 2009 e di raggiungere i quarti di Champions League due anni dopo. Dal 2014, a causa della guerra, lo Shakhtar si è dovuto trasferire a giocare a Kyjiv, e una cosa simile è successa allo Zorja Luhansk, altra squadra del Donbass che di recente ha preso spesso parte alle coppe europee, che si era dovuto spostare invece a Zaporizzja. Nomi e situazioni ben noti ai fan di Inter e Roma, che nelle ultime stagioni hanno affrontato entrambe le squadre più celebri del Donbas, scoprendo di dover fare delle trasferte tecnicamente in campo neutro.
L’Ucraina è perfettamente consapevole di come viene vista dall’esterno. In questi mesi si è parlato tanto dell’esportazione del grano, ma fino a prima dell’invasione russa l’opinione pubblica occidentale conosceva questo Paese principalmente in quanto esportatore di calciatori di talento. Ci sono giocatori ucraini in quasi ogni campionato dell’Europa occidentale, e dallo scoppio della guerra le loro voci sono state tra quelle che si sono sentite maggiormente nella sensibilizzazione dei tifosi verso quanto stava accadendo a Est, dalla maglietta esposta da Roman Yaremchuk del Benfica dopo un gol in Champions League fino alla raccolta fondi organizzata da Ruslan Malinovskyi dell’Atalanta e alle parole di Oleksandr Zinchenko del Manchester City (ora all’Arsenal). Uno dei principali ambasciatori dell’Ucraina è stato ovviamente Andriy Shevchenko, che ha rilasciato diverse interviste con i media occidentali e ha svolto un importante lavoro di mobilitazione, per il quale è stato ringraziato di persona da Zelensky: secondo il Presidente, la missione dell’ex-milanista è infatti quella di «raccontare al mondo gli eventi in Ucraina e usare la sua autorità per aumentare gli aiuti».
Da strumento di sensibilizzazione verso l’esterno, oggi il calcio in Ucraina torna a essere mezzo di coesione nazionale. La ripresa del campionato locale è solo una tappa su un percorso iniziato già con il ritorno in campo della Nazionale a maggio, in preparazione dei playoff di qualificazione ai Mondiali 2022, spostati a inizio giugno a causa dello scoppio del conflitto. Anche se l’approdo in Qatar è fallito, l’immagine della selezione costretta ad allenarsi e giocare sostanzialmente in esilio ha rappresentato un forte collante per la popolazione, perfettamente rappresentata dal poster della Nazionale con la scritta “Insieme siamo più forti” che fa capolino in un rifugio improvvisato nella metropolitana di Kyjiv.
Il compito dello sport è anche quello di dimostrare che il Paese riesce ad andare avanti nonostante la Russia occupi parte del suo territorio, ma nascondere le difficoltà del calcio locale non sarà semplice. Su tutte spuntano quelle dello Shakhtar Donetsk, che a dispetto della fama di squadra simbolo che si è ritagliata in questi anni ora si ritrova in una situazione tecnica piuttosto delicata: la sua celebre colonia straniera si è alleggerita di ben nove elementi, liberatisi a parametro zero o comunque per cifre molto inferiori all’effettivo valore di mercato, di fatto smembrando una squadra che da anni è tra le più competitive in Europa. Il club ha accusato la UEFA e la FIFA di essere stato abbandonato, e la protesta è arrivata addirittura sulle pagine del New York Times. Oltre a questo, resta da vedere se sarà effettivamente possibile portare a termine il campionato in tutta sicurezza, dato che già per problemi logistici è stato necessario rinviare la partita di mercoledì tra Mynaj e Lviv. Nello stesso giorno, la sfida tra Rukh e Metalist è stata sospesa dopo 43 minuti dall’allarme antiaereo.