C’era una volta la stazione di sosta e rifornimento. E c’è ancora, per quanto in una veste rivisitata e carbon free. Infatti, seppure molto sia cambiato dalle diligenze, che necessitavano di un cambio di cavalli, alle auto elettriche, che invece abbisognano di una ricarica, l’esperienza del viaggio include tuttora un antico elemento dell’era automobilistica: la stazione di sosta intermedia, una tappa essenziale per riposarsi e soprattutto per fare rifornimento energetico.
Agli esordi delle auto a benzina, un intero sistema era nato per alimentarle: la Ford T riusciva a percorrere circa 33 km con 4,5 litri di benzina, ma le stazioni di servizio erano poche e i viaggiatori dovevano pianificare attentamente i viaggi per assicurarsi di non restare senza carburante tra una sosta e l’altra.
Oggi lo stesso vale per i primi utilizzatori di veicoli elettrici, costretti a studiare la disponibilità di colonnine di ricarica, ma con una differenza importante: mentre un normale serbatoio può essere ricaricato in pochi minuti, per l’auto elettrica si va da mezz’ora per un rapido rabbocco a tutta la notte per una carica completa.
In più c’è il problema della distribuzione delle citate colonne: secondo Motus-E, sito che monitora la situazione dell’infrastruttura e la riassume a cadenza trimestrale, nel luglio 2022 in Italia c’erano 30.000 i punti di ricarica per auto elettriche suddivisi in 15.674 colonnine e dislocati su 12.410 location accessibili al pubblico. Non poche, considerato il calo delle vendite di auto elettriche registrato quest’anno nel nostro Paese – in controtendenza rispetto al resto d’Europa – pari al -29,69%, per un totale di 2.278 unità immatricolate.
Assai più limitato, però, il numero di stazioni in autostrada: stando alle rilevazioni, sono solo 235, di cui 151 con ricarica veloce o ultraveloce. Considerando che la rete italiana autostradale complessiva è di circa 7.318 km risultano 2,1 punti di ricarica veloce e ultraveloce ogni 100 km.
Negli Stati Uniti per ora circolano solo circa 2,3 milioni di veicoli elettrici, poco meno dell’1% delle auto e dei camion in circolazione. Ma si stima che entro il 2050 i veicoli elettrici rappresenteranno dal 60% al 70% dei veicoli su strada, e che essi avranno bisogno di stazioni di rifornimento ad hoc. Per questo si moltiplicano le sperimentazioni di stazioni di sosta in cui le ore necessarie alla ricarica di un auto consentano di ricaricare le batterie anche dei guidatori in un modo molto più “olistico” di quanto avvenga negli odierni equivalenti degli autogrill.
Già ora Disney offre la ricarica ai veicoli elettrici in tutti i suoi parchi a tema e resort, con posti privilegiati posizionati vicino ai cancelli d’ingresso. Il National Park Service ha una rete di stazioni di ricarica vicino ai parchi da Yosemite e Yellowstone alle Everglades e Cape Cod National Seashore. Ma alcune aziende si sono spinte a immaginare stazioni di ricarica che siano non tappe di un viaggio, bensì destinazioni a sé stanti.
Una collaborazione tra BMW Designworks e lo studio di design e architettura Gensler, nota come “Architecture X Mobility“, ha promosso la creazione di “Nth Spaces”(Neither spaces): spazi, cioè, che non sono né casa né lavoro, ma qualcosa tra i due e che promuovono, secondo le dichiarazioni,«la mindfulness, le interazioni sociali o il lavoro, mentre la ricarica del veicolo diventa una funzione secondaria».
Il programma prevede la sostituzione delle stazioni di servizio con «centri comunitari new age», quali il tipo definito “The Zone” (con Spa, studi di yoga, Zen pods, isole zen), o come il genere “The Booster ” (un «centro di produttività e networking») o come “The Clubhouse” (una «destinazione urbana unica» per la socializzazione).
In Canada, oltre 100 designer e architetti hanno partecipato al concorso per la progettazione della Stazione di rifornimento elettrica del futuro finalizzato a rispondere alla domanda: «Come possiamo ricaricare non solo le nostre auto, ma anche noi stessi allo stesso tempo?».
L’opera vincitrice, dell’architetto scozzese James Silvester, combina una stazione di ricarica con una struttura per rilassarsi in legno e piena di piante, alimentata a energia solare. Il secondo premio è andato agli architetti turchi Fabric.a, che hanno proposto una stazione di ricarica con aree giochi e sale da pranzo sotto una tettoia verde. Altri progetti hanno incluso parchi per cani, piste da jogging e ciclabili e persino colline per slittino.
Queste prospettive, apparentemente rigeneranti, rivelano però un lato oscuro: sebbene molte di queste stazioni di ricarica enfatizzino la condivisione degli spazi e l’interazione tra le persone, è un dato di fatto che le auto elettriche per ora appartengano a fasce privilegiate della popolazione.
Il rischio implicito, dunque, è che queste stazioni e i relativi spazi di benessere diventino aree esclusive, in cui sono pochi privilegiati a poter godere delle ultime offerte nel campo del benessere e della tecnologia, mentre ai proprietari di auto tradizionali restano stazioni di serie B, senza il wi-fi o con cibo confezionato. Si tratta di qualcosa che già avviene oggi negli aeroporti, dove la sala di attesa per i clienti premium non è quella dove bivaccano i passeggeri dell’economy.
Certo, può darsi che una progressiva democratizzazione del costo delle e-car estenda a tutti i guidatori l’accesso a queste stazioni di lusso. Può anche darsi che una tecnologia disruptive renda obsoleti entrambi i tipi di auto, annullando queste incertezze. Nel frattempo, però, chi si mette per strada su un’auto tradizionale deve accontentarsi di distributori e autogrill, mentre chi lo fa su una e-car, in attesa di spazi di decompressione hi-tech, ha poche occasioni di godersi il viaggio senza l’ansia della ricarica.
Insomma, al momento entrambe le categorie patiscono i limiti connessi al servizio della propria auto. Vedremo quale delle due sarà penalizzata più avanti. Quello che è certo, è che, abbia stazioni di servizio o no, la strada del futuro non è stata ancora definitivamente tracciata.