La strategia del voto utile contro l’avanzata del centrodestra non decolla. «Enrico e tutti noi dobbiamo trasmettere l’idea che la partita è riaperta e che si può formare una maggioranza per governare alternativa a quella di centrodestra». Come racconta La Stampa in un retroscena, il capo della sinistra interna del Pd Andrea Orlando avrebbe detto al segretario Enrico Letta che sarebbe opportuno indicare una prospettiva chiara agli elettori. Ovvero che, malgrado tutto, «un campo largo, dal Terzo polo ai Cinque Stelle, si può realizzare in una maggioranza di governo dopo il voto». Un segnale che – secondo il ragionamento di Orlando – andrebbe trasmesso ora, per dare ai cittadini un’alternativa concreta rispetto a quella di un governo Salvini-Meloni.
Il flop del messaggio del voto utile del resto è confermato dai gradimenti in crescita per il Terzo polo e i grillini. Gli elettori sono propensi a scegliere la forza in cui più si riconoscono. Purtroppo per i Dem, non passa il messaggio che per vincere quei 221 collegi uninominali bisogna votare solo per il Pd e non per altri partiti, altrimenti vincono i candidati di destra.
Per Orlando, però, «nell’ultima settimana cambieranno i numeri e il voto al Pd può essere una scelta fatta all’ultimo momento. Ma non bisogna dare l’idea che la partita è persa, se no ognuno vota chi gli sta più simpatico».
Ma nel caso si realizzasse la sconfitta annunciata dai sondaggi andati in onda fino al 9 settembre, Orlando garantisce che non chiederà una defenestrazione di Letta. E se un congresso sarà d’obbligo, «ci sarà da discutere su come farlo. A quel punto andrebbe organizzato un evento rifondativo del campo progressista. Non un congresso del Pd per scegliere un nuovo segretario, magari tra tesi contrapposte: tra chi vuole allearsi con Calenda e chi con i Cinque Stelle. Quella sarebbe una manifestazione di subalternità e sarebbe il modo per far estinguere il Pd. Bisognerebbe invece interrogarsi più a fondo su cosa fa e dove va la sinistra in Europa o nel mondo».
Ma sono in molti a temere uno scontro se si celebrasse un congresso tra due fazioni contrapposte, tra la sinistra dem con Provenzano candidato e i riformisti con Bonaccini. Non è passato inosservato, tra l’altro, un «like» di Nicola Zingaretti ad un video di Conte su Instagram, seppur accompagnato subito dalla smentita del suo staff che «è stato un errore». Molti ricordano le parole del governatore, che ha ammesso giorni fa di «non aver gioito per la rottura con i Cinque stelle», pur definendo «inevitabile lo strappo con il Pd…».
Intanto però, racconta sempre La Stampa, da Fratelli d’Italia hanno notato un atteggiamento poco oppositivo da parte del leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte rispetto alla proposta di una bicamerale per per le riforme costituzionali. Conte considera la prossima come una potenziale «legislatura costituente». Convinto che, se il Movimento farà un risultato sopra le attese, e avrà una discreta pattuglia di uomini in Parlamento, potrà giocare un ruolo in asse con Meloni, scalzando il Pd che al momento si è detto contrario a convergere su una bicamerale. Non si parla di governare assieme. Si tratta di un «flirt», concentrato sulle riforme, che offrirebbe una sponda a Meloni per dimostrare che erano reali i suoi propositi di non cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza.
Meloni punta al presidenzialismo, che in realtà sarebbe il semi-presidenzialismo alla francese. Il segretario del Pd Enrico Letta ha detto di no, nonostante fosse stato proprio il suo partito in passato a formulare la stessa proposta. Conte, invece, si è mantenuto più cauto nelle reazioni. D’altronde, come ricordano diversi deputati grilli, meno di un anno fa, nel dicembre 2021, proprio ad Atreju, a domanda diretta l’ex premier non bocciò il presidenzialismo. Conte ora non vuole precludersi nessuna interlocuzione.
Anche Matteo Renzi, che ha lanciato l’idea del sindaco d’Italia, ha accolto bene l’idea di Meloni sulla bicamerale, definendola «tutt’altro che disprezzabile», tanto più ora che, come vuole fare Conte, può approfittarne per isolare il Pd. Alla fine anche il leader di Azione Carlo Calenda ha detto sì: «Una commissione bicamerale è una buona proposta di metodo. Basta che non rimanga una boutade da campagna elettorale. Se si farà, ci impegneremo».