In questo scenario che ricorda Adrian Brody zoppicante in una città distrutta (“Il pianista” di Roman Polanski), vai a capire cosa ci si inventerà. In questo campo anti-destra pieno di macerie, mentre il Partito democratico apre di fatto un congresso che non si sa cosa sarà e tantomeno cosa deciderà, Carlo Calenda, che non è affatto entusiasta del voto di domenica, prova a cercare una strada per il Terzo Polo (che sarebbe ora si desse un nome decente) ripartendo da una prima pietra magari non solidissima ma che c’è, la pietra del 7,8% preso da Azione-Italia viva-Renew Europe.
È un risultato che ha deluso chi, proprio come Calenda, sperava nelle due cifre: «L’obiettivo di fermare la destra e andare avanti con Draghi, che sarebbe stato possibile se avessimo avuto un risultato a due cifre, non è stato raggiunto». Già, è andata diversamente. L’onda nera ha sommerso il Nazareno ma ha schiaffeggiato anche Azione-Italia viva, e non c’è margine per una ricomposizione dopo lo strappo di luglio.
Tutto è diventato maledettamente complicato, ossificato nelle foto esultanti di Giorgia Meloni e nella risata di Ignazio La Russa. Rimboccarsi le maniche dopo una batosta simile – simboleggiata dal primato dei post-fascisti – non è facile eppure è esattamente quello che il leader si Azione vuole fare: «Adesso stiamo lavorando su gruppi unici, federazione e tempi del processo costituente», ci dice Calenda. Destinazione: un partito vero. Una casa tra destra e «una sinistra sempre più populista che nascerà dalla saldatura tra Pd e Cinquestelle».
Matteo Renzi è lontano, in Giappone per i funerali dell’ex premier e amico Shinzo Abe, assassinato a luglio, sabato parlando con amici aveva previsto che la lista sarebbe andata bene pur senza sfondare. È significativo che abbia cambiato l’immagine su Facebook: sopra la foto, una scritta: Renew Europe. Italia viva si avvia all’uscita. È chiaro che dovrà fare la scelta di saldare in modo strutturale Italia viva con Azione con un obiettivo di medio periodo: «Alle Europee possiamo raddoppiare i voti ottenuti domenica – ci dice Sandro Gozi, instancabile costruttore di Renew Europe – ma per far questo dobbiamo aprire le porte a tutti i democratici, riformisti, europeisti, liberali. E i radicali saranno con noi perché in Europa stanno in Renew Europe».
Nella sua conferenza stampa di ieri, Calenda è stato non solo molto duro verso la destra vincitrice ma, se posiamo dire così, proprio nei confronti della politica italiana – un po’ sulla falsariga della denuncia del bipopulismo tante volte raccontato qui su Linkiesta -, finanche di un’opinione pubblica che da una parte apprezza Mario Draghi e dall’altra vota per i partiti che lo hanno fatto cadere o gli si sono opposti. Ma come si vota, in Italia? L’assillo di Calenda pare dunque quello della ricostruzione di un filo logico e di una normalità della lotta politica, esattamente il contrario di quello che si è visto in questa pazza legislatura con il coronamento finale della vittoria di un partito estremista come quello di Giorgia Meloni.
E il Pd? Calenda non la dice così, ma di fatto sta lanciando una sua piccola opa su un partito allo sbando – il discorso delle «porte aperte» – non casualmente speculare a quella che sta lanciando Giuseppe Conte sempre sul Nazareno: «Vi aspettiamo, il Pd riformista è un progetto fallito, prendetene atto».
Chiaro: che faranno i riformisti se il Nazareno dovesse diventare una succursale del contismo? Intanto in Parlamento ci sarà opposizione dura parallelamente alla costruzione di un processo unificante, verso un partito nuovo. Una scommessa non facile, ma nulla è diventato facile per chi sta da questa parte del campo.