Generazione POVLa lotta di classe comincia già prima del parto, con i (costosissimi) test prenatali

Perché non si fanno più amniocentesi e villocentesi gratuite? Non esiste una risposta ufficiale, ma l’età delle mamme si è alzata, e i costi di screening invasivi e relativi approfondimenti sarebbero insostenibili per la sanità pubblica

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La generazione diventata famosa per i Point Of View è arrivata a spiegarci che cos’è la lotta di classe. Mentre Chiara Ferragni pubblica un video della telecamera di sicurezza dove suo figlio le dice che è un fiore, ed è tutto tenerissimo e super cute, la generazione dei POV dice che quella cosa lì non si fa, che è più sbagliata delle altre. No, non lo è, è esattamente come il resto: sono tutti troppo presi a fare filosofia morale, quando l’unica domanda da farsi sarebbe: quello è lavoro minorile? Stiamo riproducendo l’esperimento carcerario di Stanford, e non può finire bene.

Ora che sappiamo che cos’è la lotta di classe, che ci sono le classi sociali, cosa è consenso e cosa no, che i ricchi fanno schifo, che abbiamo malattie che non sapevamo di avere dopo aver medicalizzato anche l’anima, mi preme dire solo una cosa: non siamo tutti deficienti. 

Parliamo pure di astrofisica, di quanto misura la morale di chi posta i video dei figli minorenni, di quanto consuma un elicottero, come se fossimo tutti diventati degli eroici Zapruder. Parliamo di cose da ricchi che non dovrebbero esserlo, e no, non sono le brioche di Sissi. L’amniocentesi e la villocentesi fino a pochi anni fa erano gratuite per le gestanti sopra i 35 anni: quando io ho partorito nel 2016 questa opzione c’era. Adesso non più, solo nei casi in cui il feto presenti delle anomalie. 

Quasi tutte le donne incinte effettuano il test del DNA fetale, che è un test a pagamento (se non in alcune illuminate regioni in cui è per ora gratuito), probabilistico e non diagnostico, con un costo medio di 800/1000 euro. Se il test del DNA presenta delle criticità, si fanno villocentesi o amniocentesi, che hanno un rischio basso di aborto. 

«Spesso il comparare i due rischi (rischio di avere un figlio malato e il rischio di abortire un figlio sano per le complicanze legate alla procedura invasiva) può aiutare a prendere una decisione, anche se i due eventi negativi hanno significati e pesi ben diversi per la singola donna. La domanda da porre alla donna/coppia è: la preoccupa di più avere un figlio malato oppure avere un aborto come possibile conseguenza di un esame invasivo?» c’è scritto in un documento dell’Associazione degli Ostetrici e Ginecologi Ospedalieri Italiani (Aogoi), e mi sembra il punto centrale della questione. 

È una decisione morale? È una decisione sanitaria? È eugenetica? I proprietari di jet privati cosa ne pensano? Il margine di errore dei test di screening si aggira intorno all’1%, e quell’1% è tutto nei gruppi Facebook di mamme. 

Perché non si fanno più amniocentesi e villocentesi gratuite? Non esiste una risposta ufficiale, ma l’età delle mamme si è alzata, e i costi di test invasivi e relativi approfondimenti sarebbero insostenibili per la sanità pubblica che si raccomanda: «il test sia inserito nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e/o nei percorsi regionali della gravidanza fisiologica, per lo screening delle trisomie 13, 18, 21, nella prospettiva di una sua implementazione a livello nazionale, superando le criticità regionali e la disparità di accesso da parte delle gestanti; sottolinea l’appropriatezza e sicurezza del test e l’incisivo e positivo impatto sulla spesa sanitaria». 

La lotta di classe comincia prima di nascere, mica con lo champagne in fresco sul ghiacciaio. Può una famiglia con un reddito basso permettersi di spendere mille euro per un esame? O il test del DNA fetale è la questione più discriminante che c’è? Meglio parlare dell’aperitivo col jet privé, guardate io non ci dormo la notte. 

Ho chiesto a una persona competente se esistessero gli obiettori di coscienza dei test prenatali: nel mondo esiste qualunque tipo di coscienza e altrettante obiezioni, non vedo perché un ginecologo non possa rifiutarsi di fare dei test prenatali se è contrario all’aborto. 

La risposta è: no, non esistono, legalmente non si possono rifiutare di fare dei test diagnostici, anche perché questa parte dell’etica è affidata ai genitori. Esiste infatti solo una risposta sui vari forum di mamme alla domanda: «Chi di voi non ha fatto test, perché non li ha fatti?» ed è questa: perché per me non cambierebbe nulla. Questo rientra nel grande problema di un’epoca in cui il nostro sentire viene prima di un qualsiasi ordine morale. 

Non molto tempo fa Chris Pratt è finito nella più imbecille delle polemiche quando ha scritto sui social l’annuncio della nascita della figlia, ringraziando la moglie che aveva partorito una bambina bellissima e sana, come un qualsiasi «non sono mica un mammo» di Instagram. La gente con la connessione veloce, ma il cervello purtroppo non altrettanto, lo mise alla gogna perché era chiaro che l’aveva scritto per fare un torto alla prima moglie, da cui aveva avuto un figlio nato prematuro. «L’importante è che sia sano» è diventato offensivo, poi qualcuno mi spiegherà come si fa a vivere facendo finta che la salute rientri nel campo morale, facendo finta che «per me non cambierebbe nulla» sia una risposta cosciente e non un tic per fare bella figura in pubblico. 

Riguardo agli obiettori, c’è effettivamente stato un caso nel 2014: un ginecologo obiettore non aveva comunicato ai futuri genitori la presenza di anomalie fetali, impedendo alla donna di decidere se abortire o meno. Succedono cose davvero spaventose, un po’ vi capisco: meglio pensare che la lotta di classe riguardi solo le cose che non potremo mai avere. 

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