A destraTremonti vuole modificare il Pnrr, Tajani chiede un nuovo ministero per gli italiani all’estero

L’ex ministro dell’Economia di Berlusconi, candidato di Fratelli d’Italia, attacca Draghi e il suo «whatever it takes». E sul Piano nazionale di ripresa e resilienza dice: «Quel piano è stato scritto in un’altra epoca». Anche il vicepresidente di Forza Italia chiede maggiore flessibilità sul piano e promette un dicastero «dedicato ai nostri connazionali che hanno lasciato il Paese». E per chi volesse rientrare, ci saranno anche «facilitazioni sull’Imu»

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia del governo Berlusconi, ex Forza Italia e Lega, ora candidato con Fratelli d’Italia a Milano nell’uninominale e nel listino proporzionale, è in uscita con un nuovo libro per Solferino, “Globalizzazione – Le piaghe e la cura possibile”. Occasione per una intervista al Corriere della sera, in cui critica Mario Draghi e il suo «whatever it takes» e si dice pronto a modificare il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

«Dieci anni dopo», dice, «più che di “whatever it takes”, possiamo parlare di “whatever mistakes” (qualunque errore, ndr). Provo a spiegarmi: crisi del 1929 e crisi del 2008 hanno una comune origine finanziaria, giusto? Ecco, se da quella del ’29 si era usciti stabilendo un sistema di regole chiare, per esempio sulle banche, a quella del 2008 si è data una risposta esclusivamente finanziaria. E invece che dare delle regole nuove, si sono violate quelle che c’erano già». Per esempio, «tra le regole dell’euro c’era il divieto della Banca centrale europea di finanziare i governi. Mentre oggi la Bce ha il 35% del debito italiano. In sintesi: un intervento del genere andava certo fatto ma non poteva durare dieci anni. Un conto è un intervento da pronto soccorso, un conto è applicare la stessa tecnica per una lunghissima degenza. È così che oggi, per effetto di quell’errore, con l’inflazione la gente comincia a soffrire».

Secondo Tremonti, la soluzione era «il global legal standard che avevo proposto quand’ero ancora ministro dell’Economia, approvato inizialmente dal G20 e dall’Ocse. Basato sul passaggio dal free al fair trade: non basta che il prezzo di un prodotto sia giusto, è necessario che anche la sua produzione sia giusta. All’articolo 4 della bozza di Trattato erano previste regole comuni da adottare in materia di ambiente e igiene. Qualcuno all’epoca ne avrà riso, poco più di dieci anni dopo è arrivata una pandemia». E ricorda: «Il presidente del Financial Stability Board era Draghi. Di stabilità finanziaria, per la verità, poi se n’è vista poca».

Tremonti considera Draghi uno degli artefici della lettera della Bce che, come ministro del governo Berlusconi, ricevette nell’agosto 2011. «Le informazioni alla Bce arrivavano dall’Italia. E questo accadeva dopo che Draghi, da governatore della Banca d’Italia, aveva appena approvato i conti pubblici italiani definendo “saggia e prudente” la gestione che ne era stata fatta negli ultimi tre anni», racconta. «Gli estensori di quella lettera, tra l’altro, furono due ministri del governo uscente: Daniele Franco, che agiva onestamente da funzionario, e Renato Brunetta. Mi lasci aggiungere una cosa: in dieci anni, da Monti a Draghi, l’Istat ha fotografato un aumento della povertà raddoppiato anno dopo anno. Uno dei motivi, per quanto il meccanismo non funzioni come doveva, che dovrebbe imporre prudenza rispetto ai ragionamenti sull’abolizione del reddito di cittadinanza».

Tremonti è scettico sull’introduzione di un tetto al prezzo del gas, chiesta da Draghi: «Ha presente quel vecchio libro, “L’Arte del contadino russo di fare la fame”? Ecco, sono esperti nel manipolare le statistiche ma anche nel fare la fame. E immaginare che il nostro tetto al prezzo del loro gas possa funzionare mettendogli paura, secondo me, non è possibile. Sarebbe come infilare la testa nella bocca di una tigre».

E sul Pnrr dice: «Quel piano è stato scritto in un’altra epoca. Non prevedeva l’inflazione, che adesso c’è; e prevedeva un sistema di investimenti sulla base di priorità che adesso non sono più le stesse. È ovvio che in alcune parti debba essere rivisto. Mi permetto di far notare che il Pnrr è finanziato per via degli eurobond che avevo proposto nel 2003».

E se Tremonti, in un eventuale governo di centrodestra, si appresta a modificare il Piano nazionale di ripresa e resilienza, Antonio Tajani, suo alleato e candidato di Forza Italia, da Bruxelles chiede un nuovo Recovery Fund e propone di creare un nuovo ministero per gli italiani all’estero.

Dopo le proposte di Salvini di un ministero dell’Innovazione a Milano e uno del Mare in Sicilia, si aggiunge un altro tassello alla proliferazione delle promesse ministeriali. «Vogliamo dare vita a un ministero per gli italiani all’estero, dedicato ai nostri connazionali che hanno lasciato il Paese», dice al Messaggero. «È nel programma di Forza Italia, che prevede anche agevolazioni per chi dovesse decidere di rientrare. Un esempio? Il riacquisto della cittadinanza eventualmente persa, e facilitazioni sull’Imu».

E poi Tajani propone «un nuovo Recovery fund europeo per la politica energetica, che protegga i cittadini dell’Unione dai prezzi alle stelle di gas e materie prime. Forza Italia lo chiede dall’8 marzo, con un’interrogazione firmata anche dal presidente Berlusconi. Oggi il Fondo monetario internazionale ci dà ragione. Italia, Germania e Polonia stanno pagando più degli altri il prezzo di questa crisi. È ora di una nuova solidarietà europea».

E sul Pnrr dice che «dev’esserci la giusta flessibilità. Niente stravolgimenti: ma se la nostra casa crolla, dobbiamo rimettere insieme le macerie, prima di poter costruire altro».

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