«Should Europe Worry?», «L’Europa deve preoccuparsi?», titola in copertina il settimanale britannico The Economist con una foto a tutta pagina del volto di Giorgia Meloni su sfondo tricolore. «A meno che i sondaggi non sbaglino clamorosamente, il 25 settembre gli italiani eleggeranno il governo più di destra della storia post bellica del loro Paese», si legge.
E la risposta a questa domanda arriva da Princeton, a pochi chilometri da New York, nelle parole della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Che, a 48 ore dal voto, manda un messaggio inequivocabile ai partiti italiani che si apprestano a guidare il prossimo esecutivo. «Noi lavoreremo con qualsiasi governo democratico che vorrà lavorare con noi», ha detto, ma «se le cose dovessero andare per il verso sbagliato, abbiamo gli strumenti» per rispondere.
A quali strumenti si stesse riferendo, la presidente della Commissione lo ha lasciato intendere chiaramente. «Ho parlato per esempio di Polonia e Ungheria», due Paesi che sono stati puniti con il congelamento dei fondi. Solo il fatto che von der Leyen abbia associato l’Italia a due nazioni che si stanno distinguendo per la linea sovranista, fa capire quanto il passaggio elettorale sia considerato delicatissimo nell’Ue.
Il riferimento di von der Leyen è alla decisione assunta una settimana fa dal Parlamento europeo, che ha approvato una relazione che condanna «i tentativi deliberati e sistematici del governo ungherese volti a minare i valori europei» e che esorta le istituzioni Ue a prendere misure contro l’Ungheria. Il testo afferma che «valori come la democrazia e i diritti fondamentali sono a forte rischio». Ma è passato con i voti contrari di Fratelli d’Italia e Lega.
Dopo aver pronunciato un discorso incentrato principalmente sui recenti sviluppi in Ucraina e sull’atteggiamento da tenere nei confronti della Russia, von der Leyen ha risposto ad alcune domande degli accademici.
Quando Erica Passoni, dottoranda del dipartimento tedesco, le ha chiesto se fosse preoccupata per il voto italiano e la vicinanza a Putin di alcune figure politiche, la sua risposta è stata: «Vedremo l’esito delle elezioni». Ma poi ha aggiunto: «È interessante vedere come funziona il Consiglio europeo, dove ci sono molte dinamiche di gruppo tra pari. Non può esserci un Paese che arriva e dice “voglio, voglio, voglio!”», è l’avvertimento a chi ha annunciato che «la pacchia è finita». E ancora: «Quando sei nel Consiglio realizzi una cosa: “Oh mio Dio, il mio futuro e il mio benessere dipendono anche dagli altri 26 Paesi”. Ma questo è il bello della democrazia. A volte siamo lenti, parliamo molto, lo so. Ma anche questa è democrazia».
Von der Leyen ha proseguito poi illustrando le due possibili soluzioni: «Vedremo. Se le cose andranno nella direzione sbagliata, e ho parlato per esempio di Polonia e Ungheria, abbiamo gli strumenti. Se invece le cose vanno per il verso giusto, le persone a cui un governo è tenuto a rispondere giocano un ruolo importante».
Eccola la frase sibillina della presidente, che che dall’inizio del suo mandato non si era mai espressa in maniera così netta prima di un’elezione. Una conferma che a Bruxelles c’è piena consapevolezza dei rischi legati al possibile insediamento di un governo ostile. Ma anche che c’è la volontà di mandare un chiaro segnale: in caso di deragliamento, l’Ue è pronta a usare anche con l’Italia la leva economica già azionata per cercare di riportare nei binari Polonia e Ungheria.
Ancor più esplicito di von der Leyen è il francese Stéphane Séjourné, segretario del partito Renaissance e anche capogruppo dei liberali di Renew Europe al Parlamento Ue. «Con questa coalizione di centrodestra guidata da Meloni – spiega alla Stampa – c’è effettivamente il timore che l’Italia si schieri con quei Paesi in cui si registrano derive sullo Stato di diritto e sulla corruzione». Per questo oggi sarà a Roma per chiudere la campagna della lista Azione-Italia Viva: «Abbiamo scelto di sostenere un’alleanza pro-europea che raccoglie l’eredità del metodo Draghi».
Secondo l’Economist, comunque, il possibile governo Fratelli d’Italia-Lega-Forza Italia sarà costretto in ogni caso a destreggiarsi entro i limiti imposti dalla politica europea, «dal mercato e dai soldi». Una vittoria di Meloni, agli occhi della testata britannica, va comunque vista nel segno di una continuità considerata inquietante con il successo conquistato la settimana scorsa della destra in Svezia o con il 41% di voti ottenuti in Francia ad aprile da Marine Le Pen nella sua corsa contro Emmanuel Macron. Sarebbe, scrivono, l’ulteriore segnale «di una poderosa svolta dell’equilibrio politico europeo verso l’estrema destra nazionalista». Un processo che il settimanale spiega del resto come il risultato di «elettori esasperati dai fallimenti dei partiti di establishment» e pronti a «lanciarsi verso alternative non sperimentate e non collaudate».