Quasi dodici ore di tensioni e attacchi. Poi, l’accordo al fotofinish nella notte. L’Unione europea salva l’unità di fronte al nemico russo sul dossier più difficile, quello dell’energia. Il primo ad annunciare la fine del vertice, intorno alle 2, è stato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel: «Raggiunto un accordo sull’energia, prevalgono unità e solidarietà». Ma da Ursula von der Leyen arriva subito un richiamo alla strada ancora da percorrere: «Ora dobbiamo lavorare sull’attuazione degli strumenti che abbiamo approvato, a partire dagli acquisti comuni, dalla condivisione del gas e dalla limitazione dei prezzi eccessivi». La presidente della Commissione conferma però i 40 miliardi di fondi di coesione non utilizzati destinati al sostegno delle imprese.
Conclusioni del vertice limate e smussate in modo da lasciare tutti e 27 soddisfatti a metà. Ma per coloro che puntavano al tetto al prezzo del gas e al nuovo Sure sull’energia sono stati fatti certamente dei passi avanti. Tanto che il premier Mario Draghi alla fine del suo lungo ultimo vertice dice soddisfatto: «È andata bene».
La via da seguire resta quella proposta dalla Commissione il 18 ottobre. C’è l’intesa su un price cap temporaneo. O meglio, i ventisette capi di Stato e di governo hanno concordato di dare un mandato «pieno e chiaro» alla Commissione europea di adottare «decisioni concrete» sul price cap al Ttf di Amsterdam (ovviamente alle condizioni stabilite, ossia che debba essere temporaneo, di ultima istanza e che non metta a rischio le forniture). Nel testo sono poi previsti gli acquisti congiunti di gas, volontari ma obbligatori per una quota del 15% del volume totale degli stoccaggi in Europa, incentivi per le rinnovabili e un price cap al gas nella formazione del prezzo dell’elettricità, sul modello spagnolo.
La novità che soddisfa Draghi è l’apertura, ancora molto cauta, su un possibile nuovo debito comune. Tra le misure, figura «la mobilitazione di rilevanti strumenti a livello nazionale e Ue» con l’obiettivo di «preservare la competitività globale dell’Europa e per mantenere l’integrità del mercato unico”» Una frase che, spiegano da Palazzo Chigi, dimostra che le proposte italiane siano state accolte.
La strada, in realtà è ancora lunga. Ma ora forse per la prima volta si intravede qualcosa di concreto. Entro l’inizio di novembre la Commissione «si esprimerà molto chiaramente» sul price cap «e andremo avanti spediti anche sulla solidarietà finanziaria», ha spiegato Emmanuel Macron secondo il quale, su quest’ultimo punto, le opzioni di Bruxelles sono due: un programma Sure 2, oppure utilizzare i prestiti ancora disponibili (circa 200 miliardi) oggi nel quadro del RePowerEu, «dando un po’ di flessibilità».
Su Sure subito frena il falco Mark Rutte, primo ministro olandese: «Prima di tutto dobbiamo usare i fondi che abbiamo e solo dopo valuteremo cosa potrebbe essere necessario». Ma aggiunge: «Siamo disposti ad accettare che la Commissione, se si renderà necessario, faccia le sue proposte» per nuovi fondi comuni.
Le parole più attese sono quelle del cancelliere tedesco Olaf Scholz, protagonista di un vero e proprio muro sul price cap. «Abbiamo preso una decisione che dà il mandato» alla Commissione europea «di indagare su ciò che è possibile» fare, «il focus è ovviamente sui fondi che abbiamo già». Ma sull’emissione di debito comune Ue per far fronte alla crisi energetica, apre uno spiraglio: «C’è ancora da discutere molto, il dibattito continuerà».
Per ora, tuttavia, Ursula von der Leyen e Charles Michel hanno incassato il loro obiettivo: dimostrare che, di fronte alla Russia, l’Europa non è implosa neppure questa volta.
We have a deal on #energy.
There is a strong and unanimous commitment to act together, as Europeans, to reach three goals:
▪️lower prices
▪️guarantee the security of supply and
▪️continue to work to reduce demand.#EUCO pic.twitter.com/A2KBHJ72FL— Charles Michel (@CharlesMichel) October 21, 2022