Un accordo in bilico, ancora esposto all’azione dei franchi tiratori. Dopo una lunga giornata di trattative, in cui è anche saltato il vertice tra i leader dei di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, il centrodestra avrebbe trovato l’accordo sui nomi: Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia al Senato e Riccardo Molinari della Lega a Montecitorio. L’accordo, in realtà, non è stato ancora definito e si lavora per chiuderlo entro le 10 di questa mattina. Quando comincerà la seduta a Palazzo Madama. Giorgia Meloni vuole chiudere però anche per la Camera, dove si voterà venerdì, e anche le caselle dei ministeri. Un unico pacchetto su cui la premier in pectore si attende un voto compatto, in modo da fare iniziare la legislatura col piede giusto.
Sul nome dell’ex missino La Russa, Meloni è riuscita a strappare il via libera di Matteo Salvini, che riceverebbe così in cambio la presidenza della Camera per Riccardo Molinari. Ma Silvio Berlusconi invece resta cauto. Sulla carta, dovrebbe votare anche lui per La Russa. Ma con il rischio che qualche scontento faccia scontare a Giorgia Meloni la scelta di escludere dall’esecutivo la fedelissima Licia Ronzulli.
Anche perché il percorso per arrivare all’intesa è stato tutt’altro che lineare. Meloni ieri ha sentito e incontrato Salvini più di una volta. L’annunciato vertice a tre previsto a villa Grande è saltato sostituito dai “bilaterali”. Mentre Salvini riuniva il Consiglio federale, proponendo un’ipotesi di intesa con il Carroccio la guida di Montecitorio e quattro ministeri: Interni, Infrastrutture, Agricoltura e Affari Regionali. Via libera a Giancarlo Giorgetti all’Economia, richiesto direttamente da Meloni.
Il nodo principale resta Berlusconi. O meglio: Ronzulli. Meloni non la vuole in squadra, il leader insiste. Non la spunta. E il Cavaliere si scontra anche contro un «no» alla richiesta di avere Giustizia e Sviluppo economico.
Toni che annunciano un orizzonte fosco per il passaggio in Aula. A Montecitorio le prime due votazioni richiedono i due terzi: non sarà oggi, dunque, il giorno dell’eventuale elezione di Molinari. Al Senato invece nei primi due scrutini basta la maggioranza assoluta degli aventi diritto. Contando anche i senatori a vita, occorrono dunque 104 voti per promuovere La Russa. La maggioranza schiera 112 senatori, più altri tre considerati arruolabili. Il rischio è che nel segreto dell’urna si sfoghi qualche malumore leghista e, soprattutto, che prenda corpo la tensione interna a Forza Italia.
In effetti, lo schema di governo che regge l’intesa sulle presidenze prevede un solo ministero di peso per Forza Italia: gli Esteri per Antonio Tajani. All’Istruzione andrebbe Anna Maria Bernini, alle Riforme Maria Elisabetta Casellati. La Lega continua a reclamare il ministero dell’Interno: probabilmente andrà il prefetto Matteo Piantedosi. Alle Infrastrutture o all’Agricoltura andrà Salvini, visto che dovrà rinunciare al Viminale, mentre allo Sviluppo economico il nome in cima all’elenco è quello di Guido Crosetto. Alla Difesa, ottime chance per il meloniano Adolfo Urso. Gli Affari europei saranno garantiti a Raffaele Fitto.
Tra i tecnici, si parla del magistrato Carlo Nordio che Meloni vuole per la Giustizia. E ci potrebbe essere un esterno anche per la Salute: il direttore dell’Ema Guido Rasi, Guido Bertolaso o Alberto Zangrillo. Ma è una lista destinata a ritocchi, che la futura premier farà volentieri, se la sua maggioranza le sarà fedele a partire da oggi.
C’è ancora qualche ora per riempire tutte le caselle: le consultazioni al Quirinale dovrebbero iniziare il 20 ottobre.