La Lega passa all’incassoMeloni premia Salvini per l’appoggio: Giorgetti al Tesoro e Fontana alla Camera

Dopo il passo indietro di Calderoli a Palazzo Madama, si è deciso di affidare al vicepresidente della Lega lo scranno più alto di Montecitorio. È anche una resa dei conti interna al partito, che premia il più «salviniano» dei veneti. Il Carroccio avrebbe cinque o sei ministeri «politici» contro i quattro di Forza Italia. Molinari resta capogruppo

Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi esce sconfitto dalla prove di forza di ieri contro Giorgia Meloni. Il veto su Licia Ronzulli resta: non avrà nessun ministero. E Ignazio La Russa è stato comunque eletto alla presidenza del Senato. «La prossima volta ci penseranno due volte a tentare questi giochetti», sintetizza un dirigente di Fratelli d’Italia citato dalla Stampa.

Colui che viene premiato invece per aver appoggiato la scelta di La Russa è invece Matteo Salvini. La giornata di ieri, iniziata con il definitivo passo indietro di Roberto Calderoli per la presidenza del Senato, si è conclusa con la conferma che sarà un leghista, non il favorito della vigilia Riccardo Molinari ma il vicesegretario ed ex ministro Lorenzo Fontana, la scelta comune di Lega e Fratelli d’Italia per lo scranno più alto di Montecitorio. E con un’ipotesi di esecutivo in cui la Lega assumerebbe un ruolo sempre più importante con cinque o sei ministeri «politici» contro i quattro di Forza Italia. A partire dal Tesoro che andrebbe a Giancarlo Giorgetti.

A sbloccare la situazione sono stati due incontri che Salvini ha avuto nel pomeriggio di ieri, racconta La Stampa: il primo con i vicesegretari leghisti, il secondo con Meloni. La conferma arriva da Giancarlo Giorgetti, intercettato dopo aver scattato la foto «unitaria» di rito con gli altri colonnelli leghisti: «Se la Lega vuole il Mef, e mi manda lì, ci andrò». «Giorgetti sarebbe un ottimo ministro dell’Economia», è il successivo endorsement della presidente di Fratelli d’Italia.

Ma la giornata di ieri, per Salvini, segna un punto a suo favore anche nei rapporti interni alla Lega. La scelta del veneto Fontana al posto del piemontese Molinari come candidato presidente della Camera è anche un modo di premiare i superfedelissimi. Sul nome di Molinari pesa un’udienza già fissata per il 24 novembre davanti al tribunale di Torino (è accusato di aver modificato la lista della Lega alle comunali di Moncalieri dopo che erano già state raccolte), ma anche il fatto di essere considerato un papabile antagonista del segretario. Resterà capogruppo a Montecitorio. Contemporaneamente i dirigenti trevigiani, veneziani, padovani e vicentini avranno il veronese Fontana, il più «salviniano» dei veneti.

Oltre a Giorgetti, poi, gli altri leghisti in corsa per il governo sarebbero Salvini (Infrastrutture), Alessandra Locatelli (Famiglia o Disabilità), Vannia Gavia (Transizione Ecologica) e Roberto Calderoli (Affari regionali). Una compensazione, quella del ministero che deve gestire la delicatissima (per la Lega) partita dell’autonomia, che Calderoli otterrebbe come compensazione per la sua grande rinuncia alla seconda carica dello Stato.

Uno o due ministeri in più rispetto a Forza Italia, che in qualche modo bilancerebbero i dicasteri «di peso» destinati ad Antonio Tajani (Esteri), Elisabetta Casellati (Pubblica amministrazione), Gilberto Pichetto Fratin e Anna Maria Bernini (Università). In quota Fratelli d’Italia, invece, i nomi che girano sono quelli di Raffaele Fitto (Affari comunitari), Adolfo Urso (Difesa), Carlo Nordio (Giustizia).

 

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