Una competizione invisibile per certi versi. Lontana dalla quotidianità che viviamo sulla Terra, ma che proprio sulla Terra provoca i suoi effetti: dalle questione geopolitiche alla sicurezza, fino al controllo dei satelliti.
È la corsa allo spazio, il dominio dei cieli, che sta diventando il primo pensiero di tutte le potenze mondiali interessate a ritagliarsi uno “spazio” nei cieli. Una corsa che registra sempre più attori interessati al predominio e che vede Stati Uniti e Cina come principali competitor, con Pechino che negli ultimi anni ha preso il posto della Russia come antagonista di Washington e che punta a conquistare la leadership spaziale.
In questo nuovo quadro che vede affrontarsi Usa e Cina, l’Europa – pur se a fatica – prova a ritagliarsi un ruolo, puntando sulle alleanze. Senza dimenticare i privati e altre medie potenze che stanno sviluppando piani spaziali, come India, Emirati, Israele, e con la Russia che rialza la testa, nostalgica degli anni in cui era assoluta protagonista della corsa allo spazio con gli Stati Uniti.
In principio furono Stati Uniti e Russia a contendersi lo spazio. Una competizione durata decenni durante la Guerra Fredda con lo storico lancio dello Sputnik, le missioni Gemini e Apollo e lo sbarco sulla luna. Sessanta anni dopo, lo spazio è diventato un luogo parecchio affollato, in cui Cina e Usa – alleata con Europa e Canada – si affrontano, non più per l’allunaggio, ma per il primato tecnologico e per lo sviluppo dell’industria spaziale. Senza dimenticare lo sbarco su Marte.
Pechino in particolare è diventato il più grande antagonista degli Stati Uniti, superando la Russia che per quasi due decenni aveva preferito la cooperazione con Usa ed Europa sulla Stazione spaziale internazionale (Iss). Cooperazione interrotta dalla guerra in Ucraina, con la decisione russa di abbandonare la stazione a partire dal 2024.
Da Mosca tuttavia hanno fatto sapere che la Russia manterrà una presenza nei cieli con una stazione spaziale propria. Con quali fondi però viene da chiedersi, a meno che la Russia non decida di collaborare con Pechino.
D’altronde il controllo dei cieli, con le implicazioni di sicurezza in primis, è diventato un aspetto rilevante, e le potenze mondiali cercano di ritagliarsi il loro spazio. Con l’Europa e l’Italia che provano a inserirsi nella competizione tra superpotenze.
Ma che ruolo può avere l’Europa nello spazio? Alleata degli Usa – che restano i veri dominus – l’Europa può vantare la sua Agenzia spaziale europea e la collaborazione con l’Iss, la Stazione spaziale internazionale.
Gioiello costruito dall’uomo, frutto della collaborazione tra Stati uniti, Europa, Russia, Canada e Giappone, la Iss è in orbita da più di vent’anni e in molti vorrebbero pensionarla, lasciando però un pericoloso vuoto nei cieli. Vuoto che sarebbe colmato da Pechino.
È fuori discussione che a faticare più di tutti nella corsa allo spazio sia l’Europa, che deve destreggiarsi tra diversi soggetti, comunitari (l’Agenzia dell’Unione europea per il programma spaziale e la nuova Direzione generale Industria della difesa e spazio, coordinata dal commissario Breton), l’Agenzia spaziale europea (Esa) e le decine di enti nazionali.
L’Esa, che coordina i progetti spaziali dei paesi membri, è un’autorità indipendente dall’Unione europea, eppure mantiene accordi stretti con Bruxelles e la Commissione europea per sviluppare una politica spaziale europea.
L’unione Europea dispone di una propria politica spaziale – diventata propriamente tale con il Trattato di Lisbona – che vede come fiore all’occhiello i programmi Copernicus, il sistema di osservazione della terra più avanzato a livello mondiale; il sistema satellitare Galileo ed EGNOS, il programma che fornisce servizi di navigazione sicura per i vari settori di trasporto.
Per colmare il ritardo nel settore della space economy inoltre, lo scorso gennaio è stato lanciato il fondo Cassini da un miliardo di euro, per sostenere le startup che operano nel settore spaziale. Ma l’Unione europea mira anche alla sinergia con l’Esa di cui fanno parte anche stati non comunitari, tra cui Regno Unito e Norvegia.
Allo Space Summit organizzato a Tolosa, lo scorso febbraio si è cercato di imprimere una svolta per una concreta presenza europea nello spazio. Da non sottovalutare, infine, il peso dell’Italia nella corsa allo spazio, che insieme alla Francia vanta programmi spaziali più avanzati e presenza nei cieli.
Tre sono gli italiani che negli ultimi dieci anni sono stati in orbita. L’astronauta italiana Samanta Cristoforetti, attualmente sulla Iss con la Mission Minerva, è il nuovo comandante della Stazione spaziale internazionale, prima donna europea a raggiungere questo traguardo. Ma al di là del prestigio di vedere i nostri connazionali in orbita, è soprattutto in chiave di space economy e di tecnologie che l’Italia ha molto da dire nella corsa allo spazio, in chiave di investimenti, tecnologie e difesa.
Alle tecnologie spaziali il Pnrr riserva 1,49 miliardi, da implementare con l’Agenzia spaziale italiana, l’Esa e l’Ue. La Strategia italiana dello spazio, presentata lo scorso anno, inoltre, impegna 4,5 miliardi per lanciare una costellazione di satelliti per osservare la terra.
I satelliti serviranno a proteggere l’ambiente e saranno a supporto della protezione civile per contrastare il dissesto idrogeologico e per prevenire incendi. Un settore, quello spaziale, sempre più rilevante e centrale per l’Italia e l’Europa. Ma che aspetta capitali privati per competere e non restare indietro agli Usa e alla Cina nella corsa al predominio dei cieli, sempre più affollati.