«In questi 19 mesi il Paese ha dovuto fronteggiare emergenze severe e impostare il lavoro inedito del Pnrr, vitale per attenuare i divari e le disuguaglianze, nonché per rilanciare il sistema sociale, educativo, economico». È il bilancio che fa sul Corriere il sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli, descritto come il regista dei Consigli dei ministri, l’uomo del Pnrr e il coordinatore di quella «transizione ordinata» che Draghi ha raccomandato alla sua squadra.
«Al momento del cambio di governo è necessario un supplemento di cooperazione istituzionale. Il passaggio di consegne sarà ordinato, perché abbiamo a cuore il Paese», dice. «Metteremo in condizioni il nuovo governo di conoscere, per ciascun dossier, cosa è stato fatto e dove siamo. Le urgenze da affrontare non consentono rallentamenti».
Poi ripercorre i 19 mesi che si lascia alle spalle: «A febbraio 2021, quando il governo Draghi si è insediato, la crisi pandemica era ancora terribilmente grave, molte filiere produttive ferme, la campagna vaccinale da organizzare. Le forze politiche, il Parlamento, tutti i livelli istituzionali sono stati concentrati sui gravi problemi di cittadini e imprese. Poi, quando l’Italia era sul sentiero della piena ripresa, è arrivata la guerra. L’unità nazionale è stata un indubbio fattore di vantaggio», spiega Garofoli.
L’avvertimento del sottosegretario al prossimo governo è che «con le crisi e le emergenze il Paese deve esser pronto a fare i conti. Come scrisse con parole profetiche Ulrich Beck all’indomani della tragedia di Chernobyl, le società occidentali sono sempre più “società del rischio”. Il deterioramento dello scenario geopolitico e la dimensione dei problemi impongono politiche e azioni comuni, come è stato con la risposta europea alla crisi pandemica. Occorre innalzare la capacità nazionale di dare risposte tempestive ed efficaci ed è indispensabile avere un metodo di governo e strutture istituzionali adeguate».
In eredità resta il metodo Draghi. Ma sarà replicabile da parte di un governo politico presieduto da Giorgia Meloni? «Il Pnrr ha imposto un cambio di approccio, pretendendo che l’azione pubblica sia improntata a logica di risultato e prontezza operativa», risponde Garofoli. «L’una e l’altra sono e saranno necessari in futuro, nel perseguire gli obiettivi del Pnrr, nel controbilanciare gli effetti dell’inflazione, nell’affrontare un contesto economico in deterioramento».
Sul Pnrr, dopo le polemiche con Meloni dei giorni scorsi, il sottosegretario sottolinea che «la Commissione Ue ha riconosciuto che il Paese è in linea con i tempi. Il Piano prevede che le aggiudicazioni con la conseguente messa a terra intervengano nel 2023. Sono in corso centinaia di gare pubbliche». Ma, avverte, «occorre proseguire nel coordinare e monitorare tutto questo. Sono state già approntate importanti misure di supporto tecnico-operativo in favore degli enti territoriali. D’accordo con l’Anci, è stato sperimentato un modello che consente ai Comuni di richiedere a grandi stazioni appaltanti dello Stato di progettare e appaltare per loro. Si sta replicando questo modello per altre linee progettuali». Precisando però che «per il Paese è fondamentale innalzare l’adeguatezza del sistema istituzionale, amministrativo e giudiziario».
Garofoli illustra infine alcuni dei risultati operativi del governo Draghi: «Chigi ha dato impulso a una rete di funzionari dedicati presso i vari ministeri, monitorandone l’operato con obiettivi mensili. È un modello organizzativo nuovo che ha dato risultati tangibili, 1.376 decreti smaltiti, quasi il triplo delle altre esperienze di governo».