Illusione del movimento, giochi cromatici, inganni prospettici, specchi deformanti e molto altro. Come un ottovolante, “L’occhio in gioco”, è una mostra che unisce pittura, scultura, fotografia, scienza e tecnologia, alla scoperta dei molteplici e affascinanti espedienti, artifici, stratagemmi e giochi di prestigio con cui l’uomo è riuscito a trarre in inganno gli occhi. L’occhio guarda, cattura, legge, ordina, compone. Ma può essere ingannato, raggirato, imbrogliato. E questa mostra, camminando sul confine tra arte e scienza, tra colore e movimento, racconta nei secoli la sottile differenza tra ciò che è vero e ciò che potrebbe esserlo ma non lo è.
Un viaggio caleidoscopico sul confine tra arte e scienza, in una città, Padova, nella quale questi due mondi si sono sempre intrecciati, da Galileo fino alla scuola di psicologia della percezione e alla nascita del Gruppo N, collettivo artistico-culturale patavino all’avanguardia nell’arte ottico-cinetica al quale è dedicata la monografia che conclude la mostra.
Originale nel taglio curatoriale, affidato a Luca Massimo Barbero per la parte storica e a Guido Bartorelli, Giovanni Galfano, Andrea Bobbio e Massimo Grassi dell’Università di Padova per la parte dedicata al Gruppo N e alla psicologia della percezione, questa ricchissima esposizione vivrà a Padova, in Palazzo del Monte di Pietà, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, che ha voluto proporla – in collaborazione con l’Ateneo Patavino – nell’ambito delle celebrazioni per gli 800 anni di storia ed attività di una delle Università più antiche al mondo, nel solco dell’indagine del rapporto tra arte e scienza già inaugurato nel 2017 con la mostra “Rivoluzione Galileo, l’arte incontra la scienza”.
Assistendo all’inganno del movimento e dello stesso colore, con occhio e mente condotti a percepire come un unicum ciò che nella realtà fattuale è composito. Fenomeni che erano già ben noti ad artisti, alchimisti e filosofi dei tempi lontani, come testimoniano le antiche miniature e le mappe celesti presenti in mostra, esempi primigeni della necessità e abilità dell’uomo di accostare colori dando vita a una sorta di caleidoscopio magico. Immagini del mondo e antiche sfere armillari sono accostate a costruzioni Bauhaus e contemporanee, a rivelare una continuità inaspettata.
Arte e scienza, nelle sue svariate accezioni dagli studi sull’ottica alla teoria del colore, insieme per dar vita ad un confronto affascinante di concetti, movimenti, miraggi. Gli studi di Goethe, Runge e Henry saranno accostati in mostra con le opere dei grandi maestri che hanno affrontato, ciascuno a proprio modo, il tema della percezione visiva: da Seurat a Kandinsky, da Klee a Boccioni.
Dal movimento rappresentato agli oggetti in movimento, un vorticoso alternarsi di strumenti scientifico-tecnologici e oggetti artistici porteranno il visitatore a scoprire gli albori del cinema (dai fratelli Lumière a Man Ray) e della fotografia sperimentale (da Bragaglia a Muybridge). In un percorso che alterna i grandi protagonisti del secolo breve, da Calder a Munari, da Duchamp a Vasarely, si scoprirà che anche senza l’uso del colore l’occhio umano può essere ingannato, che il ritmo e la geometria, concetti così apparentemente immutabili, possono distorcere e ridisegnare la realtà.
Non mancheranno, infine, le incursioni dell’optical nel mondo del costume, della moda e del design. Una mostra che richiederà di essere guardata da vicino, incrociando le date e gli avvenimenti, in un percorso nel quale ad opere emblematiche come “Bambina che corre sul balcone” di Giacomo Balla o “Grey Scramble” di Frank Stella, si accostano curiosi strumenti destinati a creare immagini fugaci e sorprendenti.
Nella città di Galileo, non poteva non trovare spazio la tradizione di studi e sperimentazioni condotte, fin dal 1919, dalla scuola della psicologia della percezione dell’Università degli Studi di Padova. Ricerche nel campo della visione che hanno avuto uno straordinario impatto innovativo e che, travalicando l’ambito accademico e disciplinare, hanno contribuito a stimolare, a partire dagli anni Sessanta, un ambiente artistico-culturale d’avanguardia proiettando la città di Padova e i suoi artisti sulla scena internazionale.
Questa seconda parte dell’esposizione mette a confronto un’accurata selezione di documenti e studi accademici con le opere del Gruppo N, costituito proprio a Padova da Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi e Manfredo Massironi, e di Marina Apollonio: tutti protagonisti indiscussi della “nuova tendenza” ottico-cinetica.
La mostra troverà così completezza in un ampio approfondimento monografico che riproporrà le opere, gli ambienti e gli allestimenti degli anni Sessanta. Grande rilievo verrà dato anche alla scuola di psicologia della percezione sviluppata all’interno dell’Università di Padova. Nello specifico, saranno approfondite le figure di Cesare Musatti, Fabio Metelli e Gaetano Kanizsa. In particolare, saranno esaminati i loro principali temi di studio e i rapporti fra la loro ricerca scientifica e quella artistica delle avanguardie ottico-cinetiche.