Vocazione smarritaLa traversata nel deserto di idee non comincia, e adesso il Pd si aspetta il sorpasso di Conte

Indecisi tra la strada del riformismo e la copia del populismo-pacifismo grillino, il gruppo dirigente dem evita di assumersi le responsabilità della sconfitta. Nel frattempo la base è sempre più smarrita

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Dopo la lunga seduta psicanalitica della Direzione del 6 ottobre nel Partito democratico non si sono più sviluppati particolari ragionamenti sulla sconfitta elettorale e soprattutto su quale strada imboccare per risalire la china e dare un nuovo senso al partito. Si è deciso di convocare il congresso che dovrebbe culminare con le primarie tra cinque mesi circa e intanto Enrico Letta è rimasto al suo posto, come tutta la segreteria e le capigruppo Debora Serracchiani e Simona Malpezzi confermate ieri. Tutto congelato.

È logico pertanto che in questo deserto di idee la base sia come minimo disorientata. In una interessante analisi di Swg si dice infatti che «gli elettori del Pd si mostrano particolarmente frammentati tra la preferenza per la conferma della coalizione presentata alle elezioni di settembre, l’accordo con il Movimento 5 stelle oppure, in misura minore, un avvicinamento al Terzo Polo o la corsa in solitaria»: è molto conseguenza della non scelta del Nazareno a proposito della scelta di fondo da assumere, se tendere verso il populismo-pacifismo di Giuseppe Conte o tornare a una prospettiva riformista. 

Il grosso del gruppo dirigente è sulla prima posizione, come si vede anche dal sì alla manifestazione del 5 novembre su cui l’avvocato del populismo ha messo da tempo il cappello. Ma a furia di inseguire il Movimento 5 Stelle il partito di Letta rischia seriamente di fare la parte della fotocopia rispetto all’originale, ed è probabilmente per questo, come segnala anche Alessandra Ghisleri, che il partito di Conte è ormai a un’incollatura dal Pd a dimostrazione che l’operazione di maquillage dell’avvocato in effetti sta riuscendo visti anche che il 64% degli elettori dem ritiene il Movimento 5 stelle un partito pienamente di sinistra. 

E così piano piano Conte sta assumendo il ruolo che fu del Pd, naturalmente in versione più rozza e lontana dalla vera cultura della sinistra: se lo sta sostanzialmente mangiando. Ma inseguire il M5s potrebbe essere un errore catastrofico per il Nazareno, quello definitivo, tra l’altro aprendo una dinamica che dovrebbe/potrebbe spingere quanto resta dei riformisti dem a rompere gli indugi e dare battaglia in sede congressuale dietro il nome di Stefano Bonaccini.

Il governatore dell’Emilia-Romagna, che però non intende essere il candidato dei soli riformisti, potrebbe apparire come un elemento di contrasto al tran tran del gruppo dirigente attuale, un gruppo dirigente molto attivo in sede di polemica (verso la destra ma anche verso il Terzo Polo) ma che appare come tuttora intontito dalla botta del 25 settembre – e tuttavia qualcuno osserva con malizia che i dirigenti e gli eletti siano in realtà contenti per essere ancora in pista. 

Bonaccini, secondo Swg, sarebbe il preferito dagli elettori del Pd come successore di Letta. Questa la classifica: Bonaccini seguito da Elly Schlein; poi abbastanza vicini Enzo Amendola, Peppe Provenzano, Antonio De Caro e Dario Nardella; un po’ dietro Matteo Ricci e Paola De Micheli. 

In modo insperato si moltiplicano le convulsioni quotidiane della destra, con una Giorgia Meloni che potrebbe non reggere la guerra di nervi che le ha mosso Silvio Berlusconi, il miglior amico di Putin. Eppure il Pd dà sempre la sensazione di essere con la testa altrove – alle guerre per le cariche istituzionali, all’imminente conta congressuale – e ha una forte difficoltà a bucare il video o più semplicemente a ritrovare un minimo di rapporto con l’opinione pubblica.