Tratto dall’Accademia della Crusca
Alcuni lettori ci domandano quale sia l’origine dell’espressione trovare la quadra e se ci sia un collegamento tra la quadra e la quadratura del cerchio.
Risposta
Nel linguaggio giornalistico e in quello della politica si sente spesso l’espressione trovare la quadra. Ma cos’è questa quadra di cui tutti parlano e che sembra così difficile da trovare?
La quadra
I principali dizionari italiani registrano due entrate per il sostantivo femminile quadra. Per l’analisi dei vari significati, prendiamo come riferimento il GDLI, che registra due lemmi distinti, quadra1 e quadra2. Il primo è un termine specialistico del lessico della marina: quadra, femminile sostantivato dell’aggettivo quadro, deriva dalla locuzione vela quadra e indica ogni vela che ha la forma approssimata di un quadrato fissata a un pennone. In tale significato è documentato nel 1514 negli scritti di Giovanni da Empoli.
Nel GDLI troviamo anche un secondo significato appartenente all’ambito della marina: la quadra è una “rete quadrata (o rettangolare) con maglie più o meno larghe, talora assicurata a due aste, adatta per la pesca nei corsi d’acqua o lungo le scogliere, dove viene sollevata a mano dai pescatori, collocati ai quattro angoli, dopo che il pesce, richiamato dalla pastura precedentemente sparsa, è affluito in quantità soddisfacente”.
Il secondo lemma, quadra2, è marcato nel GDLI come arcaico, obsoleto, considerato derivato direttamente dal latino quadra, propriamente ‘quadrato’ (ma anche ‘pezzo, fetta di pane, di formaggio, focaccia’), femminile sostantivato dell’aggettivo quadrus ‘quadrato, di forma quadrata’. Può indicare la quarta parte di un cerchio, un quadrante e, in particolare, la quarta parte del cielo. In tale significato è attestato nel Paradiso (XXVI, 142) di Dante; ogni sei ore il sole muta quadra, cioè percorre un quarto del suo giro e passa al quadrante successivo:
Nel monte che si leva più da l’onda, / fu’ io, con vita pura e disonesta, / da la prim’ora a quella che seconda, / come ’l sol muta quadra, l’ora sesta.
La quadra può denotare poi il quartiere di una città, cioè la quarta parte del suo territorio. Il GDLI registra anche l’accezione ‘lato di un quadrato’, con un esempio tratto dalla Navigazione di San Brandano, volgarizzamento di un’opera anonima in latino risalente al IX o X secolo, tramandata attraverso un numero considerevole di codici a partire dalla fine del X secolo:
Questa colonna era quadra [in questo caso significa ‘squadrata’, cioè ogni suo lato è una quadra] e San Brandano volle vedere e sapere quante braccia era per quadra e navicò così intorno intorno e truova che l’era per quadra mille cinquanta braccia, e stettono a misuralla quattro dì. (La navigazione di San Brandano, a cura di M. A. Grignani e C. Sanfilippo, Milano, Bompiani, 1975, p. 151)
In senso figurato, può indicare ‘forma, foggia, qualità, misura’:
Dugento scodelline di diamanti / di bella quadra Lan vorre’ ch’avesse. (Muscia da Siena, sonetto n. 2, in Poeti giocosi del tempo di Dante, a cura di M. Marti, Rizzoli, Milano, 1956, p. 292)
Come notato nel Vocabolario Treccani online, non è ben chiara la connessione di tale significato con il valore etimologico della parola. Nella riedizione del Vocabolario della Crusca (1806-1811) dell’abate Antonio Cesari, nota come la Crusca veronese, si legge che quadra sta per “Forma e, parlandosi di diamanti, vale specificatamente Tavola, chiamandosi Diamante tavola quel Diamante che ha una faccia grande quadrata in cima, cerchiata intorno da quattro facce minori”.
Sempre in senso figurato quadra2 può indicare anche il ‘modo o la maniera’; in tale accezione il termine è documentato da prima del 1316 nei sonetti di Dino Frescobaldi (per opere pubblicate postume si prende convenzionalmente la data della morte dell’autore):
Trasse Amor poi di sua nova biltate / fere saette in disdegnosa quadra, / dice la mente, che non è bugiarda, / che per mezzo del fianco son passate. (Dino Frescobaldi, Canzoni e sonetti, a cura di F. Brugnolo, Torino, Einaudi, 1984, p. 75)
Come voce antica e letteraria, fa riferimento a un tagliere o una tavola di forma quadrata. Come termine regionale, specialmente di area centrale, può designare una fetta di pane, di focaccia e, in particolare, ciascuno dei quattro pezzi in cui viene tagliata la piadina romagnola.
Il GDLI riporta altre tre accezioni: la quadra può corrispondere a ‘ciascuna delle quattro fasi lunari’; può essere sinonimo di squadra (lo strumento da disegno); in ambito storiografico, può infine fare riferimento a una ‘suddivisione territoriale amministrativa, diffusa specialmente nel Bresciano’.
Il GRADIT, infine, segnala un terzo lemma quadra, sostantivo femminile di uso comune, ellissi della locuzione parentesi quadra.
Dare la quadra
I dizionari registrano due polirematiche formate con il sostantivo quadra, la locuzione toscana dare la quadra [a qualcuno] e quella di area settentrionale trovare la quadra.
L’antica espressione dare la quadra, presente sia nei dizionari storici sia in quelli sincronici, ha vari significati. Può voler dire ‘prendere in giro, canzonare’ o anche ‘criticare’:
Il capitano mio gli fa un gran torto a non lasciarli avere in pace quella bella giovinetta, poiché, e non sia detto per darvi la quadra, egli per gentiluomo e ella per dama sono il fiore non solo di questa corte, ma di quale altra sia in Italia. (Sforza degli Oddi, Prigione d’Amore, Firenze, Giunti, 1592, p. 30; 1a ed. 1950)
Può significare ‘adulare, lusingare’; in tale senso è usata ad esempio dal Varchi:
Usansi ancora, in vece d’adulare soiare, o dar la soia, e così dar l’allodola, dar caccabaldole, moine, roselline, la quadra e la trave. (Benedetto Varchi, L’Ercolano, Firenze, Giunti, 1570, p. 56)
Anche in questo caso, non è chiara la connessione con l’etimologia del termine; nei dizionari (storici, etimologici, sincronici) non vi è alcun riferimento al significato che assume il sostantivo quadra nella locuzione. Consultando alcuni dizionari dialettali e dei modi di dire, si nota però che l’espressione, che viene marcata come toscana, ha dei corrispondenti anche nel romanesco, nel napoletano (in cui si ha quatra, con la sorda invece della sonora) e nel dialetto milanese, con interpretazioni diverse circa l’origine della parola.
Nel Dizionario dei modi di dire di Ottavio Lurati (Milano, Garzanti, 2001) si legge che nel romanesco del Seicento dar le quatra equivaleva a ‘beffare’. Ad esempio, è possibile trovarne un’attestazione (nel testo la forma è però al singolare) nel poema giocoso Il Meo Patacca o vero Roma in feste nei trionfi di Vienna di Giuseppe Berneri (Roma, a spese di Pietro Leone Libraro in Parione all’insegna di San Giovanni di Dio, 1695, p. 10):
Fece un discorzo un dì, che tanta quatra
Gli dette un tal, di genio assai faceto,
Ch’io ridirlo imprometto, e così giusto,
Ch’ogn’un, tre giulj ci averà di gusto.
Nella lessicografia romanesca moderna la locuzione non viene però registrata: non si trova ad esempio nel dizionario di Chiappini (Filippo Chiappini, Vocabolario romanesco, ed. postuma delle schede a cura di B. Migliorini, Roma, Leonardo da Vinci, 1933), mentre in quello di Ravaro (Fernando Ravaro, Dizionario Romanesco, Roma, Newton Compton, 1994) viene lemmatizzato il sostantivo quadra, ma con le accezioni discusse in precedenza.
La locuzione dar la quatra è invece documentata nella tradizione napoletana: se ne rintracciano, ad esempio, 3 occorrenze nel Pentamerone di Giovan Battista Basile (Lo cunto de li cunti overo Lo trattenemiento de peccerille de Gian Alesio Abbattutis, 5 voll., Napoli, per Camillo Cavallo, 1645; l’edizione consultata è quella del 1749: Il pentamerone del Cavalier Giovan Battista Basile overo Lo cunto de li cunte, trattenemiento de li peccerille di Gian Alesio Abbattutis, Nchesta utema ’mpressione, corrietto, co tutto lo jodizio, Napoli, Stamperia Muziana, 1749, p. 6):
La Vecchia vedennose dare la quatra, venne ’ntanta arraggia, che votato na cera da sorrejere verzo de Zoza, le disse: va che non puozze vedere maje sporchia de marito, se non piglie lo Prencepe de campo retunno.
Se ne trova inoltre traccia nella raccolta di Muzio Floriati Proverbiorum trilinguium collectanea latina, itala, et hispana (Napoli, Lazarum Scorigium, 1636), assieme alle due espressioni sinonimiche italiane dar la baia e dar la berta e a quelle corrispondenti in spagnolo e latino:
Dar la baia.
Dar la berta.
Dar la quatra.
Dar matraca.
Tragulam inijcere.
I sostantivi femminili berta e baia sono messi a lemma dai dizionari italiani con il significato di ‘burla, beffa’ e per estensione ‘sciocchezza, inezia’. I dizionari registrano anche le locuzioni dare, fare la berta col significato di ‘schernire, deridere’ e dare la baia con quello di ‘canzonare, ridere alle spalle di qualcuno’. La voce quatra non è invece censita dai dizionari, ma è verosimile che abbia lo stesso significato di tali sostantivi.
Nel Vocabolario milanese-italiano di Francesco Cherubini (2 voll., 1814; 2a ed. 4 voll., 1839-43, più un 5° vol. postumo, 1856) dar la quadra si trova per spiegare la locuzione dialettale dare la metta:
Dà la metta, che anche dicesi Dà la metta ai sciguett. Censurare. Tacciare. Criticare. Sindacare. Tassare. Caratare. Biasimare […] Metter tutti in canzona, criticare tutti senza riguardo; ciò che i Fr[ancesi] dicono Dauber sur le tiers et le quart – Dà la metta a chi passa. Dar la quadra a chi passa. Prosare.
Lo stesso si legge nel Dizionario milanese-italiano di Cletto Arrighi (Milano, Hoepli, 1896):
Mètta. Quadra. Dà la mètta: dar la quadra.
Cherubini specifica che la voce milanese mètta equivale al prezzo nell’uso sanese (variante di senese, cioè di Siena), alla scaletta in quello fiorentino, alla voce nel napoletano e alla tariffa (non è indicato il luogo quindi probabilmente fa riferimento al termine italiano) e che si intende “quell’ordine con cui le autorità municipali determinano di tempo in tempo la scala del prezzo oltre cui non sia lecito vendere certe derrate. Oggidì fra noi è limitato al pane, alle carni e alle grasce. Il nostro vocabolo parmi che provenga dalla frase Mett a tant la roba. V. in Mètt.”. Al lemma mètt ‘mettere’, sotto l’uso marcato come mercantile, dunque legato all’ambito del commercio, si legge: “Metter prezzo. Valutare. Metter a tant la robba. Rompere il prezzo alla mercanzia. Fermare, stabilire quel ch’ella dee vendersi. E di qui venne probabilmente il nostro nome sustantivo di Mètta per Tariffa”.
Dunque, la mètta è la tariffa, il prezzo di mercato relativo alle derrate alimentari; dare la metta (e quindi dare la quadra) potrebbe allora assumere il significato di ‘mettere il prezzo, valutare, stimare determinando il prezzo di mercato o il valore economico’, e di conseguenza, in senso figurato, di ‘valutare, stimare, apprezzare, giudicare’, con valenze sia positive che negative.
Trovare la quadra
La locuzione di origine settentrionale trovare la quadra significa ‘trovare una soluzione, risolvere un problema complesso, una situazione complicata’.
A differenza di dare la quadra, l’espressione trovare la quadra non è presente nei dizionari storici ed etimologici e manca anche in qualche dizionario sincronico (come il Vocabolario Treccani); il GDLI la registra esclusivamente nel Supplemento 2009, come nuova accezione della voce quadra2, con tale definizione:
s.f. Sett. Soluzione, modo di risolvere un problema complesso che richiede di conciliare una serie di elementi discordanti (in partic. nella locuz. Trovare la quadra).
Non è ben chiaro quale sia l’origine di tale locuzione. Anzi, intorno al significato di quadra all’interno della polirematica si è creato un alone di mistero, come ci ricorda, ironicamente, Stefano Bartezzaghi (la lessicografia sembra concorde nell’ignorare l’origine militare del termine quadra proposta da Bartezzaghi):
Cercare la quadra, trovare la quadra, fare la quadra, disperare di ottenere la quadra… Ma cosa è questa quadra? Una parentesi spigolosa che si frappone nel discorso politico? Un simbolo tetragono di potenza, di origine anatomica? La testa di un logico molto cocciuto? Una squadra senza iniziale, da cui locuzioni come «il gioco di quadra», «quadra che vince non si cambia», «quadraccia fascista»? La quadra vive un’esistenza paradossale: è un’utopia di ordine pratico, un sogno materialista, un’illusione realista. La quadra (in origine, una formazione militare) è una casella in cui sistemare e racchiudere il disordine potenziale, come una sagoma di legno che sistemi le palle sul piano verde del biliardo. […] La quadra è infine la quadratura del cerchio: la formula che mondi possa aprirti, l’equivalenza che superi l’irrazionalità del pi greco, e traduca le linee politiche in circoli perfetti, le volute in angoli finalmente retti (Stefano Bartezzaghi, Quadra, Repubblica.it, 26/10/2003)
Il Garzanti (l’unico, invero) riconduce l’etimologia di trovare la quadra alla locuzione quadratura del cerchio. Il sostantivo femminile quadratura viene dal latino tardo quadratura, derivato di quadrare ‘ridurre a quadrato’ e ha molte accezioni. Nella geometria elementare, indica il ‘problema consistente nella costruzione di un quadrato di area uguale a quella di una data figura’ (quadratura di una figura piana). Nel caso della quadratura del cerchio, il problema, che consiste nella costruzione di un quadrato di area uguale a quella di un cerchio, non è risolvibile con gli strumenti della geometria elementare (cioè riga e compasso) se non in via approssimata, perché π (pi greco) è un numero trascendente, cioè irrazionale. I numeri irrazionali sono numeri che non possono essere espressi sotto forma di frazione; scritti in forma decimale sono numeri illimitati non periodici; si suddividono in numeri algebrici e numeri trascendenti, come il pi greco (π) e il numero di Nepero (e).