L’Ue esiste e vive (anche) a Bruxelles. Il Parlamento europeo, come chi lo abita e lo anima, però ha una sede lavorativa doppia, condivisa con Strasburgo. È scolpito nei trattati dell’Unione. Il luogo, ai confini con la Germania, è un simbolo della concordia tra nazioni che hanno passato secoli a combattersi. Una volta al mese, circa 4mila persone migrano qui dalla capitale belga per le plenarie.
Con un nuovo conflitto nel cuore del continente e in piena crisi energetica, questo pendolarismo rischia di essere un lusso troppo costoso. Diversi deputati sono tornati a chiedere di sospendere le trasferte fino alla prossima primavera. La Francia si oppone, ma è già avvenuto nei mesi più duri della pandemia.
È il classico dibattito che in giornalese verrebbe definito «annoso». A volte lo ha cavalcato l’antipolitica, credendo di rintracciarvi fantomatici «sprechi», e negli ultimi anni è stato riesumato anche per via della maggiore attenzione all’ambiente. Dietro la bicefalia ci sono delle precise ragioni storiche. È il 1952, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio è l’embrione dell’Europa unita di (e l’Italia ne fa parte). Per le prime assemblee, offre il suo emiciclo di Strasburgo il Consiglio d’Europa, un’organizzazione a tutela dei diritti umani di cui fanno parte 47 Paesi. Insomma, è domiciliato lì l’antenato dell’Europarlamento.
Le sessioni straordinarie si tengono in Lussemburgo, dove oggi si trovano molti uffici parlamentari. Con la nascita della Comunità economica europea (Cee), nel 1958, le attività iniziano a gravitare su Bruxelles. Poi si consolida la prassi attuale: in Belgio si insediano i gruppi politici e si concentrano le commissioni, per le plenarie ci si sposta a Strasburgo. Questa organizzazione viene recepita a Maastricht nel 1992 e incorporata nella legge comunitaria ad Amsterdam nel 1997. Per cambiare lo status quo, quindi, andrebbero modificati i trattati: serve l’accordo unanime dei governi dei 27 Stati membri e infine la ratifica dei Parlamenti nazionali.
La verità è che gli eurodeputati ci hanno provato, a più riprese, incontrando l’opposizione di Parigi. Mozioni, rapporti, relazioni di centri studi. Alla fine, sono prevalse (comprensibili) ragioni diplomatiche. Non va sottovalutato l’indotto per il capoluogo alsaziano, tra alberghi e ristorazione. La campagna per il «seggio unico» era una bandiera dei Conservatori e riformisti (Ecr), ma a risollevare il tema in questi giorni è stato il Partito popolare europeo. Il tedesco Peter Liese (Cdu) ha inviato una lettera alla presidente Roberta Metsola, chiedendole una moratoria da qui ad aprile 2023, cioè finché i Ventisette saranno alle prese con l’emergenza.
«Se chiediamo a tutti di risparmiare l’energia – scrive Liese –, è da irresponsabili tenere riscaldati due edifici e fare viaggi non necessari. Durante la pandemia da coronavirus, ci siamo riuniti solo a Bruxelles per un lungo periodo. Per tanta gente, la crisi è peggiore. È per questo che dobbiamo reagire a nostra volta». Come riporta Politico, l’appello ha raccolto adesioni tra le altre principali famiglie politiche, Socialisti e democratici, Conservatori e Verdi, con l’eccezione di Renew Europe, dove è egemone il partito del presidente francese Emmanuel Macron.
La priorità dei vertici dell’Europarlamento è evitare divisioni, in un contesto internazionale in cui sarebbero imperdonabili. C’è il precedente del marzo 2020, quando l’allora presidente David Sassoli ha deciso di sospendere le plenarie perché la regione era zona rossa. Sarebbero riprese a dicembre dello stesso anno.
Più di recente, l’istituzione ha deciso di mettere in pausa 14 progetti di ristrutturazione, tra Bruxelles, Strasburgo e il Lussemburgo, che valevano 6,7 milioni di euro. Tra le altre cose, prevedevano un bar e un nuovo sistema dell’aria condizionata. I risparmi serviranno a coprire le spese correnti.
Studi datati al 2014 hanno calcolato che quello spostamento (e tutto quanto comporta) di 430 chilometri costasse fino a 109 milioni di euro all’anno. L’impatto ecologico, sostiene Ecr, è di 20mila tonnellate di emissioni di anidride carbonica. Quello economico pesa meno del 6% del budget del Parlamento e lo 0,1% del bilancio complessivo dell’Ue. L’efficienza energetica dei palazzi sarà anche migliorata, ma quelli di Strasburgo restano comunque vuoti per la maggior parte dell’anno.
In tempi di pace, ci si può permettere di non fare economia, ma siamo alle porte di un inverno più duro degli ultimi. Non si tratta solo di prudenza, la domanda è un’altra: siamo sicuri di non poter spendere meglio quei soldi? Un esempio a caso: armare l’Ucraina.