Se gli «imbullonati» (copyright Carlo De Benedetti) non sanno nemmeno organizzare un congresso chissà come faranno a scalzare il governo, e in effetti quest’ultima questione non è esattamente all’ordine del giorno. Con un Partito democratico messo così Giorgia Meloni può dormire tra due guanciali anche se non facesse niente, come più o meno sta accadendo. Non stiamo parlando qui dei massimi sistemi, se il Pd oggi rappresenti il popolo o la borghesia – come se la borghesia non fosse popolo – ma di una cosa in teoria semplice semplice: fare un congresso.
Al Nazareno si stanno rompendo la testa tra due esigenze: fare presto e fare bene, pare che le due cose non riescano ad andare insieme, se fanno presto non aprono le porte, se le aprono ci può voler mettere molto tempo. Per non incartarsi oltre è probabile che le primarie si faranno prima del previsto, il 19 febbraio forse. Ma dietro questo rompicapo se ne nasconde uno molto più prosaico, cioè vincere il congresso, vale a dire salvare la propria corrente e il proprio ruolo personale dal disastro politico della gestione Zingaretti-Letta di questi anni, quello che Claudio Velardi, con formula pre-politica, ha definito «salvare il culo».
Gli «imbullonati» hanno occupato i gruppi parlamentari, fanno e disfano, guidano le correnti che non si scioglieranno mai finché c’è un po’ di potere interno/esterno da conquistare, correnti che non si occupano di elaborazione politica ma di posizionamenti e gestiscono il brand Pd – che comunque vale ancora quasi il 20% – e garantisce migliaia di posti nelle assemblee elettive e nei governi e sottogoverni a vari livelli. E se si para un possibile ciclone tipo Elly Schlein ci saltano sopra – vedi Dario Franceschini – per non subirlo anche se pochi la amano davvero. Dall’altra parte i silenziosi riformisti sperano in una rivincita ma non è chiaro quale progetto a lungo termine abbiano in testa ma almeno si intuisce che vogliono girare pagina, in tutti i sensi, e in fretta.
Domani si terrà l’Assemblea nazionale, un organismo di cui non si conosce neppure il numero esatto – fu eletta tre anni fa, da allora tanta gente è sparita – che dovrebbe fare ordine e fissare tappe e data delle primarie. Era stato tutto già deciso dall’ultima Direzione dopodiché ci si è resi conto che aprire i gazebo il 12 marzo effettivamente sarebbe stato un po’ troppo tardi ma è il garbuglio politico che risulta inestricabile, perché è il frutto malato di tante cose malate.
Qui ci vuole il commissario Ingravallo che nel Pasticciaccio di Gadda diceva che «le inopinabili catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomito.
Lo “gnommero” che attanaglia il commissario Ingravallo somiglia in effetti a quello che sta stufando persino il mite Enrico Letta, talmente scocciato – riferiva ieri La Stampa – da essere tentato di sbattere la porta e lasciare la pratica in mano a un reggente, l’ennesimo nella storia del Pd. Ma non lo farà. E in effetti questa sarebbe stata la soluzione migliore a partire dalla sera del 25 settembre, via Letta e il suo gruppo dirigente, tutto il potere in mano a una figura autorevole e rapida apertura dell’iter congressuale in poche settimane modificando lo statuto più barocco dell’Occidente.
Invece la lunga e tortuosa strada scelta compiuta non fa che attirare sempre crescenti antipatie verso il Pd e il suo leader mentre “lei” governa e si prende tutta la scena e tra l’altro inibisce la possibilità di scelte chiare, guardate in Lombardia e nel Lazio che disastri stanno combinando volando di corsa verso cocenti sconfitte in entrambe le regioni che avverranno probabilmente a ridosso delle primarie che così rischiano di essere ancora più funeree del previsto.
Dicevamo, “lei” governa, a suo modo, cioè con tonnellate di pura immagine, quintali di vittimismo – adesso anche questa finta polemica (contro chi?) sulla figlia a Bali – e moltissimo nullismo di governo: gli aiuti anti-bollette è draghismo puro, mentre sparisce il contante e soprattutto lo scudo fiscale, una misura riformista che ormai è fortemente sostenuta solo da Carlo Bonomi, con il ministro Matteo Piantedosi che pare un Salvini dal volto umano, e forse nemmeno. Di concreto il governo fa poco e quello che fa lo fa male – l’incidente con la Francia nemmeno un ragazzino l’avrebbe creato – ma dal Pd zero, ridotto persino ad aspettare i tempi dello storico ingresso di Articolo Uno nel partito, il piatto forte del congresso costituente.
La sinistra interna non ha un candidato e chi se ne importa, votino per Elly Schlein, se lei volgerà la sua piattaforma politica orientandola a sinistra. Gli altri voteranno Stefano Bonaccini. Ormai lo scontro è questo qua. Aspettando un amletico Dario Nardella. Paradossalmente le cose sono più chiare dello gnommero del Nazareno: e dunque aprite presto i gazebo e fate l’opposizione, che il tempo non è dalla vostra parte.