Sul tavolo di Giorgia Meloni non c’è ancora il sesto decreto di aiuti miliari all’Ucraina. È concentrata sulle misure economiche per contrastare lo tsunami del caro bollette e l’aggiornamento del Def che serve a predisporre la prima legge di Bilancio del governo.
La premier posticipa il problema di dover convincere i suoi alleati a spendere altri soldi per continuare ad armare Volodymyr Zelensky. E non sarà così facile. Matteo Salvini il messaggio lo ha fatto arrivare attraverso le parole pronunciate dal suo capogruppo Massimiliano Romeo durante le dichiarazioni di voto sulla fiducia («Si fa fatica a sentire che decideranno gli ucraini, è la comunità internazionale che deve decidere»), provocando la reazione di Kyjiv («certi politici vogliono piacere a Putin»). Ma per il momento meglio far dormire la questione, non riportare in piazza le divisioni della maggioranza.
Meglio lasciare che ad azzannarsi siano le opposizioni che invece in piazza scendono davvero per mostrare la loro profonda frattura. Meglio parlare d’altro, far finta che Silvio Berlusconi non abbia detto a Bruno Vespa (il libro “La grande tempesta” del conduttore di Porta a Porta è uscito proprio ieri) che a un certo punto l’Ucraina dovrà capire di non poter più contare sulle armi e sugli aiuti: «Se invece l’Occidente promettesse di fornirle centinaia di miliardi di dollari per la ricostruzione delle sue città devastate dalla guerra, Zelensky, forse, potrebbe accettare di sedersi al tavolo per una trattativa».
I filo putiniani del governo sognano una conferenza di pace alle condizioni di Mosca, non contemplano neanche l’ipotesi che le truppe con la Z disegnata sui carri armati russi lascino e restituiscano i territori occupati nel Donbas in questi mesi di guerra e di massacri di civili. La Crimea? Non ne parliamo proprio, è bella che andata! Ci aveva già pensato l’attuale presidente della Camera Lorenzo Fontana in veste di osservatore internazionale (non è chiaro chi aveva dato questa ruolo, forse via Bellerio) a legittimare l’annessione.
Sì, meglio camuffare, lasciare che si consumi anche nelle piazze quella che nel governo chiamano la “guerra civile” tra le opposizioni. E che garantisce a Meloni lunga vita. Eppure presto anche a Palazzo Chigi si porrà il problema di scrivere e finanziare il decreto sugli aiuti militari a Kyjiv.
Gli atlantisti di Fratelli d’Italia assicurano che ci sarà, ma non entro novembre e forse nemmeno a dicembre. Decidere di mandare altre armi è un rischio, potrebbe essere destabilizzante, molto più delle scaramucce sollevate da esponenti di Forza Italia sul reintegro negli ospedali di medici no vax e sulle norme no rave party.
Meloni però giovedì ha garantito ai vertici europei di essere determinata sul sostegno all’Ucraina. Non bisogna stare a sentire quello che dicono Berlusconi e Salvini. Pensa di averli nella manica. Ma del decreto ancora non c’è traccia. «Ci arriveremo», assicura per il ministro della Difesa Guido Crosetto, che in un’intervista all’Avvenire però è apparso cauto. «Decideremo insieme agli alleati in futuro», dice senza specificare la tempistica. «Ma in una fase così complessa come quella che stiamo vivendo – aggiunge Crosetto – la sola cosa che non possiamo fare è perdere il contatto con i nostri alleati internazionali, la Ue e l’Alleanza atlantica. E dunque c’è un solo modo di muoversi e di decidere». Il sesto decreto arriverà perché «non mi pare siano cambiate le condizioni che, uno dopo l’altro, li hanno determinati. Quindi se devo fare una previsione sincera dico che, se non cambierà la situazione in Ucraina, ci sarà».
Vedremo quando. Per il capogruppo di Forza Italia Alessandro Cattaneo non è una priorità. Non lo è sicuramente per Berlusconi che teme l’escalation nucleare dell’amico Putin. Meglio soldi per la ricostruzione che l’artiglieria. Quando però si arriverà al dunque, e gli ucraini potrebbero bussare presto alla nostra porta, il Cavaliere darà il suo ok, «come ha fatto sempre», assicura il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Il responsabile della Farnesina cerca di tenere a bada il leader azzurro e spera che quel futuro di cui parla Crosetto sia più lontano possibile. Sa che le divisioni nella maggioranza sono molto più devastanti di quelle delle opposizioni.