Giovedì sera, ospite di Paolo Del Debbio a Dritto e Rovescio, Giuseppe Conte ha detto molto chiaramente a cosa serve e che senso ha – a suo giudizio – la manifestazione per la pace che si terrà oggi a Roma. A fermare chi ha scatenato la guerra, cioè Vladimir Putin? No. A fermare perlomeno entrambe le parti in conflitto, come spesso si dice con lingua biforcuta, equiparando aggressore ed aggredito? Neanche.
La mobilitazione, secondo Conte, serve a mandare un segnale alla Nato, al governo italiano e all’Unione europea. Serve a fermare la «spinta bellicista» non di chi ha invaso l’Ucraina, ma di chi aiuta gli ucraini a difendersi.
Queste le testuali parole del leader del Movimento 5 stelle, a proposito della manifestazione di oggi: «Io mi auguro che ci siano anche cittadini che hanno votato le forze di centrodestra, anche cittadini che hanno votato Fratelli d’Italia, che però non condividono questa spinta bellicista perché non hanno assunto nessun impegno con Washington, non hanno sottoscritto questa strategia della Nato, e allora quanti più cittadini, anche con diverse sensibilità politiche, ci saranno, significherà che noi daremo un segnale ai nostri governi, non solo in Italia, ma nell’Unione europea e a livello di Alleanza atlantica». Chiaro?
Se non fosse abbastanza chiaro, Conte ha anche approfondito il modo in cui secondo lui bisogna costruire la pace. Testualmente: «La pace non cade dal cielo, si costruisce. Come si costruisce? Innanzi tutto con manifestazioni come quella di sabato, dovrebbero esserci poi in tutte le capitali europee. Bisogna convincere i governanti dell’Alleanza atlantica, a partire dall’Unione europea, che questa strategia non è fruttuosa. Dobbiamo quindi lavorare tutti e convincerci che la via d’uscita è il negoziato di pace, quando ci saremo noi convinti potremo poi convincere altri attori internazionali».
Ricapitolando, il problema è la «spinta bellicista» dei governi occidentali, mica della Russia, e le manifestazioni, oggi a Roma e domani, auspicabilmente, in tutte le capitali europee, servono proprio a far cambiare linea a quei governi. Ecco qual è, secondo Conte, la strada per la pace.
Come si può qualificare un simile discorso, che accusa i governi europei di sostenere l’Ucraina per puro servilismo nei confronti di Washington? C’è qualcuno, anche tra i partecipanti alla manifestazione romana, cui per fortuna hanno aderito anche partiti, movimenti e intellettuali schierati su posizioni ben diverse, che possa in buona fede negare il carattere smaccatamente putiniano di una simile propaganda? Dire che per ottenere la pace occorre far cambiare strategia alla Nato, all’Unione europea e a tutti i governi impegnati nel sostegno all’Ucraina, invocare una mobilitazione popolare in tutte le capitali europee per spingere i governi a rivedere la propria posizione, che cos’è, come si chiama, come bisognerebbe definirlo se non come lo sforzo di boicottare il sostegno alla resistenza, a tutto vantaggio dell’invasore?
È ora che il Partito democratico e i tanti che continuano a lavorare per consegnare a Conte quel che resta del centrosinistra dicano una parola chiara su tutto questo. Il doppio gioco – con Draghi ma anche con Conte, con l’Ucraina ma anche con chi propone di disarmarla – è durato fin troppo.
I libri di storia non daranno conto solo delle atrocità di Bucha, delle deportazioni, delle stragi e delle torture compiute ogni giorno dagli occupanti. Daranno conto anche delle nostre parole e delle nostre scelte di oggi. Vale per i politici, vale per i giornalisti, vale per gli intellettuali. Può anche darsi che certe ambiguità paghino nell’immediato, nei sondaggi e negli indici di ascolto. Certo è che la storia sarà assai meno generosa.