Gian Paolo BarbieriDentro il processo creativo di un mostro sacro della fotografia di moda

Il fotografo classe 1935, che ha lavorato con Monica Bellucci ed Eva Herzigová, si è sempre fatto influenzare dall’arte, dal cinema e dal teatro, valicando elegantemente i confini del fashion system. Fino al 25 marzo, alla galleria 29 Arts in progress di Milano, una selezione di scatti (perlopiù inediti) offrirà uno sguardo non convenzionale sulla sua inimitabile carriera

Dal film “Gian Paolo Barbieri: L’Uomo e la Bellezza” (Courtesy of 29 ARTS IN PROGRESS gallery)

Una volta varcata la soglia del salone principale della 29 Arts in progress, nel quartiere milanese di Sant’Ambrogio, sulla destra si notano subito tre foto in cui l’acqua è l’elemento cardine. C’è la modella Alberta Tiburzi che si gode un bagno in terra kenyota (scatto del 1969). C’è Christiana Steidten su una spiaggia delle Seychelles con il volto coperto (1975), una posa provocante e un voluminoso pesce rosso in mano. E poi c’è Moira O’Brien, sempre alle Seychelles, vestita con un sottilissimo abito bianco zuppo e sollevata da tre ragazzi del posto in un allegro momento di festa (1981). 

Non è un caso che una mostra di Gian Paolo Barbieri, leggenda della fotografia di moda, si apra proprio con tre scatti “bagnati”. Quando era piccolo, a Milano, i suoi genitori lo immergevano nei navigli allora balneabili per insegnargli a nuotare: una sorta di rito di iniziazione verso l’indipendenza e una vita adulta in cui, prima o poi, bisogna cavarsela da soli. Da lì è nato il suo viscerale amore per l’acqua, che torna ciclicamente all’interno dei suoi lavori. 

Gian Paolo Barbieri – Moira O’Brien, Seychelles, 1981 (Courtesy of Fondazione Gian Paolo Barbieri _ 29 ARTS IN PROGRESS gallery)

La mostra in questione si chiama Gian Paolo Barbieri: Unconventional, è stata inaugurata il 29 novembre e rimarrà aperta fino al 25 marzo 2023. Avete circa quattro mesi per godervi una selezione di fotografie a colori, quasi tutte inedite, in grado di offrire uno sguardo intimo e particolare alla produzione di un mostro sacro del settore. Le foto esposte alla 29 Arts in progress testimoniano la poliedricità artistica ed espressiva del fotografo classe 1935, che costruiva set pensati in ogni minimo dettaglio e arricchiva i suoi lavori con citazioni – più o meno velate – all’architettura, al cinema e al teatro. Non solo moda, insomma. 

All’inaugurazione per la stampa abbiamo chiacchierato con Emiliano Scatarzi, fotografo e filmmaker che ha ideato e diretto “Gian Paolo Barbieri: L’Uomo e la Bellezza”, docufilm sulla vita del fotografo milanese che è stato presentato poco prima della mostra (vincitore del premio del pubblico al Biografilm Festival 2022 di Bologna). Scatarzi, con gli occhi lucidi e un timido sorriso, ci ha parlato della sua amicizia con Barbieri e dell’empatia dell’artista meneghino, che vent’anni accolse sul suo set un giovane professionista che si aspettava la competitività e l’aggressività tipica di quei contesti. 

E invece trovò Gian Paolo Barbieri, che lo prese sotto la sua ala e divenne un suo maestro. Anche, e soprattutto, di vita. Scatarzi ha poi raccontato della paura degli avvoltoi. Avvoltoi che, quando purtroppo Barbieri non ci sarà più, mostreranno un interesse inedito e non sincero per un documentario realizzato per amicizia, per amore della professione e per il piacere di generare un prodotto di qualità (concepito dopo cinque anni di lavoro). Nella speranza di essere un anello di congiunzione tra la generazione di Barbieri e i giovani d’oggi. 

Gian Paolo Barbieri – Eva Herzigova, Roma, 1997 (Courtesy of Fondazione Gian Paolo Barbieri: 29 ARTS IN PROGRESS gallery)

Insieme a lui continuiamo il nostro tour per la mostra. A colpirci è inevitabilmente la foto grande formato della supermodella Eva Herzigová che mangia un piatto di spaghetti, seducendo con lo sguardo il suo interlocutore maschile: «Ogni opera è firmata e numerata, e di solito Gian Paolo ne produce cinque esemplari. Di quelle in grande formato, però, ne esistono solo tre», ci spiega Luca Casulli, co-fondatore e co-direttore della 29 Arts in progress gallery. 

Andando avanti, ecco la chicca. Laura Alvarez con un vestito rosa di Armani stesa su un camioncino pieno di banane ancora acerbe, nel cuore della natura del Venezuela. In alto c’è un condor imbalsamato, posizionato dallo stesso Barbieri sul set: «Lo prese in prestito dal museo di Caracas e realizzò questo servizio nel 1975, ispirandosi al rosa tipico della cultura venezuelana. Fa riflettere la contemporaneità di questi scatti, che hanno già cinquant’anni di vita». A primo impatto, effettivamente sembra una foto stampata nel 2022. «Ma se ti avvicini – continua Casulli – puoi notare la pellicola. Come vedi, le palme non hanno l’effetto perfetto del digitale». 

Laura Alvarez, Venezuela, 1976 (Courtesy of Fondazione Gian Paolo Barbieri: 29 ARTS IN PROGRESS, gallery 16.29.22)

La mostra non presenta le opere di Barbieri in ordine cronologico. I curatori hanno appositamente accostato fotografie scattate in periodi storici completamente diversi. La grandezza di Barbieri è proprio questa: resistere alle tendenze e allo scorrere del tempo, mantenendo intatti i suoi valori artistici e la sua identità. Foto di fine anni Settanta sembrano dello stesso periodo di immagini catturate a fine anni Novanta. 

Unconventional dà tanto spazio all’erotismo. C’è, infatti, la celebre foto di Monica Bellucci nuda per Dolce & Gabbana nel 2000. Non mancano, però, scatti inediti più ricercati ma non per questo meno intimi e riflessivi, come quelli alla modella Frauke Quast alle Mauritius nel 1983. La luce viene tagliata orizzontalmente dalle persiane, aggiungendo drammaticità e sensualità al momento. Non erotica, ma comunque iconica, la foto di Donatella Versace e Rupert Everett su un’automobile a Milano nel 1996. 

«Da sempre amo l’arte, in tutte le sue declinazioni. Fin da piccolo l’ispirazione al teatro e al cinema furono una spinta importante. Poi leggendo tanto, studiando l’arte classica,  guardando i maestri del passato o semplicemente guardandomi intorno e prendendo spunto da ciò che si animava intorno a me, sviluppavo il mio occhio artistico. Immaginavo e disegnavo nella mia mente ciò che avrei voluto fosse il risultato del servizio, costruivo i  miei set in maniera impeccabile, sempre con una citazione, più o meno esplicita, all’arte, al  cinema o all’architettura», spiega Barbieri. Alla 29 Art in progress, fino a marzo, potrete immaginare e fantasticare con lui.