La fotografia e la moda sono l’una il medium dell’altra. La moda non può prescindere dall’intervento della fotografia per “fermare” in immagini ciò che la moda ha vivacemente e disordinatamente messo in moto. E la fotografia non è mai assente di moda, intesa nel suo significato più ampio: qualsiasi scatto ci parla della storia e della porzione di sguardo di chi sta dall’altra parte, perciò abbonda di dettagli stilistici e del senso estetico di ciò che è raffigurato. Nel caso della collaborazione tra SuperDuper e Alex Lambrechts il connubio è così rappresentativo da risultare un caso a sé.
Nato in Uruguay ma cresciuto in Australia, Alex Lambrechts ha un volto d’altri tempi: intenso, scavato, terreno. Potrebbe tranquillamente fingere di appartenere a un’altra epoca, non fosse per i tatuaggi che gli corrono sulle dita e sulle braccia. Ha collaborato con numerosi marchi di moda tra cui Hermes e Tom Ford, scrive su riviste del calibro di British Vogue, GQ, Nylon, Elle, V, Rush ed è il direttore fotografico della rivista semestrale londinese Fashion & Interview THE FALL.
Viaggia e posa insieme alla moglie, l’artista Josephine Marfurt, che partecipa spesso alle sue campagne come espressione di una simbiosi eccentrica e iconica, imprescindibile per gli slanci creativi di entrambi. I lavori di Alex Lambrechts sono caratterizzati dalla grana dei colori, dalla vividezza delle forme, dal paesaggio che domina incontrastato alle spalle dei protagonisti delle scene: un lascito della sua carriera di regista, che contamina le sue opere fotografiche esattamente come queste ultime contaminano i suoi film. In questo caso, i protagonisti sono proprio i cappelli.
La nuova collezione SuperDuper presenta cappelli a falde larghe, a metà strada tra il copricapo di un parigino a passeggio del secolo scorso e quello da cowboy. Alex Lambrechts li conduce all’interno di un pellegrinaggio che potrebbe essere il racconto per immagini di una storia di formazione: dalle distese aperte del Montana, alle valli del Ticino, alle acque di Capri ai vicoli e ai bar fumosi di Londra, sembra che siano i cappelli stessi a viaggiare, a spostarsi di luogo in luogo, di contesto in contesto, quasi cercassero loro stessi.
Si chiamano Redscale, Wide Angle, Resolution, Highlight Diamond. Tranne l’ultimo, deliberatamente ispirato al look di Picasso o di Hemingway e che rimanda a panorami esotici, selvaggi, dove entrambi gli artisti erano soliti fuggire con qualche conquista, gli altri sono tutti realizzati con feltro di coniglio, morbidissimi al tatto. All’interno una fodera a strappo che rappresenta una delle foto di Supaman di Alex o altri scatti effettuati da lui con la tecnica del grandangolo o quella cosiddetta redscale, secondo la quale la pellicola viene esposta sul lato sbagliato.