Fatta la legge, 48 ore dopo è già tempo di cambiarla. Il decreto anti-rave, o meglio anti-raduni, presentato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sarà corretto. Nonostante la premier Giorgia Meloni ieri lo abbia difeso sui social – «Rivendico la norma, ne vado fiera» – il governo apre alle modifiche in Parlamento, su spinta soprattutto di Forza Italia. L’iter di conversione in legge del decreto comincia oggi in Senato.
«Se la Chiesa ha cambiato il Padre nostro, figuriamoci se non si può modificare in Parlamento il decreto del ministro Piantedosi», dice alla Stampa Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera, di Forza Italia. «Il decreto nasce da un’attività illegale, sulla quale lo Stato doveva dare una risposta immediata. C’era la necessità e l’urgenza. In Parlamento si ragionerà sulla pena prevista, che per noi non deve essere superiore ai cinque anni». Il problema, per Mulè, «è la discrezionalità: la storia di questo Paese insegna che dove viene lasciata eccessiva discrezionalità al pm, questo può diventare un abuso. Quindi è giusto è mettere dei paletti».
Francesco Paolo Sisto, forzista e neonominato viceministro alla Giustizia, va oltre e ipotizza la «necessità di intervenire» per «evitare equivoci», e cioè «che la norma possa applicarsi alla legittima manifestazione del dissenso». E specifica che il decreto sui rave party «non deve riguardare chi esprime dissenso in ambito scolastico o sindacale». Una posizione che porta alla luce il malessere dentro Forza Italia sia sul possibile ambito di applicazione della norma, sia sulle misure detentive per il reato e la conseguente possibilità di richiedere intercettazioni.
Ma è lo stesso titolare della Giustizia, Carlo Nordio, a esplicitare possibili modifiche in Parlamento. «La norma tutela i beni giuridici dell’incolumità e della salute pubblica quando sono esposti a un pericolo – fa il punto con una nota Nordio – ma non incide sui diritti di libera espressione del pensiero e della libera riunione. La sua formulazione è sottoposta al vaglio del Parlamento che può approvarla o modificarla».
Anche il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, di Fratelli d’Italia, apre: «Se l’opposizione è animata dalle migliori intenzioni, potremo modificare il provvedimento insieme in Aula».
Il decreto mostra almeno due criticità, sulle quali esponenti della stessa maggioranza chiedono di intervenire: l’eccessiva genericità della norma per definire «l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati» e la possibilità di intercettare alla ricerca di ipotetici responsabili del nuovo reato.
Le modifiche serviranno anche a scongiurare eventuali imbarazzi o diversità di vedute con il Viminale al ministero della Giustizia. Il giorno del giuramento, il Guardasigilli Nordio disse infatti di voler procedere a «una forte depenalizzazione e quindi una riduzione dei reati», ma al suo esordio l’esecutivo ha introdotto un nuovo reato. Inoltre ha sempre sostenuto come le intercettazioni «andrebbero limitate; alcune sono indispensabili e altre dannose perché limitano la libertà dei cittadini». Ma, per come è scritta, la norma anti-rave espande gli ascolti delle conversazioni anche a questa fattispecie.
Sisto ha spiegato che «l’unico sistema è portare la pena a un livello che inibisca l’uso delle intercettazioni», quindi sotto i cinque anni. Ma secondo il viceministro bisogna pure «tipizzare la fattispecie» dei rave-party da punire, «per evitare che quella appena approvata da norma di garanzia si trasformi in norma di polizia; non si può “ravizzare” ogni tipo di raduno o manifestazione». E allora, «siccome l’intenzione è di colpire situazioni in cui il largo uso di sostanze stupefacenti crea pericoli concreti per l’ordine e la salute pubblica», proprio il consumo di droghe correlato agli eventi consentirebbe di definire meglio il reato.
E Licia Ronzulli, capogruppo di Forza Italia al Senato, precisa: «Noi saremo sempre il baluardo contro il giustizialismo».
Ma c’è anche il reintegro dei medici no vax che non è andato giù a Forza Italia. Giorgio Mulè spiega: «Nutro molte perplessità. La stessa durezza che abbiamo mostrato sul carcere ostativo dovevamo dimostrarla sulla vita delle persone, su questo non ci deve essere nessun tentennamento. È stato dato un esempio sbagliato».