Dopo una prima settimana (quasi) priva di passi avanti concreti, i negoziati della Cop27 di Sharm el-Sheikh – che terminerà il 18 novembre – entrano nel vivo nella speranza di raggiungere risultati importanti sui temi attualmente sul tavolo. Tra questi c’è il “Loss and damage”: chi deve pagare il conto della crisi climatica? Di certo non gli Stati più poveri e vulnerabili, che sono anche quelli che emettono meno emissioni e che hanno meno responsabilità diretta. Un argomento altrettanto rilevante è quello della povertà alimentare, fenomeno radicato soprattutto negli Stati più esposti agli eventi climatici estremi. Secondo Oxfam, il settantanove per cento delle vittime e il novantasette per cento delle persone colpite da questi fenomeni – direttamente connessi al climate change – vive nei Paesi in via di sviluppo (dati raccolti dal 1991).
Stando ai report del 2020 pubblicati dalla Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, la domanda di cibo globale aumenterà del settanta per cento entro il 2050, e per soddisfarla saranno necessari almeno ottanta miliardi di dollari di investimenti all’anno. In quest’ottica, però, una persona su quattro a livello mondiale rischia di vivere una situazione di carenza alimentare. C’è poi anche una questione finanziaria: nel mondo, la metà degli agricoltori globali non è dotata di servizi bancari. Un problema non da poco per gli attori di un settore – quello agroalimentare – che contribuisce al quattro per cento del Pil mondiale e assorbe il ventisette per cento della forza lavoro.
Marco Elio Rottigni, chief international subsidiary banks division di Intesa Sanpaolo, ne ha parlato nel corso del panel della Cop27 dedicato all’impatto della crisi climatica sull’agroalimentare: «Il nostro approccio eco-friendly, basato su un solido patrimonio di competenze e strumenti, si riflette nell’operato della International subsidiary banks division che dirigo. Questa presidia le attività del Gruppo in dodici Paesi dell’Europa centro-orientale e del Nord Africa, con ventunomila colleghi, sette milioni di clienti, circa mille filiali e sessantacinque miliardi di euro di asset», ha detto.
Marco Elio Rottigni ha poi parlato del ruolo egiziano nel settore agroalimentare: «Intesa Sanpaolo affronta i progetti agroalimentari in termini sia di opportunità di business sostenibili che di approccio olistico allo sviluppo sostenibile, riconoscendo il ruolo centrale dell’agricoltura. Insieme all’Italia, l’Egitto è sicuramente il Paese che ci permette di valorizzare e arricchire fortemente la nostra esperienza nell’agroalimentare. L’Egitto funge da naturale “ponte” di collegamento ai Paesi dell’Area Mediterranea, compresi i Balcani occidentali, assumendo un ruolo sempre più cruciale nell’Area».
Dati alla mano, l’agricoltura contribuisce a più dell’undici per cento del Pil egiziano (Banca mondiale), al ventotto per cento dei posti di lavoro (Usaid) e al cinquantacinque per cento dell’occupazione nell’Alto Egitto (Usaid).
«Siamo convinti che la nostra esperienza internazionale nei settori della finanza sostenibile e dell’agro-impresa possa accelerare il trasferimento di conoscenze verso un settore agricolo ecosostenibile, capitalizzando i talenti locali in Egitto, dove siamo presenti attraverso Alexbank», aggiunge Marco Elio Rottigni, secondo cui «il finanziamento dell’agrobusiness è stata costantemente una delle priorità di lunga data di Alexbank, confermando il suo pieno sostegno in particolare ai piccoli agricoltori».
L’obiettivo, conclude, «è quello di fornire soluzioni finanziarie e non finanziarie innovative, in grado di supportare lo sviluppo economico integrato, l’inclusione finanziaria e la sostenibilità ambientale, per contribuire all’attuazione della Vision 2030 dell’Egitto e degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni unite».