Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, uomo di Fratelli d’Italia al Mef, sul Corriere illustra la «tregua fiscale» contenuta nella legge di bilancio appena approvata.
Non un condono, ribadisce più volte. Anche se «non ci sono entrate nel 2023 sotto questa voce nella manovra, ma solo negli anni successivi, secondo valutazioni in corso».
In ogni caso, prosegue, «la tregua fiscale, che non riguarda solo cartelle, intende riequilibrare il rapporto fisco-contribuente. E non ci sono condoni. Prima delle cartelle, partiamo dalle dichiarazioni. Ci sono tanti contribuenti che nei modelli di denuncia dei redditi tra il 2019 e il 2021 hanno dichiarato tutto, ma poi non sono riusciti a versare le imposte dovute. Ad esempio, a causa del Covid. E allora noi diamo la possibilità di saldare il debito col fisco in cinque anni e con una sanzione del 3%».
Ma c’è anche chi ha evaso dichiarando meno del dovuto. E in questo caso «abbiamo previsto due casi», spiega Leo. «Se il fisco ancora non ha contestato l’evasione, diamo la possibilità di un “ravvedimento operoso” più graduale: si paga tutto il dovuto ma con più tempo, in due anni e con una sanzione del 5%. Se invece l’evasione è già stata contestata, il contribuente può pagare a rate, in cinque anni, e con una sanzione del 5%, oppure, se pensa che il fisco sia in errore, può ricorrere all’accertamento con adesione, apre cioè una trattativa col fisco per ridurre l’importo dovuto. Infine, se c’è già un contenzioso in corso, può chiuderlo, a seconda dell’esito e dello stato del giudizio, accedendo a una conciliazione giudiziale».
Il viceministro spiega che «con la tregua fiscale vogliamo instaurare un rapporto non più conflittuale col contribuente e smaltire il magazzino crediti dell’Agenzia delle entrate, che ha raggiunto 1.132 miliardi, di cui solo una minima parte esigibile. Ecco perché cancelliamo le cartelle fino a mille euro notificate fino al 2015, mentre per le altre si dovrà pagare tutto, ma in cinque anni, senza sanzioni, aggi e interessi».
I contribuenti interessati sono «tantissimi», dice. «Basti pensare che quelli che hanno cartelle pendenti sono 19 milioni».
La manovra, però, non prevede entrate frutto della lotta all’evasione fiscale. «Queste non si stimano in anticipo, ma a consuntivo», sottolinea Leo. «Il governo non abbassa la guardia sull’evasione. Lo testimonia la norma sulle partite Iva che vengono aperte e chiuse a ripetizione per non pagare le imposte. L’Agenzia delle entrate, in questi casi, potrà cancellare la partita Iva. E se il titolare vuole riavviare un’attività, dovrà prima fornire una fidejussione bancaria a garanzia delle imposte future».
Sull’aumento da mille a 5mila euro per il tetto ai pagamenti in contante, spiega: «Io nemmeno 100 euro, pago tutto con bancomat e carta di credito. Ma ci sono altre situazioni di cui tener conto. Per esempio, i turisti abituati a spendere in contanti. E comunque abbiamo dato un segnale coerente col nostro programma, sapendo che non c’è alcuna relazione tra tetto al contante e livello d’evasione. Nel 2003 il tetto era a 12.500 euro e l’evasione era stimata in 83 miliardi. Sotto il governo Monti il tetto scese a mille e l’evasione era a 86 miliardi».
Mentre sull’ampliamento del tetto da 65mila a 85mila euro dei ricavi delle partite Iva per avere la flat tax al 15%, Leo dice che «costa 281 milioni nel 2023, 347 nel 2024 e 379 a regime. Oggi sono circa 2 milioni di partite Iva che hanno già scelto la flat tax fino a 65mila euro. Riguarda questa platea, che potrà anche aumentare. Questa misura è in linea con la Ue, per la quale si può arrivare fino a 100 mila euro nel 2025. Inoltre, abbiamo corretto un meccanismo della vecchia flat tax che non funzionava, stabilendo che se l’anno successivo a quello in cui si è beneficiato dell’aliquota al 15%, si superano i 100mila euro di ricavi, si esce sin da subito dalla flat tax e non dall’anno dopo, a differenza di quanto previsto ora».
E nel 2023, il viceministro promette l’approvazione la delega per la riforma complessiva del fisco e una estensione della flat tax anche ai lavoratori dipendenti: «Faremo di tutto in questo senso».