«È così che ci si sentiva durante la bolla dot-com?» si è chiesta la programmatrice di Hong Kong Jane Manchun Wong, nota per scovare i bug e le novità ancora inedite nel codice di Facebook. Il riferimento è alla notizia del giorno – il taglio da parte del gruppo Meta del 13 per cento dei suoi dipendenti, 11mila in tutto – ma potrebbe riferirsi a tanti altri eventi della scorsa settimana nel campo digitale. Tempi difficili, in cui Meta – che comprende Facebook, Instagram, WhatsApp e altre aziende – ha perso ottocento miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato (-75 per cento), in appena un anno.
Attorno all’impero assediato di Mark Zuckerberg, le cose non vanno tanto meglio: Apple rivede al ribasso le vendite del suo ultimo iPhone, mezza Silicon Valley licenzia o congela le assunzioni mentre all’interno di Twitter è in corso la caotica gestione di Elon Musk, fatta anch’essa di tagli e politiche bizzarre. La tempesta perfetta, che sembra puntare in particolare su Meta, gigante dei social media impegnato da un anno con una transizione lenta quanto incerta, quella verso il metaverso.
Ma andiamo per gradi. Era da qualche mese che Zuckerberg, fondatore e ceo di Facebook, spargeva oscuri presagi sulla congiuntura economica mondiale e dell’azienda in particolare, parlando lo scorso luglio di «uno dei peggiori declini della storia recente», causato dall’inflazione e dal contesto economico, certo, ma anche da uno stravolgimento che sembra avere radici più profonde. La visione d’insieme non è florida: Facebook è un social decadente, incapace ormai da tempo di attirare nuovi utenti (specie se giovani); Instagram era stata fino a pochi mesi fa l’ancora di salvezza di Meta, la sua garanzia di coolness, ma è ora in declino, alle prese con un frettoloso ripensamento dell’app.
All’orizzonte, inoltre, c’è una minaccia ormai vicina chiamata TikTok. È il social network cinese di ByteDance ad aver costretto Meta a una delle decisioni più controverse degli ultimi mesi, la conversione di Instagram ai Reels, una sorta di clone di TikTok su cui Zuckerberg ha puntato tutto, a costo di rovinare l’esperienza degli utenti stessi. La trasformazione, così forzata e innaturale, ha accelerato un fenomeno che fino a prima era rimasto sottotraccia, ovvero la “facebookizzazione” di Instagram. Quest’ultimo risulta infatti strapieno, gonfio di feature, opzioni e prodotti, in crisi di identità proprio mentre la concorrenza si fa agguerrita.
Sarebbe forse facile imputare la crisi di Facebook a un agente esterno (la Cina!) ma è evidente che buona parte dei problemi che affliggono Meta siano farina del sacco di Zuckerberg e i suoi. Tra tutti, la citata scommessa sul metaverso, una fantomatica tecnologia che dovrebbe coniugare realtà virtuale, videogame e social network, trasferendoci a tempo pieno in un ambiente digitale “made in Meta”. Eccola, la via di salvezza del gruppo, secondo il suo leader, che ha infatti speso più di dieci miliardi di dollari in un solo anno per sviluppare le tecnologie e i software necessari al grande trasloco sul metaverso.
La strategia è confusa, basata su tempistiche a dir poco ottimistiche e soprattutto molto costosa. Non sono mancati i fallimenti comunicativi, tra “selfie“ virtuali imbarazzanti e nuovi visori per realtà virtuale da circa milleottocento euro, non proprio alla portata di chiunque.
Tra crisi di settore e progetti ambiziosi e deludenti, la decisione di Meta di snellire la propria forza-lavoro era inevitabile, e potrebbe essere l’inizio di una nuova fase per il gruppo, che a questo punto si trova di fronte a un bivio. Da una parte, come nota il sito The Information, potrebbe seguire il corso di Microsoft, che nel 2014 tagliò migliaia di posti di lavoro per cominciare una fase di forte crescita ed espansione sotto la guida del ceo Satya Nadella, che però non era distratto da metaversi vari. Oppure, potrebbe sgonfiarsi lentamente finendo come Twitter, social network con troppi dipendenti (fino almeno alla scorsa settimana, ovviamente), poco organizzato e con un’utenza ridotta.
C’è però una terza opzione possibile, per cui queste settimane di fuoco, tra social network comprati rocambolescamente e licenziamenti di massa, segnano la fine dei social media per come li abbiamo conosciuti. Cosa nascerà al loro posto? Non serve troppa fantasia per immaginarlo: realtà come TikTok, Twitch, ma anche YouTube e Discord rappresentano un nuovo sistema di piattaforme che, come scritto da Edward Ongweso, sostituiscono il vecchio mondo delle «conversazioni polidirezionali con un sistema unidirezionale, in cui i conoscenti sono rimpiazzati da un creator e dal suo pubblico».
La nostra attività online è già oggi frammentata, ridotta, dispersa su diversi servizi e sempre meno basata su quello sharing indiscriminato che ha fatto la fortuna di Meta. Anche per questo il gruppo deve ritrovare la strada di casa, e in fretta, altrimenti c’è il rischio che questi licenziamenti siano solo l’inizio di un tramonto – che forse è già cominciato.