Il NordismoLe norme su rave e carcere ostativo svelano la concezione autoritaria del diritto di Nordio

Per il Guardasigilli, lo Stato è titolare della sicurezza che deve perseguire con massima fermezza, mentre cauta deve essere l’intromissione dell’indagine penale nella vita dei cittadini. Tipico pensiero di destra e securitario

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Le grandi polemiche intorno al varo della norma che punisce con pene fino a sei anni «l’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica» (già l’intestazione da mattinale questurino denota l’improba fatica sintattica oltre che giuridica, bastava porre l’aggettivo pubblici una sola volta alla fine) sono state accompagnate da manifestazioni di pubblico stupore per le prime mosse del neo guardasigilli Carlo Nordio, stimato garantista ed ex magistrato.

Fioriscono fantasiose leggende intorno al liberale tenuto prigioniero nelle segrete di via Arenula dai bravi dell’estrema destra Andrea Del Mastro Delle Vedove e Andrea Ostellari, come il Benito Cereno di Herman Melville, capitano apparente di un vascello sequestrato e guidato segretamente dagli schiavi liberatisi dai ceppi di una forzata adesione alla schiavitù del garantismo.

Orbene, duole deludere chi non si rassegna a vedere crollare il mito magari un tantino esagerato, ma le prime mosse del neo ministro sono perfettamente coerenti con il suo pensiero esternato nei suoi scritti e nel volume “Giustizia ultimo atto” (Guerini).

Nordio contrappone a una concezione certamente liberale e garantista del processo penale una visione fortemente autoritaria della pena finale così come della attività di prevenzione dei reati.

Nel suo libro ricorre il termine «certezza della pena» intesa come esigenza ineludibile anche se aperta a forme alternative di esecuzione per i reati minori, ma nella sostanza centrata sul carcere per i reati di maggiore allarme sociale in quanto sensibile come ai moti della pubblica opinione.

Così egli si è detto contrario alla pena a vita, ma non ha esitato a varare un decreto sul cosiddetto ergastolo ostativo che, apparentemente rispettoso degli inviti della Consulta ad aprire alla possibilità di recupero sociale di ergastolani e mafiosi, nella realtà sbarra a doppia mandata ogni possibilità di percorso alternativo finanche (ohibò) ai condannati per i reati contro la pubblica amministrazione, non certo espressione di sanguinaria ferocia, ma invisi al populismo dilagante.

Un ruolo centrale, poi, ha la prevenzione affidata a un rigido e fitto controllo del territorio e dei soggetti a rischio. Scrive, infatti, nel suo libro che «la sicurezza va garantita in modo preventivo e quindi attraverso il controllo del territorio, il potenziamento delle forze dell’ordine e di tutte quelle attività di prevenzione utili da utilizzare a patto che restino segrete, come le intercettazioni».

Proprio il «controllo del territorio» e l’uso di misure di prevenzione uniti alle intercettazioni (rese possibili per tutti i reati con pena sopra i cinque anni come, guarda caso, quello di «invasione») sono non casualmente i cardini su cui si regge la nuova fattispecie di reato, estensibile, senza ombra di dubbio, a una vasta schiera di raduni politici di ogni tipo.

Il forte garantismo che Nordio riserva al processo penale non è in contraddizione, in quanto esso è in funzione di limitazione della esasperata invasività dell’azione e del ruolo delle procure che egli ha sempre fortemente criticato sino a sfiorare lo scontro aperto con quella di Milano ai tempi di Mani pulite. Per Nordio, lo Stato è titolare della sicurezza che deve perseguire con massima fermezza mentre cauta deve essere l’intromissione dell’indagine penale nella vita dei cittadini. Tipico pensiero di destra, securitario e geloso della propria autonomia “del fare” in cui lo Stato impiccione non deve entrare.

Difficile definire come liberale tale visione che rimanda invece a una concezione autoritaria del diritto, quella dello Stato di eccezione di Carl Schmitt. A dire il vero, oggi viene da chiedersi se il diritto “positivo” del legislatore statale sia effettivamente la massima espressione del garantismo e della democrazia o se non sia tempo di guardare a un diverso diritto, erede del giusnaturalismo, basato sui valori universali e ossatura delle legislazioni sovranazionali come quella europea, non a caso violentemente attaccata dal sovranismo autoritario. Ci ritorneremo.

Il punto debole del “Nordismo” è che un pensiero autenticamente liberale non può distinguere tra diritti di serie A e di serie B: «La libertà è indivisibile», scriveva Luigi Einaudi, vive come aspirazione nei tribunali così come nei luoghi di restrizione. Come ci ricorda  Angelo Panebianco, «ci sono troppi riscontri che ci obbligano a non avere dubbi: la libertà non è equiparabile a un salame».

Ma questo Carlo Nordio, che è un prestigioso membro della fondazione Einaudi, di certo lo saprà: il problema è il contorno del governo di cui fa parte.

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