Meglio tardi che maiLa crescita delle rinnovabili in Romania e Bulgaria è una buona notizia per tutta l’Europa

Bucarest e Sofia vogliono togliersi di dosso l’etichetta di “pecore nere della transizione energetica” e cambiare rapidamente rotta, nonostante una serie di difficoltà strutturali complesse da superare

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La Romania potrebbe presto ospitare il più grande parco fotovoltaico d’Europa: una notizia che, forse per la prima volta, ha messo il Paese dell’Est Europa sulla mappa degli Stati che si stanno concretamente muovendo verso la transizione ecologica ed energetica. Rezolv Energy, azienda indipendente produttrice di energia pulita e legata al fondo di investimenti globale Antis, ha infatti annunciato la costruzione di 1,6 milioni di pannelli solari in grado di generare 1,5 milioni di megawattora annui, soddisfando così il fabbisogno energetico di trecentosettantamila abitazioni. 

Il progetto, che si trova nelle fasi finali della pianificazione, dovrebbe essere completato entro il 2025 al termine di due (intensi) anni di lavoro. Non si tratta dell’unica iniziativa portata avanti dalla Rezolv che, un mese fa, ha annunciato la partnership con Low Carbon per un parco eolico sulla terraferma da 450 megawattora (sempre in Romania). 

In base a una nuova disposizione legislativa, entrata in vigore il 30 maggio 2022, nel Paese le licenze edilizie possono essere rilasciate senza documentazione preventivamente approvata in materia di gestione del territorio e pianificazione urbana, ma solo nei casi di prospezione di terreni e di lavori di ricerca – perforazione ed estrazione – necessari per la produzione di elettricità e di idrogeno da fonti rinnovabili. Un iter più snello nell’ottica di una transizione rapida. 

Secondo il progetto, in alcune tipologie di terreno possono essere istituiti anche specifici strumenti di investimento per la produzione di energia elettrica pulita, come impianti di produzione di energia solare, eolica, biomassa, bioliquidi e biogas. Gli individui possono quindi godere di una procedura semplificata per ottenere l’autorizzazione a questi progetti, evitando complessi passaggi burocratici.

La Romania è uno dei Paesi dell’Unione europea più in ritardo per quanto riguarda l’utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica. I dati forniti dall’Istituto nazionale di statistica, relativi all’anno 2021, parlano chiaro: le centrali eoliche hanno contribuito all’11,1 per cento della produzione energetica, mentre lo sfruttamento dell’energia solare si è limitato ad un misero 2,8 per cento del totale. Le fonti più rilevanti sono l’idroelettrico (25,8 per cento di energia elettrica prodotta) e il nucleare (18-20 per cento), per merito della centrale nucleare di Cernavodă. L’elettricità restante viene prodotta dagli idrocarburi e dal carbone. 

Il ministro dell’Energia, Virgil Popescu, ha riferito all’agenzia Reuters che gli schemi di supporto dell’Unione europea porteranno ad una crescita dei progetti ad energia rinnovabile in Romania, così da sostituire i datati impianti a carbone e aiutare il Paese a raggiungere i propri obiettivi climatici. L’uso dei combustibili fossili inquinanti, secondo il ministro, verrà ulteriormente ridotto grazie ai fondi americani, che finanzieranno nuove unità nucleari. La Romania ha stimato di poter ricevere sedici miliardi di euro dall’Ue per la modernizzazione del suo settore energetico.

In Romania sono presenti una serie di problemi ambientali che mettono a rischio la salute dei cittadini. Bucarest è una delle capitali più inquinate d’Europa: la qualità dell’aria è allarmante. Proprio questa settimana l’Agenzia europea dell’ambiente ha diffuso un nuovo report sullo smog, dimostrando che – nel 2020 – 238mila europei hanno perso la vita a causa di complicazioni di salute dovute all’inquinamento atmosferico. Le difficoltà di Bucarest sono numerose, sono state ignorate per un lungo periodo e hanno bisogno di soluzioni concertate. 

Secondo una dettagliata analisi della situazione, realizzata dal professor Cristian Ioja (università di Bucarest) e riportata da Radio Romania International, «il traffico è la principale fonte di inquinamento in città e l’uso delle automobili è così capillare da rendere difficile persino la pulizia delle aree urbane». In più, sui monti Carpazi la deforestazione sta procedendo a ritmi eccessivamente rapidi. 

Un altro Paese che sta provando a invertire la rotta, nonostante le difficoltà iniziali difficili da colmare, è la Bulgaria, dove è ancora molto forte la dipendenza nei confronti del carbone. Questo combustibile fossile occupa il trentasei per cento del mix elettrico del Paese e quasi il cinquanta per cento della produzione di energia primaria. Il governo di Gălăb Donev sta cercando di puntare sempre di più sul nucleare (già in uso), ma la questione del carbone ha una forte ricaduta di tipo sociale. 

L’industria carbonifera, infatti, impiega circa centomila addetti, e in molte parti della Nazione è un vero e proprio pilastro del mercato del lavoro. La più grande miniera di carbone d’Europa, estesa per oltre duecentoquaranta chilometri quadrati, si trova nei pressi del complesso di Maritsa Iztok, il più grande agglomerato di centrali termiche alimentate a lignite di tutta la Bulgaria.

Il Gestore del sistema elettrico (Eso) ha annunciato di aver accettato proposte per la costruzione di nuovi progetti a energia rinnovabile, con una capacità totale di ventiquattro gigawatt. Si tratta di un ottimo passo in avanti per il Paese, perché le nuove iniziative richiederanno una significativa espansione della griglia, che in questo momento ha una capacità di generazione di dodici gigawatt. 

La Bulgaria, secondo quanto riportato da SolarPower Europe, potrebbe così diventare uno dei mercati europei più dinamici per l’energia solare entro il 2024, con una capacità che passerà dagli 1.1 gigawatt del 2020 ai 3.8 gigawatt del 2024. «Il potenziale – come spiega  Pv Magazine – è immenso». Le energie rinnovabili non idroelettriche garantiscono 2,3 gigawatt di generazione energetica, mentre le centrali elettriche a lignite e a carbone fossile forniscono 4,5 gigawatt, l’idroelettrico 3,2 gigawatt, il nucleare 2 gigawatt e il gas naturale 660 megawatt.

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