«Il braccio di ferro con Parigi è utile. Ha una funzione: ottenere una linea europea». Lo dice alla Stampa il ministro della Difesa Guido Crosetto, che oggi a Bruxelles incontrerà i suoi colleghi, «compreso quello francese». Ma in attesa di eventuale soluzione europea, al Viminale il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi lavora ai suoi “decreti sicurezza” con un obiettivo: bypassare il filtro della magistratura e rimettere nelle mani del governo – attraverso i prefetti – la possibilità di sequestrare le navi delle organizzazioni non governative.
Il ritorno dal profilo penale a quello amministrativo, scrive Repubblica, è il cuore del provvedimento allo studio degli uffici legislativi del Viminale che sarà portato all’esame del Consiglio dei ministri in una delle prossime sedute. Ma dopo l’esperienza fallimentare del frettoloso decreto anti rave, i tecnici consigliano prudenza. Non si possono ignorare i rilievi della Corte costituzionale, della Cassazione e delle sentenze nel frattempo intervenute, non è opportuno riproporre le multe milionarie cassate dopo l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che le ritenne «sproporzionate» e non si può neanche scherzare con il fuoco provando a stabilire per legge quando il soccorso di un’imbarcazione è necessario e quando non lo è.
Riportare multe e sequestri nelle mani dei prefetti, e dunque del governo, invece sembra essere fattibile nell’ottica di Piantedosi per fermare le navi che dovessero operare in violazione di decreti interministeriali di divieto di ingresso o ingresso temporaneo nelle acque italiane come quello firmato nei confronti della Sos Humanity e della Geo Barents. Lo sbarco dei soli fragili continuerà ad essere il mantra del governo. E con il ritorno alla sanzione amministrativa, sarà il prefetto a disporre immediatamente la multa e, in caso di reiterazione della condotta, il sequestro e poi la confisca della nave.
Non si punterà, però, alla riproposizione pura e semplice dei decreti sicurezza di Matteo Salvini, quando era il titolare del Viminale con Piantedosi capo di gabinetto durante il primo governo Conte. Ma, come spiega La Stampa, si procederà comunque «a un piano per rendere strutturato l’intervento sulle ong, perché esiste la ragionevole certezza che ci sia qualcosa di strano sulle loro navi». Le sanzioni amministrative saranno quindi più basse rispetto al milione di euro ipotizzato nell’era Salvini e si procederà con i possibili fermi e sequestri delle navi.
Molto più complicata l’idea politica di normare la tipologia di soccorso ritenuto legittimo, distinguendo tra imbarcazioni a rischio di affondare e viaggi non a rischio. Una selezione che — secondo l’impostazione del governo — dovrebbe consentire alle navi umanitarie di intervenire soltanto in quei casi in cui le autorità marittime competenti dichiarino “evento Sar”, non quindi nei soccorsi che il governo in questi giorni ha definito «autonomi e operati senza il coordinamento delle autorità».
Nei fatti – spiega però Repubblica – quello che succede di solito è che Malta, la Libia e adesso anche l’Italia ignorano volutamente le segnalazioni di Alarm phone o gli Sos che arrivano da gommoni e barche e non rispondono alle comunicazioni inviate dalle navi umanitarie che, alla fine, intervengono comunque a soccorrere i migranti. Questi per altro sono i criteri a cui si attiene la guardia costiera quando soccorre i migranti in zona Sar italiana. Anche la portavoce della Commissione europea Anita Hipper, intanto, ha chiesto di «non fare differenza tra le navi delle Ong e le altre navi: è un obbligo chiaro e inequivocabile».
In parallelo, però, Piantedosi sta anche lavorando a un nuovo decreto flussi, per il quale ha già fissato un incontro per lunedì prossimo con alcuni colleghi del governo come la ministra del Lavoro e delle politiche sociali Marina Calderone e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Giovanbattista Fazzolari. L’obiettivo è quello di disciplinare l’ingresso regolare dei migranti «soprattutto da quei Paesi da cui il flusso è più continuo anche per opera delle ong,cioè Tunisia, Bangladesh ed Egitto, in modo da evitare le partenze senza controlli in cambio di accoglienza regolare».