Slava Ukraini!Il messaggio di Calenda per sostenere l’Ucraina libera ed europea

Il leader di Azione dopo il suo viaggio a Leopoli e Kyjiv: «Torno colpito dall'incontro con un grande popolo, ma soprattutto con il desiderio di fare il possibile per continuare ad aiutarli a difendersi dall’aggressore russo, a ricostruire il loro Paese, ad accoglierli in Europa»

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Pubblichiamo il discorso di ringraziamento di Carlo Calenda al popolo Ucraino dopo il suo viaggio a Leopoli e Kyjiv.

Al ritorno da questa missione in Ucraina, cosa porto con me? Beh, intanto la consapevolezza di questo popolo straordinario. Pensate un popolo che ha perso 12 milioni di persone, di cui cinque sotto l’Unione Sovietica e sette durante la guerra dal ’30 al ’45 e che si è rialzato pezzo a pezzo dopo il 1991, quando finalmente è diventata una nazione. Un popolo molto sfaccettato, tutti parlano russo, un quarto delle persone è sposato con un russo o con una russa. Un popolo fatto di giovani molto in gamba, molto tosti, molto europei. È un popolo che si trova a confrontarsi con un’invasione che non ha voluto e non ha cercato in alcun modo. Chi dice il contrario mente.

Un popolo che è pronto però a difendersi in modo indomito e fino alla fine. Tutti gli incontri che abbiamo fatto, la prima cosa che ti dicono è continuate a darci le armi per combattere. Non lo fanno per un concetto astratto di libertà. Lo fanno perché non vogliono ricadere sotto i russi, perché riconoscono nei russi di oggi la stessa attitudine suprematista imperialista dell’Unione Sovietica.

Loro stanno combattendo per noi, sono molto grati per quello che stiamo facendo. Stanno combattendo per noi. Perché se Putin arriva ai confini dell’Europa, beh il rischio per noi diventerà esponenziale di un conflitto diretto. E quello che gli sta accadendo è di tutto. Bombardano le loro installazioni elettriche per farli morire di freddo. Loro le riparano ogni volta, sono molto efficienti.

Ti svegli la mattina con l’avviso di un bombardamento in arrivo, eppure portano i bambini a scuola, fanno la loro vita. Questo certo non sulle città del fronte. E trovi questi ragazzi straordinari che prendono il treno e vanno al fronte. Hanno 19 anni, vent’anni. E lo fanno con una determinazione e consapevolezza che ti fa pensare che c’è qualcosa che li anima, che ha una forza incredibile, forse una forza che noi abbiamo anche perso, d’animo proprio, di capacità di fare qualcosa che porta può portare al sacrificio di sé per la libertà del proprio Paese.

È un Paese straordinario e dobbiamo aiutarlo non è solo moralmente giusto farlo ma è anche dal punto di vista della sicurezza, della nostra sicurezza.

Sì. Loro vogliono la pace più di chiunque altro. Chi muore per primi sono loro, ma non vogliono la pace con la sottomissione. E sanno che quello che stanno facendo li porterà in Europa. E vedono l’Europa come il loro approdo, come la cosa che li salverà finalmente da una storia piena di lutti. Lutti che sono incredibili, dal milione di ebrei trucidati alla loro cultura rimossa da Stalin e anche successivamente dai sovietici.

Per tutte queste ragioni io torno da qui, illuminato da un incontro con un grande popolo e anche con il desiderio di fare di tutto per continuare ad aiutarli a combattere, aiutarli a ricostruire questo Paese, aiutarli ad accoglierli in Europa. E rispetto a tutto quello che vediamo nel teatrino italiano, questa è la forza di un popolo, ha una sua bellezza, sono persone luminose.

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